In memoria di Ciarrapico

Io Ciarrapico l’ho conosciuto. Che non è una medaglia da appuntare al petto, è la cronaca dell’incontro con un imprenditore all’epoca potente, discusso, chiacchierato e che un giorno prese il caffè con me sotto casa mia, in provincia di Palermo.

Ciarrapico l’ho conosciuto quando, da editore, fondò un giornale a Palermo e volle una redazione decentrata a Termini Imerese. Quella redazione era a casa mia, in un appartamento della mia famiglia, un piano sotto a quello in cui io vivevo. Per tutta una serie di incastri strambi della vita iniziai a scrivere per quel giornale e mi volle conoscere (la prima volta fu a Villa Igiea), qualche mese dopo mi affidò quella redazione e la responsabilità di una pagina quotidiana dedicata alle notizie di un centro che all’epoca faceva trentamila abitanti o poco meno e credeva ancora nel miracolo industriale della Fiat, pace all’anima sua.

Era la fine degli anni Novanta, erano gli anni del boom di Forza Italia, del centrodestra che in Sicilia si preparava al 61 a zero e del processo Andreotti. Il giornale di Ciarrapico era evidentemente schierato. Ma è là dentro che ho imparato il mestiere del giornalista e quell’imprenditore furbo e “ammanigliato” mi ha fatto entrare nel “mondo dei grandi”. Davanti a lui imparavi a dosare le parole, con lui imparavi a conservare la corrispondenza per avere traccia e memoria di tutto, imparavi a guardarti le spalle.

Fu lui a farmi il primo contratto, fu lui a farmi praticante, fu lui a propormi il trasferimento a Marino per completare quel percorso quando la redazione, in un caldo ferragosto, chiuse per ferie senza mai riaprire. Parlavo con il suo uomo di fiducia ma era lui a decidere, era lui che sapeva sempre tutto (e di più) di quello che succedeva a Palermo, in quella redazione che all’ultimo era nella sede de L’Ora e dove lui ogni tanto faceva qualche blitz. E durante quei tre anni abbiamo avuto scontri a cui, seppure giovane e inesperta, non mi sono sottratta. Anzi, tutt’altro.

Quanto ho letto che se n’era andato, ho ripensato a quegli anni, al giorno in cui la segretaria mi disse “oggi il presidente viene a visitare la redazione di Termini”, a lui che sale le scale di casa mia e poi prendiamo un caffè insieme al Crystal. A lui che – nonostante le condanne, le amicizie discutibili, le rappresaglie e gli autoritarismi – mi ha fatta crescere.

Stefania Giuffrè :

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