Il filosofo cinese Confucio sosteneva che la musica produce un tipo di piacere di cui la natura umana non può fare a meno. Elencava le emozioni che quei toni e quei timbri riescono a suscitare nell’animo della gente e spiegava perché suonare uno strumento è un esercizio divertente: procura molti benefici al cuore e alla mente, coinvolge i sensi e invita costantemente a tenere alto e piacevole il ritmo della vita.

Divertimento e passione. Sono gli stessi sentimenti che, certamente, si respiravano sabato sera al Real Teatro Santa Cecilia in occasione del debutto della Brass Youth Jazz Orchestra, un ensemble di cui fanno parte giovani talenti tra i quindici e i ventisette anni provenienti da ogni parte della Sicilia; un progetto fortemente voluto dalla Fondazione The Brass Group.

Il concerto, dedicato alla “Swing Era”, periodo del Novecento in cui il jazz ha avuto la sua massima espressione grazie alle straordinarie band di artisti quali Benny Goodman, Duke Ellington, Glenn Miller, Artie Shaw o anche Chick Webb e Teddy Wilson, ha regalato agli spettatori una serata magica e carica di forte vitalità.

Un pubblico partecipe ed entusiasta ha fatto da cornice alla prima esibizione di questi giovani che, guidati dalla bacchetta di un appassionato direttore d’orchestra, il Maestro Domenico Riina, hanno dimostrato di essere in grado di affrontare qualsiasi partitura con sintonie perfette, di lavorare in squadra con serietà e disciplina, e di assegnare ad ogni melodia la freschezza propria della loro giovane età. Chi l’avrebbe mai detto: i giovani della Brass Youth Orchestra hanno dimostrato che anche il jazz ha saputo creare il suo oratorio di formazione, come ai tempi di Bach e delle grandi invenzioni musicali. Hanno dato prova che suonare in un gruppo significa imparare non solo ad ascoltare se stessi, ma anche ogni altra sezione per trovare, tutti insieme, quello sforzo corale in grado di trasformare le tante disparità in una sola armonica realtà.

Accompagnati dalla tromba di un incantevole Vito Giordano, autore di una performance generosa e sempre raffinata, questi giovani hanno offerto con naturalezza il loro talento e hanno sedotto gli spettatori con allegria e con un rigore grammaticale che ha reso onore non solo alla loro bravura ma anche e soprattutto all’impegno del loro maestro. Hanno messo in scena uno spettacolo equilibrato e piacevole e hanno irradiato il teatro Santa Cecilia di sonorità semplici e all’un tempo ricche di moderna eleganza; pur sfidando negli arrangiamenti grandi classici come “One O’Clock Jump” di Count Basie, “In A Sentimental Mood” di Duke Ellington, “Moonlight Serenade” di Glenn Miller; o come il sofisticato capolavoro di George Gershwin, “Summertime”. Interpretazioni ineccepibili e con modulazioni piene di una energia e di una brillantezza magistrale.

C’è tanta fatica, c’è lavoro e c’è sacrificio nel backstage di questa giovane orchestra; ma anche gioia e determinazione. E c’è in particolar modo una continua ricerca della bellezza, della perfezione e di quella preziosa favola che solo la bella musica riesce a creare. Quando al roccioso Louis Armstrong chiedevano che cosa fosse il jazz, lui, che era il più grande trombettista di New Orleans, rispondeva che il jazz si può solo sentire perché nessuno potrà mai spiegarlo. Questi ragazzi l’hanno sentito e l’hanno inseguito fino ad amarlo. Perdutamente.