Sono passati tre giorni da quando il governo, in aula, è sfuggito ancora. Stavolta è toccato all’assessore alle Politiche sociali e alla Famiglia, Nuccia Albano, che non s’è presentata per rispondere alle interrogazioni dei deputati. Poche settimane prima era stato il turno della collega Giovanna Volo, responsabile della Salute. In quel caso l’assessore, già sulla graticola per mille questioni (dallo sciopero dei privati convenzionati alla protesta dei precari Covid), ammise candidamente di essere impreparata, e se ne andò senza battere ciglio, suscitando l’ira delle opposizioni. Che oggi, nei comunicati, vanno ripetendo come un mantra: “Tutto pensavamo tranne di dover rimpiangere persino il disastroso governo Musumeci: ma dobbiamo ammettere che il governo Schifani sta facendo del suo peggio per farci cambiare idea”.

Lo stato dell’arte, nel parlamento più antico del mondo, è questo. L’esecutivo – non fa testo l’assessore Falcone, garante dei rapporti con l’Ars – è quasi sempre assente. Ma in aula non arrivano neppure le proposte da discutere. Che sia un disegno di legge, una mozione, un ordine del giorno. Al netto della Finanziaria, esitata prima della scadenza dell’esercizio provvisorio (nella prima metà di febbraio), a Sala d’Ercole è esposto da un pezzo il cartello ‘ferie’. Un timido accenno di dibattito s’è registrato sull’autonomia differenziata. Per il resto il presidente dell’Assemblea, come riportato ieri dal Giornale di Sicilia, è costretto ad appellarsi ai deputati come fanno i maestri a scuola, con gli alunni, per evitare che la lezione si tramuti in un festival di sbadigli: così ha buttato giù una serie di temi che si potrebbero inserire in agenda, sempre che dai banchi del parlamento o del governo arrivino delle proposte da discutere nel breve-medio termine.

Tra i vari ddl in preparazione, ce n’è uno sulle nuove farmacie rurali, sulle regole per cave e torbiere, sull’introduzione dello psicologo di base, sulla polizia locale. E persino una riforma della convenzione con i laboratori di analisi, tema di strettissima attualità. Ma nessuno di questi sarà pronto per martedì prossimo, quando c’è il rischio di dover assistere a un’altra scena muta. Galvagno inserirà all’ordine del giorno un’altra rubrica di interrogazioni e interpellanze, sperando che qualcuno degli assessori sia pronto a rispondere. Più che un’esigenza, sembra quasi un riempitivo. Da qui una domanda: ma il governo cosa ci sta a fare? L’ultimo disegno di legge glorificato da Schifani in conferenza stampa è quello sulla reintroduzione delle province, che per altro è stato condiviso dal 99% delle forze politiche. Il testo, però, è ancora in commissione Affari istituzionali per ricevere le opportune modifiche: magari per rivedere al ribasso i numeri abnormi di poltrone da distribuire, che farebbero pensare più a una riforma a uso e consumo della ‘casta’ piuttosto che dei siciliani.

Tra le tante cose rimaste in sospeso c’è pure la mozione di sfiducia nei confronti dell’assessore Scarpinato, ex responsabile del Turismo, avanzata da Movimento 5 Stelle e da Cateno De Luca, e arrivata puntualissima all’indomani dello scandalo di Cannes e del decreto con cui si affidavano 3,7 milioni – all’insaputa della politica – a una società con sede in Lussemburgo (poi la delega di Scarpinato è finita ad Elvira Amata e anche il dibattito sulle responsabilità politiche s’è annacquato). Ma visto l’andazzo, e in mancanza d’altro, potremmo anche suggerire di tirare fuori dai cassetti le numerose proposte (quattro è l’ultimo numero aggiornato) delle proposte di legge per cancellare l’aumento di 890 euro delle indennità e di votarne una a caso, senza voto segreto. Non siamo al livello delle priorità ‘assolute’, ma è un modo per giustificare la propria esistenza in vita. Per dare un cenno di presenza e di democrazia. Mentre fuori dal palazzo ci si arrovella per trovare la quadra nelle coalizioni in vista del voto di maggio.

Eviterebbero al presidente Galvagno di dover giustificare l’ingiustificabile. E cioè certi numeri che circolano da ieri: l’Ars si è riunita per 29 volte in 131 giorni. Tante sono state le sedute dal 10 novembre, data di inizio della legislatura, come si legge sul Giornale di Sicilia. Sala d’Ercole viaggia alla media di una seduta ogni 4 giorni e mezzo. L’ultima è durata la bellezza di 29 minuti, poi è suonata la campanella della ricreazione (fino a martedì 21). Ma non illudetevi, perché dopo 150 giorni di governo in cui non è successo nulla – tanto che Schifani, alla festa di compleanno de ‘La Sicilia’, s’è ridotto a parlare di malaburocrazia e caro-voli – anche i prossimi cinquanta giorni saranno di assoluto pantano.

Prima bisognerà concentrarsi sulla scelta dei candidati per le Comunali, e arginare i mal di pancia: sia a Catania che a Siracusa non sarà un gioco da ragazzi. Poi bisognerà passare alla compilazione delle liste, e anche in questo caso Schifani e i suoi assessori avranno il loro bel da fare. Il presidente, nella fattispecie, ha ottenuto da poco il controllo di Forza Italia e l’obiettivo è almeno confermare i risultati del suo predecessore, altrimenti sai che disfatta con Berlusconi… Tra riunioni di partito, convocate dall’uomo-ombra Marcello Caruso, e di coalizione resterà pochissimo tempo per affrontare i nodi della Sicilia. Metteteci in mezzo le vacanze di Pasqua (non è Sant’Agata, ma conserva una certa rilevanza) e le questioni di lana caprina (i ricorsi all’Antitrust, le cazziàte all’Anas, il Ponte sullo Stretto), è la frittata è fatta. Per tornare a discutere di leggi e di governo, al netto di eventuali ballottaggi, bisognerà aspettare la seconda metà di giugno, quando i risultati saranno in ghiaccio.

Pensate che delle numerose riforme in agenda (Forestali, Consorzi di Bonifica, Pubblica Amministrazione, Turismo: per citarne solo alcune) non si è manco iniziato a discutere. Sembra il refrain dell’esperienza Musumeci, che almeno mandò in porto quella sull’Urbanistica. Oggi l’orizzonte è addirittura più cupo. Nonostante un governatore che è un convinto “parlamentarista”; nonostante i numeri (39 deputati a 31 per la maggioranza) che implicherebbero un’accelerazione ai lavori d’aula; nonostante i disastri dei predecessori e le difficoltà dei siciliani; nonostante non ci sia più il Covid, usato a lungo come pretesto per non produrre nulla. Invece siamo ancora all’immobilismo.