Lo stato maggiore dell’Udc siciliano si ritrova stasera a Palermo per commentare, assieme al coordinatore nazionale Lorenzo Cesa, i risultati raggiunti dal governo Musumeci a poco più di un anno dall’insediamento. E fare il punto sulle possibili alleanze in vista delle Europee. Che poi è il tema di cui tutti dibattono: dal Pd a Forza Italia, passando per una marmellata centrista che in Sicilia tende a infinito. “Ma siccome organizza Figuccia, è anche un’occasione per dirci le cose in faccia – annuncia lo stesso deputato regionale, ed assessore all’Energia per quaranta giorni – Diremo le cose che abbiamo fatto, ma anche le tante che non abbiamo fatto. Parleremo di politica. Il nostro non può essere soltanto un contributo ai moderati. E’ un concetto che, detto così, non mi piace”.

Con Figuccia i discorsi partono da lontano, e finiscono addirittura oltre. Dal modello catalano, stella polare per un nuovo federalismo fiscale, alla fine del Regno delle due Sicilie che ci aveva lasciato in eredità “regioni del Sud più ricche di quelle del Nord. A causa del loro posizionamento geografico, per la dimensione culturale ed economica della sua classe dirigente, che ci ha permesso di essere alla guida dei progetti di carattere nazionale ed europeo. Oggi, invece, la situazione si è ribaltata ed è drammatica. Il vero populismo sarebbe riportare il Meridione a un ruolo di centralità”.

Il concetto di populismo ha assunto un’accezione negativa.

“Parlare di populismo e anti-populismo mi pare riduttivo e poco rispettoso dell’interlocutore, cioè il popolo. Se essere populisti vuol dire rappresentare le esigenze della gente, la trovo un’ambizione legittima e necessaria. Se invece significa strumentalizzare le masse, rischia di oscillare tra il demagogico e il pericoloso. Per capire chi è ascrivibile alla prima e alla seconda categoria, bisogna prestare ascolto alle cose che si dicono e osservare quelle che si fanno”.

M5S e reddito di cittadinanza: che forma di populismo è?

“E’ giusto superare le diseguaglianze sociali, ma bisogna capire qual è la strada da percorrere per raggiungere l’obiettivo. Se è distribuire soldi a tutti, senza dire dove li trovo o, ancora peggio, senza prospettare un’opportunità di sviluppo o di crescita coinvolgendo le imprese, dico che è una mossa sbagliata. Il Movimento 5 Stelle appartiene a una fattispecie di populismo che non mi piace”.

Come si sviluppa questa forma di “populismo meridionale”?

“Partendo dai programmi. Da una piattaforma economica che si fondi sulla defiscalizzazione della benzina, sulle zone di economia speciale, sulla fiscalità di vantaggio, sul concetto di insularità. Ho presentato in Parlamento una norma che mi sembra osteggiata da tutti, comprese alcune forze della nostra coalizione. E’ un disegno di legge sulla insularità che permette di apportare delle modifiche all’articolo 38 dello statuto regionale. E’ inimmaginabile che non si creino degli strumenti per colmare quel gap – rispetto al sistema dei trasporti, della mobilità, della ripartizione delle risorse energetiche – che si crea rispetto ad altre regioni. Nascere a Palermo, Catania o Messina non deve rappresentare un handicap”.

Che fine ha fatto quel disegno di legge?

“Si è bloccato quando mi hanno suggerito che, per l’applicazione del principio, era più utile promuovere un referendum. Anche io mi sono lasciato convincere. Avere il sostegno di migliaia di siciliani può rafforzare la tesi di una negoziazione con lo Stato. Ma ciò non deve distrarci dall’obiettivo principale. Io sono disposto a battaglie feroci”.

Siete più populisti che moderati…

“Uno che si dimette da assessore e rompe gli schemi, lo definisce più populista o moderato? Anche il concetto di “moderato” non significa nulla. In questa battaglia l’Udc sarà affiancata da tanti movimenti territoriali come il mio, Cambiamo la Sicilia, che è la sintesi di tante spinte – dai separatisti in giù – e si è strutturato in tutto il territorio, da Pantelleria a Ragusa. Non si possono più ignorare queste spinte. Guardi cosa è successo in Francia con i gilet gialli… Pur condannando gli atti di violenza, sono un modo forte di chiedere a un governo sordo delle cose giuste”.

Anche il presidente Musumeci, a una convention di autonomisti, ha aperto all’ipotesi di un partito tutto siciliano che muova il 35-40% nell’Isola. Sarebbe un buon approdo anche per l’Udc?

“Loro stanno dialogando molto anche con i partiti nazionali. Ma, se in questo momento, dovessimo affrontare il tema del sovranismo, io guarderei più alla Sicilia verso il resto del Paese, che non all’Italia rispetto all’Europa”.

Qual è la sua idea di Europa?

“Vorrei stare all’interno di un’Europa che cambia. Che non deve essere l’Europa dei banchieri, delle direttive che imbrigliano pescatori e agricoltori siciliani, che ci impongono di consumare il pesce che arriva dal mare del Giappone o l’olio tunisino. I nostri figli devono poter vivere dove sono nati, ma anche sentirsi liberi di girare in Europa sentendosi parte di una grande comunità, aperta allo scambio tra i popoli. Però, ho una visione più regionalista”.

Quindi niente Musumeci…

“Il contesto a cui fa riferimento Musumeci è qualcosa di più ambizioso. Lo vedo con favore. Ritengo che sia finita la fase degli annunci e delle false illusioni generate da alcuni movimenti nazionali, con in testa il Movimento 5 Stelle. La piattaforma migliore, sul piano ideologico ed economico, è quella regionalista, che guarda a un modello di federalismo fiscale che somiglia un po’ a quello della Catalogna e, in parte, dei Paesi Bassi. Le tasse devono rimanere in Sicilia e poter diventare strumenti di produttività, sviluppo e crescita”.

Per la Lega era solo un’infatuazione del momento?

“Le parole del sottosegretario Giorgetti, che parla di una parte del paese che non piace alla Lega, mi hanno fatto incazzare. Ad alcuni leader della Lega va riconosciuta la capacità di aver vinto delle sfide in tutte quelle Regioni che li hanno visti al governo negli ultimi decenni. Ma ogni territorio ha le sue peculiarità. E ogni passaggio va contestualizzato nel tempo e nello spazio. Serve un movimento per il Sud, che può nascere solo in quelle regioni che conoscono il dolore delle madri che vedono i propri figli migrare all’estero, la disperazione delle imprese costrette a chiudere, la sofferenza degli imprenditori che combattono l’illegalità. Non si può demandare ad altri il desiderio di un riscatto e l’orgoglio di una ribellione. Non credo servano colonizzatori”.

Il Pd in Sicilia sembra in frantumi. E’ una perdita per la democrazia?

“La sensazione è che si tratti di una questione tutta interna. Anche un eventuale movimento di Renzi, nei sondaggi, è dato al 6%. Più che ritrovare una testa, il Pd mi sembra andato con le gambe all’aria. Anche il Pd è stato al governo e ha dimostrato di non avere una visione chiara di sviluppo e di rilancio”.

Ma potrebbe finire la sua corsa in un’alleanza anti-populista con Forza Italia. E perché no, anche voi..

“Se quando si parla di moderati, si intende una marmellata che mette tutti dentro, questo non mi piace. Se non si è supportati dalla capacità di stare nei territori, si rischia di generare contenuti vuoti. E il Pd ha dimostrato di non avere questa capacità”.

È una chiusura definitiva al progetto di Miccichè?

“Noi moderati dell’Udc guardiamo con interesse ai ragionamenti di Miccichè. Ma mi viene un dubbio: a quale parte del Pd si riferisce il coordinatore regionale di Forza Italia? Forse, a quella frangia targata Fedeli & co., ultra progressista, laicista e lobbista che ha distrutto il paese? O a quella minoranza che negli anni ha mantenuto fede alla radice sturziana ed ai valori della solidarietà, della famiglia, della società sana e del lavoro? In quest’ultima ipotesi, senza fusioni a caldo, chi vuole abbandonare quel simbolo sarà ben accetto nella nostra casa”.

Come ha inciso l’Udc nell’azione di governo?

“Abbiamo posto al centro alcuni temi legati alle riforme. La vera innovazione è rappresentata dalla nascita dell’Autorità di bacino. Forse bisognava osare qualcosina in più. Sul tema delle Attività produttive, il nostro assessore Mimmo Turano ha raggiunto obiettivi importanti: un miliardo di investimenti per le imprese, la nascita dell’Irca, nuovo strumento di accesso al credito agevolato da parte delle imprese, l’anagrafe dei carburanti, l’e-commerce… Ma bisogna fare ancora tanto e guardare in faccia la realtà: non sempre è così aulica come vuole dipingerla il pittore”.