John Turturro ha scelto Palermo e il Teatro Massimo per iniziare la nuova vita da regista teatrale. La prima opera che porterà in scena il 13 ottobre è un classico della lirica italiana: Rigoletto di Giuseppe Verdi. Un progetto ambizioso, che cova nella testa del regista e attore hollywoodiano, classe ’57 e figlio di immigrati, sin dallo scorso febbraio quando, con una breve capatina in città, prese i contatti il sovrintendente del Massimo, Francesco Giambrone, e col direttore artistico Oscar Pizzo.

C’è tutto l’eclettismo di John Turturro in questa nuova sfida. Dopo aver recitato in numerose pellicole, al fianco di registi rinomati come l’altro “siciliano d’azione” Martin Scorsese (da poco il suo atto di nascita è stato trascritto al comune di Polizzi Generosa), ecco la sfida della lirica. Che ascoltasse Puccini, da bambino, mentre i genitori litigavano, lo ha dichiarato in una recente intervista. In quel momento della sua vita – all’interno del più classico ambiente italo-americano (mamma era originaria della Sicilia, papà della Puglia) – si innesca la passione: “Sono cresciuto ascoltando soul, pop, rhythm’n’blues, le melodie napoletane che ho messo nel film “Passione”. E anche l’opera – ha rivelato al Corriere della Sera – I miei parenti erano capaci di confrontare quindici tenori su “Di quella pira”. Mia madre cantava con i suoi fratelli in una big band jazz, ma senza mire professionali, voleva una famiglia, così continuò a esibirsi in chiesa e a casa. Mio padre era un carpentiere, e all’inizio lo aiutavo”.

Poi la carriera di Turturro prende un’altra piega. C’è il cinema. “Ma le radici restano fondamentali – spiega – soprattutto in un mestiere come il mio”. La famiglia è un tema ricorrente anche nel Rigoletto – che sarà diretto da Stefano Ranzani – e che probabilmente è risultato determinante per la scelta: “Mi avevano offerto due titoli. Ho scelto questo per la bellezza della musica e la sua modernità, la concisione della drammaturgia; per il tema padre-figlio che in Verdi è centrale. Quando mi telefonarono da Palermo stavo lavorando a una sceneggiatura dove Verdi è dominante. E’ un film che dirigerò in futuro”.

Ma nell’attesa c’è Palermo, una città con cui il legame risale a circa dieci anni fa, quando John Turturro – il cognome rivela tutto dei suoi forti sintomi italici – girò il suo primo documentario. In “Storie di una tragedia siciliana” andava alla ricerca delle sue origini, che lo vide commuoversi di fronte alla casa dei suoi avi. Era un viaggio nel folklore palermitano, che gli fece toccare corde e luoghi che a Hollywood si sognano: dal mercato della Vucciria al teatro dei pupi di Mimmo Cuticchio. E’ probabile che nei giorni dello spettacolo, impegni permettendo, Turturro faccia ritorno nei luoghi del suo “debutto”. Per scattare un selfie (“Una cosa che ancora mi imbarazza, rimango una persona normale”) in mezzo a tanti siciliani che faranno la coda per andare a vedere il suo Rigoletto.