C’è un problema, in Sicilia, che nessuno vede. E’ quello dell’emigrazione. E-migrazione, diversa rispetto all’immigrazione di cui sentiamo parlare ogni dannato giorno. E riguarda i siciliani che scelgono di andarsene, svuotando i paesi di energie e risorse. A segnalarlo, oltre ai dati Istat che sgorgano impietosi, è stato Giuseppe Marciante, il vescovo di Cefalù. Che ha deciso di scendere in campo in prima persona, spedendo una lettera di convocazione ai sindaci di 24 città.

“Dalle aree interne della Sicilia stanno fuggendo tutti – ha denunciato il prelato – bisogna fare qualcosa”. Lo svuotamento dei piccoli centri è impressionante e progredisce di giorno in giorno: negli ultimi quarant’anni l’area delle Madonie registra un 25,6% di calo demografico. Negli ultimi 5 anni oltre 3mila persone hanno deciso di fare i bagagli e andarsene. I giovani emigrano altrove per studiare o lavorare, perché questa terra continua a non offrire possibilità all’altezza. Così le case restano vuote e senza alcun mercato, i paesi desolati e depressi. Tanto che i 157 milioni del programma Snai (strategia nazionale per le aree interne), messi a disposizione dal 2015, rimangono lì e nessuno li cerca.

E’ come se assieme ai giovani andasse via la speranza. La Sicilia è al 448° (su 462) fra le regioni europee che produce laureati. “E’ un problema che dovrebbe stare in cima alle priorità della politica – ha detto ancora il vescovo – invece sembra che non interessi. Bisogna rompere il filo spinato della rassegnazione. Sto cercando partner per un laboratorio della speranza, un incubatore che formi giovani imprenditori e offra chance ai ragazzi che non vogliono emigrare”. E-migrare. Perché il problema è soprattutto questo, con la “e” davanti.