Micciché si riprende Forza Italia. La Lega guadagna punti per la presidenza della Regione. Musumeci rimane isolato. E’ questo il grande affresco del sabato di Pasqua, in cui il centrodestra riscopre la voglia di fare squadra dopo settimane di tormenti. L’accordo lo chiudono Miccichè e Minardo, che portano a casa la candidatura a sindaco di Palermo di Francesco Cascio, in quota azzurri. Salvini si “accontenta” della vicesindacatura (anche se Francesco Scoma ha rinunciato al ticket): è una decisione che avrà delle logiche refluenze sulla sfida di palazzo d’Orleans e sul futuro di Nello Musumeci, che nelle scorse ore ha minacciato le dimissioni, ma difficilmente si azzarderà a compiere questo passo prima dell’approvazione delle Leggi di Stabilità e Bilancio, prevista per fine mese.

Ma riavvolgiamo il nastro. Fino alla serata di venerdì si rincorrono i rumors più disparati. L’ultima mossa architettata dai ‘ribelli’ di Forza Italia, capitanati da Schifani, Armao e Dell’Utri, è – secondo fonti ben informate – quella di offrire alla Lega un triplice accordo che prevede Scoma, sostenuto da Fratelli d’Italia e Diventerà Bellissima, candidato a Palermo; in cambio di un patto blindato sulla presidenza della Regione (con Musumeci, ovviamente) e della poltrona di sindaco di Catania (appannaggio del gruppo Falcone), dove si voterà l’anno prossimo. Il tentativo, ben congegnato, fallisce però sabato mattina. Quando Gianfranco Micciché e Nino Minardo mettono da parte le ultime incomprensioni (dopo le dichiarazioni del presidente dell’Ars al Vinitaly) e decidono di convergere sull’usato sicuro: Ciccio Cascio. L’ex presidente dell’Ars ha il physique du role per tenere testa a Franco Miceli, e magari batterlo al ballottaggio. Cosa che, forse, Scoma non avrebbe. Forza Italia e Lega decidono per il grande passo, già consapevoli del sostegno di Saverio Romano e di Totò Cuffaro. Mentre il partito della Meloni, dopo non aver risposto ai numerosi inviti, rimane fuori.

Sulla candidatura autorevole di Cascio potrebbero convergere gli Autonomisti di Lombardo, se l’ex governatore convincerà Totò Lentini a fare un passo indietro (non è così facile, date le premesse). Resta incerto, invece, il destino di Roberto Lagalla. Sceso in campo da ‘homo civicus’, ha incassato il sostegno del suo partito (l’Udc) e non sembra più disposto a ripensarci: d’altronde si è dimesso dalla giunta Musumeci – che però non l’ha ancora rimpiazzato – ed è lanciato nella campagna elettorale. Nei giorni scorsi, su Lagalla, avrebbero provato a convergere i soliti ‘ribelli’ di Forza Italia (Dell’Utri non ha mai nascosto la propria ammirazione per l’ex rettore), coinvolgendo la Lega: anche questo tentativo, però, è deflagrato. Avrebbe significato consegnare a Musumeci le chiavi di Palermo e della Regione. Un azzardo.

Cosa succede adesso? Il patto trasversale, che va da Prima l’Italia ai centristi, mette il presidente della Regione con le spalle al muro. Senza più alleati. Nessuno lo dice apertamente: ma il Carroccio, dopo aver fatto mezzo passo indietro su Palermo, non potrà esimersi dall’indicare un proprio candidato per palazzo d’Orleans. Salvini, che avrebbe potuto passare all’incasso con Scoma, non l’ha fatto. E questa rinuncia appare funzionale alle prossime mosse. Anche all’interno di Forza Italia riguadagna terreno la leadership di Miccichè, che è riuscito a mettere la museruola a chi, nel suo partito, giocava a scalzarlo. Formalmente, Cascio è il candidato di tutti. Ma è anche il “successo” del vicerè berlusconiano, che non tutti i forzisti saranno pronti a riconoscere. Specie se, come sembra, allargherà la forbice rispetto all’eventualità del bis di Musumeci. Le chance del governatore perdono di nuovo quota, anche se un big della maggioranza smozzica che “non erano mai aumentate”, nemmeno nei giorni del Vinitaly.

Sintesi di questi giorni di passione: l’asse al centro si è più o meno ricomposto, grazie alla mediazione di Lega e Forza Italia. L’asse a destra, invece, s’è sbriciolato ulteriormente. Fratelli d’Italia invoca l’intervento diretto di Berlusconi: “Non possiamo non notare come questi comportamenti, e molti altri segnali, testimoniano più la volontà di danneggiare Fratelli d’Italia piuttosto che quella di combattere le sinistre”. Ma non ha intenzione di cambiare linea: “Sosteniamo la conferma del presidente regionale uscente, favorito nei sondaggi e apprezzato dai siciliani per la sua onestà e il lavoro svolto”. Mentre Musumeci, che in queste ore avrebbe valutato davvero di dimettersi per andare al voto anticipato, non trarrebbe più alcun giovamento da questa mossa. Non servirebbe a stanare gli alleati. Né a salvare la Sicilia da un declino irreversibile. Sarebbe l’ennesimo atto di egoismo. Probabilmente, l’ultimo.