Il vecchio detto che con la cultura non si mangia, trova conferma nell’Isola. I dati dei musei siciliani non sono molto confortanti: nel report diffuso qualche giorno fa dal Dipartimento ai beni culturali della Regione, oltre al dato generale (28,5 milioni d’incassi nel 2019, ma vanno considerati anche le aree archeologiche), fa riflettere come alcune strutture, palazzo Abatellis o il Museo Salinas di Palermo in primis, non riescano a cambiare passo in termini di fruizione e guadagni. Anzi, risultano in perdita rispetto al 2018: da palazzo Abatellis sono passati 38 mila visitatori complessivi (rispetto ai 52 mila dell’anno precedente), con appena 91 mila euro d’incasso; il museo Salinas riscuote un po’ di più, ma ha visto scendere le presenze di oltre 4 mila unità. E non può essere stata solo colpa della rimozione di Francesca Spatafora: l’ex direttrice del museo – nonostante la sollevazione del mondo della cultura (sono arrivate le firme di 120 docenti per “bloccare” Musumeci) ­– è stata trasferita dalla Regione al parco di Himera, Solunto e Jato. Era metà giugno.

Già, Musumeci. Il presidente della Regione, ormai dal marzo scorso e dall’incidente aereo costato la vita a Sebastiano Tusa, ha assunto l’incarico ad interim. Tra i suoi buoni propositi del 2020, c’è “la riqualificazione di dieci parchi archeologici, da me istituiti nel 2019”. Un anno che passerà alla storia, oltre che per la tragica fine di Tusa, per i numerosi “spostamenti” interni. Come quello di Giuseppe Parrello, che stava lavorando bene alla Valle dei Templi ed è stato chiamato a coordinare tutti i parchi siciliani. All’inizio suscitò polemiche. Ma stando ai numeri, almeno questa sembra una buona intuizione. Dei 28,5 milioni d’incassi portati a casa nel 2019, l’80% provengono da quattro aree. Il teatro Greco di Taormina, che ha ottenuto 7,5 milioni dalla sbigliettamento (comunque in calo di 600 mila euro); la Valle dei Templi, che si è fermata a 6,7; la Neapolis di Siracusa e l’Orecchio di Dioniso, che tengono botta con quasi 5 milioni d’incasso; e la Villa del Casale di Piazza Armerina. Ma le ultime due sono in perdita a livello di visitatori. I turisti, in definitiva, sono 5 milioni, in leggero decremento rispetto ai 5,1 del 2018.

La cosa positiva è che è stato notevolmente ridotta (del 9% circa) la voce “biglietti gratuiti”. Chi entra, paga: e il risultato si è visto tutto (300 mila euro complessivi in più rispetto al 2018). Esaurito il capitolo delle aree archeologiche, il resto dello scenario però è da pianto greco. Fra i musei storici, che incassano però meno di 100 mila euro l’anno (cioè di 250 euro al giorno) c’è anche la galleria di palazzo Bellomo a Ortigia, che vede un crollo dei visitatori: dai 21 mila a 18 mila. Mentre il deputato del Movimento 5 Stelle, Nuccio Di Paola, ha segnalato che nel computo dei 78 siti regionali passati al setaccio, ce ne sono sei che risultano tuttora chiusi: si tratta del Museo Archeologico di Gela, del Museo di Camarina (dove sono in corso dei lavori di restyling, ma nel 2018 ha incassato meno di 9 mila euro), della chiesa-museo di San Francesco Borgia a Catania, oltre che della aree archeologiche del Parco Forza (a Ispica, nel Ragusano), di Santa Venere al Pozzo (ad Aci Catena) e delle Cave di Cusa. Piccoli diamanti dimenticati.

La flessione più impietosa, a livello territoriale, è quella della provincia di Caltanissetta, che in dodici mesi ha visto crollare gli incassi del 52% (il totale è di 6.500 euro, quanto uno stipendio da parlamentare regionale al netto dei rimborsi): da un lato per la chiusura del Museo di Gela, di cui restano visitabili soltanto le aree archeologiche; dall’altro perché gli altri siti (fra cui il Museo di Marianopoli, lodato pubblicamente dall’ex assessore Tusa) non tirano abbastanza. In flessione anche Ragusa, Enna e Trapani, oltre a Palermo che fa registrare un calo di portata ridotta (meno dell’1%). Ma va fortissimo il Duomo di Monreale, patrimonio dell’Unesco assieme alla cattedrale di Cefalù, che conquista la top 5 dei siti siciliani, vedendo accrescere i propri ricavi del 10%.

Di recente la Regione ha impegnato 17 milioni di euro per realizzare la videosorveglianza, le recinzioni, i servizi igienici (sono tutti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria) nei parchi archeologici, che Musumeci ritiene “la chiave di volta per lo sviluppo del territorio e del turismo culturale”. E’ uno dei segnali offerti dalla politica a sostegno della cultura. Restano grossi dubbi sull’utilizzo dei musei. Ci ha provato l’ex assessore ai Beni culturali, Vittorio Sgarbi, a fugarne alcuni nel corso di un’intervista rilasciata a “Repubblica”: “In Sicilia bisogna tenere i musei aperti dalle 17 a mezzanotte – ha detto il critico d’arte – Nessuno sceglie un luogo chiuso quando c’è ancora luce. Un altro esperimento da provare è aprire un bar o un ristorante dentro un museo, in modo da incentivare le visite. L’orario continuato ha senso a Milano, in Sicilia bisogna programmare attività culturali all’aperto la mattina, aprire i siti archeologici nel primo pomeriggio e dalle 17 i musei”.

Sgarbi è anche fra quelli che, di recente, ha suggerito a Musumeci di nominare un nuovo assessore: fece i nomi di Gianni Puglisi, rettore dell’università Kore di Enna, e di Alain Elkann, giornalista de “La Stampa” e docente alla University of Pennsylvania. Il classico “esterno” per importare in Sicilia un modello virtuoso. Come era un tecnico, e fuori dagli schemi di partito, anche Sebastiano Tusa. Ma sul suo successore la partita è bloccata da mesi. Il governatore si è consultato con la propria maggioranza, da cui sembrava aver avuto carta bianca (a settembre); ha preso tempo, e di recente ha comunicato che manterrà la delega fino all’anniversario della morte del professor Tusa. Nel frattempo, aveva avvertito che scegliere una figura di spessore per i beni culturali è molto arduo. Più che fare l’assessore ad interim. Insomma, non si annuncia una scelta facile né veloce.

In una delle ultime riunioni della V commissione, prima di Capodanno, il Movimento 5 Stelle ha chiesto formalmente di passare dalle parole ai fatti: “Volevamo procedere con una risoluzione – spiega il deputato Nuccio Di Paola – ma i componenti della maggioranza ci hanno fatto sapere che si sarebbero fatti portavoce, presso Musumeci, per rappresentare l’esigenza della nomina di un nuovo assessore”. Perché questa fretta? “Il presidente della Regione, nel suo ruolo di facente funzioni, non ha mai partecipato alle audizioni, né ai lavori della commissione. Non basta la presenza del direttore generale del dipartimento, serve una figura politica che prenda decisioni e con cui confrontarsi”.

Gli ultimi indizi sulla possibile nomina arrivano da Caltanissetta. Dove Rosalba Panvini, che è anche soprintendente ai Beni culturali di Catania, ha lasciato l’incarico di commissario del Libero Consorzio a Duilio Alongi, capo del Genio Civile. Il decreto di sostituzione – che riguarda anche le ex province di Enna e Siracusa – è stato firmato dallo stesso Musumeci, che ha ringraziato la Panvini e gli altri per “l’appassionante impegno profuso” alla guida degli enti d’area vasta. La Panvini era anche la “preferita” del governatore, mesi fa, per rivestire la posizione in giunta rimasta vacante. Il suo nome è circolato a lungo, ma non aveva scaldato i cuori degli alleati. Stando alle ultime notizie di mercato, il governatore avrebbe offerto l’assessorato alla Lega (lo scrive il collega Mario Barresi su “La Sicilia”), proprio in occasione della costituzione del nuovo gruppo all’Assemblea regionale. Ma si è visto rispondere picche: per il Carroccio sarebbe meglio attendere il rimpasto promesso a giugno e strappare l’Agricoltura.