C’è la tesi “complottista” e quella “due camere e cucina”. Quale sia quella vera non si sa. La prima è suffragata da ascolti bassi e malumore aziendale, la seconda da una logistica gestionale a metro quadro calpestabile. Fatto sta che Barbarella D’Urso sul suo serale festivo – Live – Non è la D’Urso – domenica 4 aprile tirerà giù la saracinesca e saluterà i suoi fans dando appuntamento per la ripresa, nel prossino autunno.  Una chiusura comunque anticipata visto che la programmazione avrebbe dovuto protrarsi sino a fine stagione, fino alle porte della calura. Intendiamoci: su Canale 5 le restano, fino a che secchielli e palette non ricompariranno sulle spiagge, i caposaldi: Pomeriggio Cinque ogni pomeriggio dal lunedì al venerdì e Domenica Live all’ora del tè nel dì di festa.

Quel che è certo che per la D’Urso quella del 4 aprile 2021 sarà, televisivamente parlando, una mala Pasqua come nell’invettiva di Santuzza in Cavalleria. Niente spargimenti di sangue, per carità, ma il colpo, sussurrano a Cologno, è difficile da digerire.

Alla base della decisione aziendale ci sarebbe comunque un calepino con dei numeri: il primo a sette cifre (le teste raccolte davanti alle tv: troppo poche), il secondo a due cifre in percentuale (il famoso e famigerato share: troppo basso). Vero è che la D’Urso versione domenica sera s’è trovata di fronte la fiction di Rai1, l’unica cosa che per adesso sorride alla rete ammiraglia di viale Mazzini, impantanata invece in bilanci da pallore pre mortem per quel che riguarda il varietà (in attesa di un Sanremo salvifico, vagheggiato come la resurrezione di Lazzaro). Prima l’assistente sociale Mina Settembre e da domenica scorsa il vicequestore su tacco 12 Lolita Lobosco, affascinanti donne del Sud (come lei) ma determinatissime nel rifilare a Carmelita un trionfale 30% di share relegandola ad un 11-12% da fare storcere la bocca (quasi ininfluenti il 9 di Fazio e il 6 di Giletti). Nemmeno la valorosa testimonianza di Rocco Casalino (che, appena uscito da Palazzo Chigi, te lo trovi pure sull’uscio di casa a promuovere la sua autobiografia) è servita non tanto agli ascolti immediati dell’ultima puntata quanto alla causa di Barbara: l’ex ombra di Conte aveva giurato in diretta sulle influenze quasi sciamaniche della D’Urso nella politica italiana (secondo il portavoce dell’ex premier, il salotto tv di Cologno tirava su e giù nel gradimento i 5 Stelle, a seconda dell’interlocutore interpellato, favorevole o contrario, come fossero la rotellina dello yo-yo). Niente da fare: l’annunciata chiusura prematura del talk è stata ratificata. Non estranee sarebbero anche alcune tensioni sul “potere” che la D’Urso avrebbe accentrato in questi ultimi tempi su di sé e sulla sua squadra d’autori: ospiti, personaggi, temi, toni. Tutti tendenti verso un basso che fa ciccia, ma esageratamente.

La versione “due camere e cucina”, detta anche “fatti più in là”,  che edulcorerebbe nell’ufficialità la pillola, sarebbe invece pura economia aziendale, quella che si ama chiamare ottimizzazione: il grande studio televisivo di Barbarella (il numero 11) servirebbe alla realizzazione della nuova serie di Scherzi a parte, si sarebbe dovuto spostare tutto nello studio 7, il “Mike Bongiorno” che ospita già altre produzioni. Ma per due mesi e poche puntate, il trasloco sarebbe stato materialmente faticoso ed economicamente dispendioso. E così la decisione di chiudere Live e sostituirlo con le puntate già bell’e registrate di Avanti un altro, il giochino di Paolo Bonolis.

Terza ma peregrina ipotesi: togliere alla D’Urso la domenica sera e darle in cambio qualcos’altro, magari di più stuzzicante, di inedito. Insomma, promoveatur ut amoveatur. Ma più di quello che in palinsesto, con un’occupazione quasi manu militari,  Barbarella e Maria De Filippi hanno già conquistato non si riesce proprio a immaginare. «Forse la direzione di un tg», scherzano sotto la torre delle antenne, a Cologno.