Il primo dato inappellabile è che in politica decidono i numeri. E i numeri per sfiduciare l’assessore alla Salute, Ruggero Razza, non ci sono: mettendo insieme Claudio Fava, i quindici deputati del Movimento 5 Stelle e i sette del Partito Democratico, siamo ben distanti dalla maggioranza di 36 che servirebbe per convincere Musumeci a rimuoverlo. E anche se i cinque di Italia Viva decidessero di accodarsi ai compagni dell’opposizione, la meta rimarrebbe comunque irraggiungibile. Al netto di qualche ribelle interno alla maggioranza (il centrista Pullara?), l’ipotesi di “cacciare” un assessore alla Salute nel bel mezzo di una pandemia non scalda i cuori. E anche i precedenti non aiutano: al termine della prima ondata del virus, infatti, il M5s fece un tentativo analogo con Antonio Scavone. L’assessore al Lavoro fu ritenuto responsabile del disastro della cassa integrazione in deroga, ma riuscì a sfangarla alla prova di Sala d’Ercole. Dove i renziani, quella volta, nemmeno si presentarono.

La partita si gioca sulle motivazioni politiche dei gruppi parlamentari, oltre che sulle responsabilità specifiche degli “imputati”. Anche se Fava, Pd e Cinque Stelle, nel testo della mozione, intitolata “Censura all’Assessore per la Salute ed impegno del Presidente della Regione alla sua rimozione ed immediata sostituzione”, provano a fornire una spiegazione di cui si è dibattuto a lungo e ovunque nelle ultime settimane: “Se la Sicilia si trova oggi in piena emergenza Covid19 – si legge nel documento – gravi responsabilità sono dell’assessore alla Salute Ruggero Razza che non ha svolto in maniera adeguata le sue funzioni di indirizzo e coordinamento della programmazione sanitaria e dell’assistenza territoriale ed ospedaliera per fronteggiare la pandemia, ed ha ritardato tutti i provvedimenti di sua competenza per attenuarne gli effetti consentendo il progressivo innalzamento del livello di rischio nella diffusione del virus creando dunque i presupposti che hanno portato la Sicilia ad essere dichiarata ‘area arancione’”. In particolare, “l’Assessore per la Salute, con tutta evidenza, non ha operato per impedire che la Sicilia, da regione solo sfiorata durante la prima ondata, sia diventata regione nella quale il virus circola ormai in modo incontrollato”.

Quando verrà discussa la mozione a Palazzo dei Normanni, il tema sarà ancora attuale, nonostante il calo dell’indice Rt e una potenziale frenata dei contagi. Perché riguarda alcuni parametri di valutazione – gli ospedali, il tracciamento, i tamponi – che hanno condannato il nostro sistema sanitario, e di conseguenza quello produttivo e imprenditoriale, all’inevitabile sofferenza di un semi-lockdown. Su questo i due principali partiti d’opposizione sono disposti a tutti: il Pd aveva già chiesto ufficialmente al governo centrale di togliere a Musumeci la delega di commissario per l’emergenza Covid in Sicilia; il M5s, con un perfetto gioco di sponda, aveva raccomandato al Ministro Speranza di inviare degli ispettori per vigilare sull’operato dell’assessore competente. Questo accanimento nei confronti di Ruggero Razza – e non, ad esempio, verso l’assessore all’Economia, che ha imbalsamato l’Isola con una Legge di Stabilità improponibile, ma non è stato censurato da nessuno – merita, però, una più ampia riflessione. E un ripassìno di quanto accaduto nella politica siciliana nei mesi che hanno preceduto l’epidemia.

La nascita del Conte-bis, nel settembre 2019, gettava infatti le basi per una proficua collaborazione fra Pd e Cinque Stelle anche a Palermo. All’epoca i grillini strabordavano all’Ars con venti deputati e l’alleanza con il Pd, meno coeso ma più eterogeneo di adesso (oltre a Cafeo e Sammartino, poi passati a Italia Viva, c’era anche la Lantieri), rischiava seriamente di mettere in difficoltà Musumeci: tanto che a fine novembre, il governo fu costretto ad arrendersi sulla riforma dei rifiuti dopo che l’opposizione, e un paio di franchi tiratori, bocciarono l’articolo 1, mandando su tutte le furie il presidente della Regione. Ma proprio mentre l’opposizione cominciava a schiarire l’orizzonte politico, che oggi ha portato al “campo largo”, e a incidere sull’azione legislativa, arrivando a dettare l’agenda di Sala d’Ercole, qualcosa all’interno del Movimento si ruppe. E dopo aver messo le pezze a un voltafaccia “eterodiretto”, in cui Angela Foti conquistò lo scranno di vice-presidente dell’Ars ai danni di Francesco Cappello – il candidato ufficiale dei grillini – cinque dissidenti (o “responsabili”, dipende dal punto di vista), abbandonano il partito del “no a tutti i costi” per fondare Attiva Sicilia.

Sulla carta l’intento è persino troppo chiaro: “In questa legislatura non siamo riusciti a cavare un ragno dal buco, né dare degli strumenti che avrebbero migliorato la vita della Regione. Né la maggioranza né l’opposizione sono servite a nulla”, spiegava a caldo la Foti. “Mi hanno dato del collaborazionista solo per la pretesa di poter discutere ogni singola proposta col governo – le faceva eco Sergio Tancredi, uno dei “preferiti” di Musumeci – Ma credo che questa potrebbe diventare l’ennesima legislatura persa”. Ma dietro la pretesa di spiegare in maniera innocente il cambio in corsa, c’è un’ampia letteratura dietrologista, che vuole Ruggero Razza come uno degli artefici di questo scossone. Il dante causa delle armi deposte. Tanto che i cinque di Attiva Sicilia – di cui fa parte Elena Pagana, la compagna dell’assessore – da subito sono stati ribattezzati “stampellisti” dagli ex compagni col dente avvelenato. Mentre hanno ricevuto graziosi apprezzamenti da quelli di Diventerà Bellissima e dalla compagine di governo, che nei numeri non si è rafforzata, ma nella sostanza sì: garantendosi quel perenne “cuscinetto” che permetterà di concludere la legislatura in maniera serena.

Attiva Sicilia, come da premessa, non si è mai dimostrata ostile nei confronti di Musumeci. Ha spezzato l’inerzia dell’opposizione di ferro, ha prestato il fianco a una comfort-zone che il governo non aveva mai esplorato nei primi due anni di legislatura. Una situazione che Pd e M5s non hanno mai digerito: perché, quindi, salvare un assessore che li ha usurpati della possibilità di dettare legge in parlamento? Perché farlo all’indomani di un collasso organizzativo del sistema sanitario, in cui l’assessore Razza, come si evince dal testo della mozione di censura, “ha ritenuto di dovere confutare i dati emersi dal monitoraggio effettuato dall’Istituto Superiore di Sanità, negando il livello di rischio cui è esposta la salute nel territorio regionale, ed imputando in modo irresponsabile al governo nazionale la presunta ‘volontà politica’ di penalizzare la nostra isola?”. Perché?