La parola che si leva dalla protesta è “povertà”. Ma è probabile – loro malgrado – che le manifestazioni di questi giorni in piazza del Parlamento, a Palermo, abbiano sbagliato indirizzo. All’interno dei palazzi delle istituzioni, la politica decide se assumere o meno i dirigenti, se e di quanto ridurre le pensioni dei regionali, se stabilizzare i precari Asu, se rifocillare i comuni. Dalla manovra, però, sono spariti quasi del tutto i ristori. E’ come se la pandemia si fosse dileguata assieme alla preoccupazione del governo Musumeci e dell’Ars. Fa quasi tenerezza sentire il rantolo di disperazione che arriva da comitati e associazioni, che pensano di poter legare il proprio destino a questa Finanziaria “degna di un’assemblea condominiale” (citando Fava).

Nel ddl Stabilità sono appostati 25 milioni, a valere sui fondi Poc (nazionali), per dare manforte a cinema e fotografi, a spettacoli e settore wedding. Ma la procedura di erogazione è complessa, prevede passaggi interistituzionali, e non è detto nemmeno che si possa concretizzare: Roma, dopo che Palermo avrà inviato un’attenta ricognizione dei fondi giuridicamente non vincolati, dovrà autorizzare una riprogrammazione, svuotando il capitolo degli “investimenti” e utilizzando le risorse per la spesa corrente. Negli ultimi giorni s’è fatta strada un’altra ipotesi, che Musumeci ieri ha dato per buona: ossia la formulazione di un ordine del giorno, con la firma dei capigruppo, che impegni il governo ad agire per via amministrativa, iniettando 200 milioni – anche stavolta con una rimodulazione dei fondi strutturali e il benestare da Roma – alle categorie in difficoltà. Lo Stato, invece, ha deciso di intervenire con un decreto sostegni che a partire dal prossimo 8 aprile potrebbe garantire 11 miliardi alle imprese: l’obiettivo è fare in fretta. Altrimenti si muore.

Oggi, per la prima volta dall’inizio della pandemia, è toccato a Confcommercio scendere in piazza. “Secondo lei – attacca la vicepresidente nazionale, e leader della sezione di Palermo, Patrizia Di Dio – è mai possibile che in una Finanziaria regionale non si parli di aziende nel momento in cui le aziende non ce la fanno?”.

La manifestazione di oggi

Dicono di non avere abbastanza risorse. Cosa chiedete?

“Una norma per le imprese. Finora abbiamo atteso con pazienza, nella speranza che qualcuno ne parlasse. Ma quello che ritenevamo essere il primo punto all’ordine del giorno, è sparito dall’agenda politica. Faremo un appello a tutti i rappresentanti dell’Ars, ma anche a tutti i politici che rappresentano la Sicilia nelle istituzioni, per chiedere: vi siete dimenticati di noi? Ci volete morti? Noi non vogliamo solidarietà o assistenzialismo”.

Avete scelto una forma singolare di protesta. Indossando delle maschere di gomma.

“Come quando, sotto una dittatura, si ha paura a protestare a volto scoperto. Lo chiamiamo per provocazione il Nazi-covid: non siamo stati deportati ma le nostre aziende e le nostre stesse vite stanno subendo pene atroci e inique”.

Chiedete di tornare a lavorare?

“O, in alternativa, veri aiuti. Secondo me alla Regione manca una visione e una strategia politico-economica. Se fanno la Finanziaria e si lamentano di non avere il gettito delle imprese, sappiano che l’anno prossimo la manovra non potranno nemmeno farla… Qui si parla di economia, ma forse in quel palazzo non sanno cosa significhi produrre reddito. Per questo si affidano a una Finanziaria clientelare, che non pensa al benessere dei siciliani, ma a distribuire prebende e aiuti per coltivare il consenso in maniera becera. Sono totalmente avulsi dalla realtà”.

Potrebbe arrivare una soluzione per via amministrativa, una volta terminata la sessione di bilancio. Musumeci ha promesso 200 milioni di euro. Ma bisogna avere pazienza.

“Le forze si sono quasi esaurite, come i risparmi di una vita. Ci siamo indebitati. In un anno è stato annullato il nostro potere reddituale. Qui non si tratta più di trentenni e quarantenni che restano a casa dei genitori perché non hanno indipendenza economica o la possibilità di costruirsi una famiglia. Stiamo parlando di cinquantenni, padri e madri, costretti ad attingere alle pensioni degli anziani genitori, che rappresentano l’ultima forma di risparmio sopravvissuta alla crisi…”.

Addirittura…

“La classe media è in ginocchio, abbiamo dato fondo a tutto il nostro patrimonio: che non è fatto di rendita, ma di lavoro. Le difficoltà non investono soltanto le fasce più fragili della popolazione, che grazie agli ammortizzatori sociali, tutto sommato, sono riusciti a tamponare. Qui è saltato il banco: e gli unici che creavano economia reale si sono ridotti all’elemosina. Tenerci chiusi per due o tre mesi è una cosa; farlo per un anno, e continuare a farci pagare le tasse, è un’altra”.

Qual è la soluzione?

“Tornare a una contingentata e misurata normalità. E permetterci di lavorare. Il diritto al lavoro deve coesistere col diritto alla salute. Lo Stato non può rigirare la frittata e scaricare tutto sulle nostre teste”.

Nei giorni scorsi ha definito l’ultimo decreto sostegni varato dal governo Draghi inconcludente. Perché?

“Glielo spiego numeri alla mano. Un’azienda che fattura un milione l’anno, e ne perde la metà, otterrà il 30% del fatturato medio mensile: cioè 12 mila euro. Soldi con cui puoi pagare, sì e no, una bolletta della luce, o metà canone d’affitto. Di stipendi manco a parlarne… Diciamo che questi soldi potevano anche risparmiarseli. Siamo stanchi di ricevere elemosine e piatti di lenticchie. Servono aiuti seri o trovare le giuste soluzioni che ci permettano lavorare da subito”.

State battendo anche sulla campagna vaccinale.

“Finora sono state somministrate 640.000 dosi e ci sono ancora 3 milioni e 300 mila siciliani da vaccinare. Procedendo con l’attuale media aritmetica di 7.300 vaccini al giorno (a partire dal primo giorno di vaccinazione a oggi, 86 giorni) finiremmo di inoculare la prima dose a giugno del 2022. Se anche prendessimo come parametro i dati migliori dell’ultima settimana, con 15.000 vaccinazioni al giorno, la prima vaccinazione terminerebbe tra oltre sette mesi. Per quella data troppe aziende saranno già chiuse per sempre ed è per questo che intendiamo fare una sorta di countdown sui tempi della campagna sperando di stimolare un sussulto di orgoglio da parte di chi deve organizzare al meglio tutte le fasi, a cominciare dall’acquisto dei vaccini”.

Delegazione di Confcommercio ricevuta da Micciché

La presidente di Confcommercio Palermo, Patrizia Di Dio, e i componenti della sua giunta, dopo la grande manifestazione di protesta che si è svolta nel primo pomeriggio in piazza Parlamento, è stata ricevuta a Palazzo dei Normanni dal presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè. All’incontro erano presenti anche i capigruppo e alcuni rappresentanti del governo per affrontare i temi sollevati dall’associazione che ha chiesto a gran voce sostegni economici per poter mantenere in vita le aziende. La manifestazione, oltretutto, arriva nel giorno in cui Confcommercio nazionale ha lanciato la campagna “L’Italia non si chiude”. “Finalmente la politica ha ascoltato le nostre legittime richieste – ha detto Patrizia Di Dio -. Abbiamo chiesto l’impegno di tutti, governo regionale e deputati dell’Ars, come si conviene durante una “guerra”, ora tocca a loro trovare le soluzioni per sostenere le imprese e recuperare le risorse necessarie per garantirci una boccata d’ossigeno. Non è un atto di solidarietà ma un atto di indispensabile strategia di politica economica perché se tracollano le aziende tracolla il sistema”.

“Occorre prevedere aiuti veri, da dove prenderli è compito della politica – continua la Di Dio -. Oggi si è avviata una interlocuzione che rappresenta un primo passo avanti ma non ci fermiamo qui. Non ci sono soldi? Allora non ce n’è per nessuno”.