Dato che i vaccini non ci sono, è più facile “insabbiare” i difetti legati all’organizzazione della campagna. Ieri l’assessore alla Salute, Ruggero Razza, ha illustrato la teoria del “vorrei ma non posso”: “Vorremmo poter fare molto di più e riaprire immediatamente la piattaforma di registrazione – ha detto nel primo giorno dedicato all’immunizzazione di massa per gli over 80 -: la macchina organizzativa è rodata e se ci fosse un numero adeguato di vaccini potremmo poter correre contro il tempo e contro il virus”. Ma quel numero, insufficiente, è destinato a rimanere tale. In primis, perché gli anziani non possono farsi iniettare il farmaco di AstraZeneca, che l’Aifa ha indicato soltanto per gli under-55. E poi perché la ventata d’aria fresca proveniente dalla Russia – tutti parlano dello Sputnik come l’anti Covid più efficace – non sarà a disposizione in tempi brevi. Facile capire il perché: i criteri europei di approvazione di un farmaco non prevedono soltanto il controllo sull’efficacia, ma anche quello sui sistemi di produzione. Mosca, però, non ha mai autorizzato gli ispettori dell’Ema a verificare gli standard igienico-sanitari all’interno dei propri stabilimenti. Ergo, chiunque dovesse parlare di vaccino russo da qui in avanti, rischia di sprecare fiato.

Così come chi spera, da qui a breve, di avere accesso al mercato dei vaccini in maniera autonoma, senza il filtro della commissione Europea. Musumeci ha più volte citato l’azione del governatore del Veneto, Luca Zaia, che vorrebbe dotare la sua regione di 27 milioni di dosi, acquistandole – attraverso un broker – direttamente dalla casa produttrice. Ma un conto è mettere pressione alle istituzioni, un’altra è ottenere risultati: mancano, infatti, l’autorizzazione del governo centrale – Draghi non si sogna di contravvenire ai patti con l’UE – e dell’agenzia del farmaco. Nessuno potrà acquistare vaccini dal cosiddetto “mercato parallelo” (a un prezzo più alto di quello concordato dall’Unione Europea) senza doverne rendere conto, fra gli altri, alla magistratura contabile. Tre procure italiane, fra cui quella di Perugia, guidata dall’ex presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, hanno aperto un fascicolo per sapere chi si cela dietro questi intermediari farmaceutici che, oltre al Veneto, all’Emilia e allo stesso Arcuri, hanno presentato delle proposte anche alla Sicilia: “Noi vogliamo che ogni decisione venga condivisa con lo Stato – ha detto Razza – ma chiediamo di fare presto”.

E ancora: “Non vorremmo fare da soli, ma ci aspettiamo quello sforzo che possa portare, oltre le polemiche, a vaccinare tutte le persone anziane e quelle fragili. Secondo il piano nazionale le persone con disabilità gravissime, ad esempio, dovrebbero essere coinvolte dopo gli over 80, ma se i vaccini non sono adeguati per completare in poco tempo la somministrazione su questo target, rischiamo di vaccinare le persone fragili ancora più avanti e questo sarebbe intollerabile. Per questo – conclude l’assessore – ho ritenuto opportuno chiedere al ministro, quantomeno per i vaccini da destinare ai pazienti con disabilità gravi, di potere procedere parallelamente agli over 80 e non a seguire. Speriamo che da parte del presidente Draghi ci sia quella scossa all’Europa che riteniamo indispensabile per la campagna vaccinale”. L’unica possibilità per dare una sterzata alla campagna, è ottenere un’anticipazione delle consegne da parte delle poche case farmaceutiche accreditate: gli americani di Moderna, però, hanno già preannunciato che le dosi previste per la settimana prossima verranno dimezzate (in Sicilia ne arriveranno 17.500 anziché 35 mila).

Al netto di queste complicazioni, che, secondo il segretario regionale della Lega, Nino Minardo, sono figlie degli “errori commessi alla fine dell’anno scorso dalla Commissione Europea e fino a pochi giorni fa dal governo Conte”, bisogna mettersi l’anima in pace. E esultare per i pochi, risibili risultati acquisiti sul campo. L’avvio della vaccinazione per gli anziani è un successo parziale o, per dirla con l’assessore Ruggero Razza, semplicemente “una bella giornata che arriva a un anno dall’inizio dell’emergenza in Italia. Ieri sono stati vaccinati cittadini di quasi cento anni, o che li hanno compiuti da poco, e ci sono persone oltre i 105 anni tra le oltre 130 mila che si sono prenotate”. Uno di questi è Orazio Buonafede, classe 1921, che s’è fatto somministrare la prima dose del vaccino all’ospedale Guzzardi di Vittoria. Uno dei cinque centri vaccinali allestiti in provincia di Ragusa, dove l’Asp sta dando ottime prove di efficacia: l’ospedale Giovanni Paolo II del comune capoluogo, infatti, è risultato il primo covid free di tutta la Sicilia, avendo completato l’immunizzazione degli oltre mille sanitari parecchie settimane addietro.

I motori sono stati avviati anche a Palermo: al Policlinico Giaccone, dove è stato vaccinato il 92% del personale sanitario, è iniziata la campagna per gli anziani. Il primo della lista è stato il signor Giuseppe Abate, di 82 anni. Da lunedì entrerà in funzione anche il mega hub della Fiera del Mediterraneo, 5.000 metri quadrati di superficie, con 130 box e un padiglione riservato. Al cui interno si potranno inoculare fino a 8-9.000 vaccini al giorno. Ma, almeno inizialmente, la struttura sarà dedicata alla somministrazione del farmaco di AstraZeneca, rivolto alla platea di under-55, fra personale scolastico e forze di polizia. Anche altrove, abbandonato (una volta per tutte?) il progetto delle primule di Arcuri, si stanno “requisendo” tutte le strutture utili a poter effettuare i vaccini. Fra martedì e mercoledì verranno allestiti gli hub nelle nove province dell’Isola.

Restano fuori dalla partita, per il momento, circa 197 mila anziani. In attesa delle nuove forniture, e al netto delle fiale accantonate per i richiami (il 30%), nessun altro potrà registrarsi alla piattaforma di Poste Italiane: gli appuntamenti per i primi 130 mila fortunati sono stati confermati fino a fine aprile. Il sito, presto, potrebbe essere a disposizione dei docenti, che al momento sono stati semplicemente segnalati dagli istituti all’Ufficio scolastico regionale, e da questo alle Asp, secondo una trafila abbastanza discrezionale. Inoltre, all’interno dei centri vaccinali, è partita la “scolarizzazione” dei nuovi assunti, spesso giovanissimi (ma ci sono anche medici in pensione), che si occuperanno del dosaggio e delle iniezioni. Infine, restano da valutare un paio di soluzioni, ora e per il futuro. La prima riguarda i vaccini a domicilio: per chi non può recarsi al centro più vicino, dal 1° marzo scatta la possibilità di prenotare l’inoculazione fino a casa propria. Funzionerà come con le Usca per i tamponi, si spera un po’ meglio. Inoltre, uno dei temi sollevati più di frequente dalle opposizioni, si riferisce all’accordo “tra l’assessorato ed i medici di medicina generale che il governo Musumeci – ha spiegato il capogruppo del Pd, Giuseppe Lupo – sembra voler tenere ai margini dell’organizzazione sanitaria per la lotta al Covid”.

In realtà i medici di famiglia potrebbero entrare in scena non appena la Sicilia verrà rifornita del vaccino AstraZeneca, che si può conservare a temperature ragionevoli e, soprattutto, sarà possibile somministrare in una sola dose. A metà marzo è atteso il via libera dell’Ema. Nel frattempo, c’è già una bozza d’accordo fra il ministro della Salute Roberto Speranza e l’Ordine nazionale dei medici di famiglia. Per i dottori scatterebbe un rimborso di 6,16 euro a somministrazione come prevede la convenzione nazionale per il vaccino dell’influenza. In questo modo, entrano in campo potenzialmente 40 mila vaccinatori in più. Più in là, invece, sarà la volta dei farmacisti: significherebbe che la campagna è davvero a una svolta.