Il Movimento 5 Stelle, la Lega, Forza Italia e il Pd. Sono questi i contenitori naturali in cui tutti, o quasi tutti, hanno trovato una collocazione (in)naturale in vista delle Europee. Soprattutto nella circoscrizione Isole, dove ottenere un seggio a Bruxelles è peggio di una scalata al Mortirolo (la montagna più dura del Giro d’Italia). I posti in palio sono otto per 76 candidati. La selezione all’ingresso rigidissima e qualcuno dei big finirà col non esserci. Prendete Forza Italia: al suo interno non solo hanno trovato posto esponenti di altre aree – viene in mente Saverio Romano, leader del Cantiere Popolare – ma persino altri partiti: l’Udc, ad esempio, che ha scelto di puntare su Dafne Musolino, permettendo al sindaco di Messina Cateno De Luca, di cui Musolino è assessore, di appaciarsi con Gianfranco Miccichè. E questo mega contenitore contiene persino Vincenzo Figuccia, che fin dal primo giorno della sua legislatura si è scontrato con Miccichè, chiedendone le dimissioni da presidente dell’Ars prima e da coordinatore di Forza Italia poi, per aver declassato La Via.

I partiti per le Europee sono un grande trottola, un grande taxi su cui cercare di accomodarsi per rimediare un posto al sole. Anche nel Pd ci sono dei casi “sospetti” di commistione: Calenda aveva detto dal primo momento di puntare sul suo movimento natìo, Siamo Europei, per poi trovare riparo nelle file dei democratici (in Sicilia ha schierato Virginia Puzzolo). E c’è pure chi all’interno dei partiti tradizionali si insedia da riciclato – macché sarà mai, nella politica il trasformismo diventa attualità – come nel caso della Lega: dentro l’ex Cinque Stelle Gelarda e l’ex lombardiano Attaguile, che però ha il merito di aver aderito alla Lega quasi per caso, su invito di Giorgetti, quando in Sicilia non la votava nessuno.

C’è questo popò di gente che aspira al palazzo. Ma che per farlo, specie quando in un partito si è ospiti, ha bisogno di un appoggio esterno. Concreto. Fantasma, magari. Da qui nasce il “partito degli invisibili”. Coloro che nominalmente se ne stanno a casa, e fin quando non vengono scoperti anche al riparo dalle telecamere, ma che giocoforza finiranno per influire. Perché hanno un bel pacchetto di voti e, nel passato dell’Isola, non erano esattamente dei signor nessuno. Si citava prima Attaguile. Il caso che ha scosso la Lega nei giorni scorsi, più che all’onorevole catanese, si lega a doppio filo a Francantonio Genovese, una condanna alle spalle per gli scandali della Formazione professionale, e un cursus honorum di rilievo: dalla Dc alla Margherita, dal Partito Democratico fino a Forza Italia, di cui sarebbe attualmente esponente (col figlio Luigino piazzato all’Ars). Ma Francantonio a Messina è talmente noto che potrebbe fondare il partito delle lumache e vincere comunque le elezioni (Luigino, 21 anni e 18mila voti alle Regionali, lo dimostra). Genovese, che sta pensando ai fatti suoi, spesso giudiziari, è stato conteso da Forza Italia – Milazzo ha fatto sapere di riporre nella sua famiglia “una stima incondizionata” – e Attaguile, che conta sul suo appoggio ma “solo a titolo di amicizia”. Il ras delle preferenze s’è mosso e nello Stretto e dintorni, all’interno delle urne, il Carroccio e Attaguile potrebbero uscirne rafforzati. A scapito di Forza Italia.

Ma se gli azzurri potranno tenere alta la bandiera delle preferenze – in Sicilia il partito di Berlusconi è al 15%, più o meno sugli standard della Lega – sarà anche grazie a una numerosissima fetta del “partito degli invisibili” che, guarda caso, hanno scelto lo stesso cavallo: Saverio Romano. L’ex ministro dell’Agricoltura del governo Berlusconi, che con Berlusconi, “eludendo” il controllo del commissario regionale di FI, ha siglato un patto per l’inserimento in lista, piace a tantissimi ex commensali. Tutti più o meno centristi. Da Giovanni La Via, che dopo lo strappo catanese ha scelto di rimanere comunque nel partito e sostenere l’amico Saverio, a Giuseppe Castiglione, ex sottosegretario, visto già col Pdl e con Alfano, che coltiva cannabis legale (al Nord) ma non ha mai perso interesse per la politica. E sulla barca di Romano ci sarà senz’altro spazio per l’ex presidente della Regione Totò Cuffaro, la cui centralità nella politica siciliana – anche se Totò Vasa Vasa passa più tempo in Burundi che in Sicilia – è stata rivelata dal docu-film di Ismaele La Vardera, baby Iena, che si era candidato a sindaco di Palermo per scoprire le trame dell’avanspettacolo. Tutti ai piedi di Totò, si diceva al cinema.

Cuffaro è un nome pesantissimo, ma anche Raffaele Lombardo non scherza. L’altro ex presidente della Regione – dopo la trattativa con la Meloni sfumata sul più bello – ha deciso di rompere gli indugi e sostenere pubblicamente Silvio Berlusconi e Saverio Romano (seduto con lui in prima fila, sabato, in un evento elettorale a Catania). Da tempo non appariva in pubblico per motivi di carattere “politico” e si era sempre tenuto a distanza da microfoni e taccuini. Sempre a Catania, l’ex ministro riceverà il supporto dell’ex assessore di Crocetta, Giovanni Pistorio e del deputato regionale Giovanni Bulla. Non quello di Salvo Pogliese, che, smontata baracca e burattini per l’incompatibilità con Micciché, è andato via da Forza Italia e promette di aiutare Raffaele Stancanelli. Almeno a sentire l’ex sindaco di Catania, che nella lista con Meloni c’è finito per davvero, nonostante il diktat di Diventerà Bellissima, che aveva precluso ai suoi esponenti – valeva anche per Stancanelli, che del movimento è stato fondatore – di partecipare pubblicamente alla campagna elettorale.

Chi sembrava orientato su Romano, ma alla fine ha scelto di puntare su Milazzo e Musolino, è Totò Cardinale con la sua Sicilia Futura che – per bocca del deputato regionale D’Agostino – fino a qualche giorno fa pensava di saltare un giro. Poi l’incontro con Cateno De Luca e la firma (virtuale) del patto. Il sostegno a un candidato di Forza Italia, per l’ex ministro, è un segnale d’apertura nei confronti di Miccichè, con cui prosegue serrato il confronto sull’apertura della nuova casa dei moderati, che possa accogliere anche pezzi del Pd. Anche Pino Firrarello, che fu sindaco di Bronte per un decennio oltre che senatore del Pdl, ha dato il cinque a Romano e specificato, nel corso di un’intervista, che la gente lo ferma per strada e lo implora di ricostruire la Democrazia Cristiana. Sarà…

Tra gli ex governatori di Regione manca il parere di Rosario Crocetta, che ha scelto di starsene in disparte – fa la spola fra Gela, dove si è recato a votare per ultime Amministrative, e la Tunisia – e non appoggerà ufficialmente nessuno. E poi, di governatore, ci sarebbe l’attuale. Davvero un fantasma. Perché nessuno sa chi voterà, e chi farà votare, Nello Musumeci alle Europee. Ha scelto di non schierarsi per non fare un torto ai compagni di una coalizione senza maggioranza, e rinviare nel tempo la questione dirimente della terza gamba del centrodestra (quella col governatore Toti, vicina a Salvini e lontana da Meloni). Diventerà Bellissima, che si è appena eletta il suo sindaco a Monreale, in Sicilia vale ancora fra il 6% e il 7%, ma a questo giro smonterà i pezzi del consenso, e tenterà di rimetterli insieme al prossimo appuntamento utile. Lontano da quel “partito degli invisibili”, dove adesso ha trovato riparo. Anch’essa.