La parabola di Zamparini a Palermo è una curva a gomito sull’acchianata di Santa Rosalia. Accolto in città come Il santo patrono della nord, ha finito per cadere giù come un dio rinnegato.

Ricordo ancora il suo avvento. La città colorata a festa, le bandierine rosa con la A stampata al centro che penzolavano da fili tra i balconi, automobili e motorini con i fregi del Palermo, u sapuri ru gol che si mescolava alla flagranza abbrustolita delle stigghiola, i bambini finalmente con le maglie rosanero, i fedeli che la Domenica gremivano il santuario della Favorita per assistere, braccia in aria, ai miracoli di profeti latini e campioni italiani. E com’erano lontani i tempi in cui guardavamo l’Europa in televisione, com’erano lontani i tempi di Gonnella, Biffi gol e radiazione!

Il miracolo era collettivo, l’estasi generale, il santo era divenuto un dio da venerare. Mangiava allenatori, vendeva beniamini, prometteva e deludeva. Ma tutto gli era concesso, perché “Grazie Presidente” era un grido che sovrastava ogni mugugno, perché quella A era una lettera scarlatta sulle vergogne di un passato infame e senza gloria.

Ma a un certo punto il santo smette di sudare e diventa peccatore. Spera nel perdono, ma i fedeli non perdonano, la bibbia del pallone non lo contempla. Allora il santo peccatore reclama i suoi miracoli e pretende devozione senza tempo, tuonando disperato contro chi ha dimenticato. Ma i fedeli del pallone non dimenticano; al contrario, ricordano bene il paradiso e per questo il loro inferno adesso brucia ancor di più.

Zamparini se ne va, gli spalti ora sono vuoti, i caroselli ammutoliti, sule spalle dei bambini tornano a fare capolino numeri e nomi lontani e ogni gol ha il gusto amaro di un ghiacciolo all’arancia annacquato.

Se ne va, lasciandosi alle spalle una tifoseria che brucia di rabbia e di passione tormentata, lasciando i suoi fedeli con gli occhi pieni e le mani vuote. Mani che un tempo lo applaudivano e che oggi lo mandano a quel paese.
Forse un giorno ci sarà un agiografo che scriverà di lui, forse il tempo riabiliterà il santo patrono della nord; ma la storia oggi è un’altra ed è la triste storia di un presidente che venne a edificare una cattedrale e se ne andò lasciando veleni e deserto dietro di sé.