Un ex assessore all’Energia del governo Lombardo, quando alla Regione siciliana era ancora il tempo delle vacche grasse, è finito al centro di uno scandalo che investe la politica e la burocrazia di un’Isola falcidiata dalla sfiga e dalle cattive abitudini. La liquidazione di quasi cinque milioni (a valere sul capitolo di bilancio relativo a ‘Spese per liti, arbitraggi, risarcimenti ed accessori’), di cui 3,5 all’avvocato Pier Carmelo Russo, sono stati decretati dall’Ufficio legislativo e legale della Presidenza (area Affari generali) all’indomani del primo atto utile per ultimare il pagamento: ossia le variazioni approvate da Sala d’Ercole la scorsa settimana.

Il tempismo ha sorpreso anche ai piani alti. È stato il presidente in persona, Renato Schifani, a chiedere “la trasmissione degli atti per poter effettuare un approfondito esame della vicenda in tutti i suoi risvolti”, addossando la paternità della decisione alla giunta precedente. Ossia a Musumeci, senza però spiegare in che modo. Per il momento non esiste certezza della prova, ma solo dei semplici indizi: cioè un paio di fatture da cinque milioni complessivi (la seconda, da uno e mezzo, verrà liquidata a un altro legale, Francesco Stallone) in cambio di una prestazione che sarebbe servita a chiudere un contenzioso con alcuni privati per la revoca dell’Avviso pubblico relativo alla realizzazione di quattro termovalorizzatori (anch’esso finito al centro di uno scandalo giudiziario).

E’ il bando da un miliardo di cui si fece promotore, a partire dal 2002, l’ex governatore Totò Cuffaro, tra i sostenitori più incalliti dell’incenerimento per la chiusura del ciclo dei rifiuti. Lombardo, al contrario, non era per niente convinto, e questo lo portò a interrompere un percorso già tracciato, fino a insospettire il predecessore (che in più occasioni, anche di recente, ha trovato il modo di rinfacciarglielo): “La cosa che più mi ha turbato in questi anni – disse Cuffaro durante un’audizione in commissione Antimafia, qualche tempo fa – è l’avere sentito, dal governo che è venuto dopo di me che aveva bloccato i termovalorizzatori perché c’era il malaffare! Io ricordo che il governatore che è venuto dopo di me era lo stesso che stava con me quand’ero al governo ed i termovalorizzatori li aveva approvati! Dopo di ciò, è vero esattamente il contrario. Basta leggere, negli ultimi anni che cosa è successo sulle discariche per capire che il malaffare si insidia là, nelle discariche, non nei termovalorizzatori… Abbiamo fatto diventare la Sicilia una pattumiera”.

Ripercorriamo la storia daccapo. Nella veste di commissario delegato alla gestione dell’emergenza rifiuti, era il 2002, Cuffaro approva un Avviso pubblico “per la stipula di Convenzioni per l’utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata, prodotta nella Regione Sicilia”. In quel progetto vengono segnalate un paio di anomalie. La prima è squisitamente tecnica: cioè la mancata pubblicazione dell’Avviso sulla GUCE (la Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea). Questo ‘difetto’, inizialmente, non impedì la formulazione di offerte da parte di sette raggruppamenti temporanei d’impresa e il successivo affidamento in favore di quattro di essi (gli altri tre vennero esclusi). Dopo la firma della convenzione (ventennale), i lavori per la costruzione dei termovalorizzatori vennero più volte sospesi o prorogati con una serie di atti emessi tra il 2004 ed il 2006, nelle more del passaggio di competenze dall’organo commissariale alla neonata A.R.R.A. (l’agenzia regionale per i rifiuti e per l’ambiente).

Fu in tale contesto che il 18 luglio 2007 intervenne la Corte di Giustizia Europea ravvisando una serie di irregolarità e di inadempimenti in materia di pubblicità. Anche la commissione Europea, interpellata in seguito, sancì espressamente “l’obbligo di provvedere all’immediata cessazione di qualsivoglia efficacia delle convenzioni di affidamento e alla loro rimozione”. Così la Regione si affidò a una exit strategy: il 27 aprile 2009, sulla GUCE, venne bandita una nuova gara aperta per la gestione del sistema integrato finalizzato al trattamento e smaltimento rifiuti prodotti nei vari ATO. La gara, però, andò deserta. Il 23 luglio 2009, sempre sulla GUCE, vennero pubblicati gli avvisi di avvio della procedura negoziata ai sensi di legge. Ma anche in questo caso, spirato il termine per la presentazione delle offerte, non risultava pervenuta nessuna domanda. Si arrivò così, con provvedimento n. 341 dell’11 settembre 2009, alla risoluzione per inadempimento dell’accordo e della convenzione. E, in seguito, con il decreto n.548/2010, all’annullamento in autotutela delle procedure. “Ciò  – come scrisse la commissione Antimafia, al termine dell’inchiesta sul ciclo dei rifiuti – provocò l’apertura di un contenzioso milionario da parte delle imprese, che nel 2015, però, si chiuse con un accordo transattivo. Anche se la D.D.A. di Palermo, nel frattempo, avvierà sulla gara d’appalto una capillare attività d’indagine che, nonostante l’esito finale (archiviazione per intervenuta prescrizione), svelerà un vero e proprio accordo a tavolino”.

E’ quello di cui parla l’ex assessore Pier Carmelo Russo, divenuto protagonista (suo malgrado) di questa vicenda, convocato in audizione da Fava: “Un numero fattoriale – disse l’ex assessore all’Energia – è un’equazione che si usa per stimare il calcolo delle probabilità. Sa quante possibilità c’erano che la gara potesse andare così com’è andata? Una su 949.173.615. Tanto per dare un’idea, le possibilità di vincere il superenalotto sono una su 622 milioni”. Secondo la commissione medesima, era “più semplice vincere il superenalotto con una puntata secca che determinare, per pura casualità, la perfetta simmetria delle quattro offerte che si aggiudicano l’appalto per i termovalorizzatori senza mai sovrapporsi. Un accordo di cartello che aveva, come posta in palio, cinque miliardi e mezzo di vecchie lire per vent’anni. Centodieci miliardi”.

I pagamenti nei confronti di Russo (che si era dimesso da assessore prima di “assistere” la Regione in questa causa) e di Stallone sono un effetto collaterale di un giallo misterioso, e oggi rappresentano la cartina da tornasole di un ente che non eccelle per qualità della spesa (l’ha detto più volte anche la Corte dei Conti). Ma c’è anche un altro aspetto di cui tener conto: cioè chi aveva interesse a realizzare i termovalorizzatori e a quale prezzo. La Dc di Cuffaro, che nel frattempo è tornato in Burundi per la sua missione umanitaria, ha (ri)puntato i fari su una storia mai archiviata del tutto: “Non possiamo, e non vogliamo, ancora permetterci di tralasciare quando di più tragico accade quotidianamente, ovvero: giocare con la salute del popolo siciliano – ha scritto la Dc sui social -. A prescindere dalla parcella milionaria richiesta dall’avvocato Russo, oltre al già erogato maxi-assegno che percepisce come baby-pensionato da più di un decennio (140 mila euro l’anno, ndr), ci ritroviamo con un nulla di fatto. Ed ecco che costi pesantissimi e smaltimento dei rifiuti mal gestito rappresentano, per ogni siciliano, una tempesta perfetta contro cui noi Democratici Cristiani ci schieriamo a spada tratta”.

Di contro, il neo assessore all’Energia, il lombardiano doc Roberto Di Mauro, non è affatto convinto della sostenibilità finanziaria di un’opera che Musumeci ha riproposto nel finale della scorsa legislatura, con un Avviso rimasto in sospeso, per dare una scossa al suo operato piatto. Non ha avuto abbastanza tempo per andare in fondo, ma Schifani ha già promesso di riesaminare l’iter. E di sbloccarlo. Nel frattempo l’avvocato Russo avrà incassato la sua parcella. La Regione – lo impone la serietà istituzionale, al netto delle facili trovate populistiche – però dovrà svelare perché ha deciso di pagare, e perché adesso. E se qualcuno, magari, poteva agire diversamente, evitando l’ennesimo salasso.

Un principio di spiegazione l’ha offerto a Repubblica l’avvocato generale di palazzo d’Orleans, Giovanni Bologna: “C’è stata una conciliazione al tribunale di Milano, abbiamo fatto due conti: se avessimo avuto torto e perso le cause, la Regione avrebbe dovuto pagare molto di più ai privati in termini di penali”. Ma Russo, stando al suo avvocato, non ha mai fatto causa alla Regione, semmai “abbiamo chiesto il pagamento dei compensi ai colossi, la legge consente al legale rappresentante di rivalersi nei confronti di chi ha iniziato la causa con la Regione. Sono stati poi i grandi industriali, a loro volta, a chiedere di dirimere il caso in un’aula di tribunale”. Di cose da chiarire ce ne sono tante. Si spera, per una volta, di andare in fondo. Sono pur sempre soldi pubblici, e i siciliani hanno diritto di sapere a chi vanno. E soprattutto perché.