Salvini, il Capitano, ha pensato di affidare le chiavi (e le sorti) della Lega a un Generale: Roberto Vannacci. Il Capo di Stato maggiore del Comando delle Forze Operative Terrestri, più che alle sue imprese militari, deve la sua fama al contestatissimo libro “Il mondo al contrario”, che a quanto pare l’attuale vicepremier ha apprezzato a tal punto – nonostante i contenuti omofobi e sessisti – da chiedergli di scendere in politica e salvare l’immagine di un Carroccio ridotto male: “Stimo Roberto Vannacci, persona diffamata e ostracizzata per un libro, che ho letto e di cui condivido alcuni passaggi”, ha detto Salvini. Le Europee saranno per lui il vero banco di prova, perché ricuciranno una volta per tutte il gap fra il risultato di cinque anni fa, prima del Papeete, e la realtà di un partito soffocato dalla Meloni. Che dopo avergli “scippato” la Sardegna (manca solo l’ufficialità della mancata ricandidatura di Solinas), tenterà per una delle regioni del Nord (Veneto o Lombardia).

L’attualità più spicciola si chiama Vannacci: fosse una delegazione olimpica, Salvini l’avrebbe scelto come portabandiera. Capolista in cinque circoscrizioni perché – è evidente – si fida più del Generale che dei suoi. A partire dagli uscenti. Il problema è che gli spazi del Carroccio in Europa si ridurranno drasticamente: nel 2019, quando Matteo spopolava da ministro dell’Interno del Conte-1, impegnatissimo nella lotta contro le Ong e le barcarole cariche di migranti, la Lega ottenne il 34% ed elesse 29 deputati all’Europarlamento. Ventinove, di cui un paio in Sicilia (dove il partito superò per la prima volta nella storia il 20 per cento): la transfuga Francesca Donato (oggi alla Dc) e la fedelissima Annalisa Tardino (divenuta anche segretaria regionale).

Secondo le proiezioni attuali, che partono da sondaggi semi-disastrosi (con la Lega intorno all’8 per cento), a Bruxelles e Strasburgo ci sarà spazio solo per otto deputati. Il contingente leghista sarà più che dimezzato. Di conseguenza Tardino e soci non potranno accettare a cuor leggero la candidatura di un ‘papa straniero’, come si è soliti fare alle Politiche coi ‘paracadutati’. In Europa i posti sono quelli che sono, e comunque troppo pochi rispetto alle velleità dei salviniani. Persino il capogruppo del Carroccio alla Camera, Riccardo Molinari, si è espresso con scarso entusiasmo nei confronti di Vannacci (prendendone le distanze rispetto ad alcune dichiarazioni di stampo fascista), e ha spiegato che la Lega gode già di “bravissimi parlamentari uscenti” e di un’ottima classe dirigente; ribadendo, comunque, che fra il segretario Salvini e il Generale ci sono soltanto delle interlocuzioni.

Ma nel partito rischia di divampare l’incendio. E per Salvini non sarà facile gestire la situazione.  Specie se l’esito delle urne, con Vannacci capolista, si rivelasse un flop. L’obiettivo è superare il 10 per cento. Non ci siamo ancora. Anche in Sicilia tira una bella tramontana, con la Tardino pronta a fare un passo indietro da segretario per garantirsi la candidatura (incompatibile con l’attuale incarico) e, magari, la rielezione. La sua corsa, però, è piena d’ostacoli: la parlamentare licatese gode della stima di Salvini, che ha apprezzato la sua attività e il suo attivismo in questi cinque anni a Bruxelles, e dell’appoggio di Raffaele Lombardo, disposto ad appoggiarla. Ma dovrà incrociare le spade col team di Luca Sammartino, attuale vicepresidente della Regione, che qualche mese fa ha dovuto buttare giù il primo boccone amaro: cioè la rinuncia alla candidatura della sua compagna, Valeria Sudano, a sindaco di Catania. Anche e soprattutto dopo il niet del Mpa.

E’ impensabile che Sammartino stenda il tappeto rosso a una candidata sostenuta da Lombardo, il suo arcirivale ‘federato’; è più probabile che s’impegni a supporto di Mimmo Turano, attuale assessore all’Istruzione nella giunta di Renato Schifani, il cui nome circola (eccome!) per le Europee. Per garantirsi un seggio la Lega ha bisogno di mettere sul piatto nomi pesanti, sebbene alle spalle del capolista Vannacci, ma questo incrocio Tardino (Lombardo)-Sammartino potrebbe generare un cortocircuito pericoloso. Che ci sia un po’ di maretta è evidente: la settimana scorsa, in occasione dell’udienza su Open Arms a Palermo, Salvini ha evitato di convocare il direttivo siciliano, come fa di solito, preferendo concentrarsi sulle sue vicende giudiziarie. Si sarebbe dovuto affrontare il nodo della successione di Tardino, una poltrona contesa da Marianna Caronia, sponsorizzata proprio dall’eurodeputata, e Nino Germanà, proposto da Sammartino. Inoltre, si sarebbero registrate nuove frizioni rispetto alla federazione con il Mpa: è grazie a quest’asse, voluto da Salvini e Lombardo, che la Lega – però – rimarrà in lotta per un seggio anche nella circoscrizione Isole e che, soprattutto, potrà avere un peso specifico rilevante in tutte le scelte di governo operate da Schifani, a partire dalla spartizione dei manager della sanità.

Se ognuno dei due partiti fosse rimasto fedele al proprio campanile, non avrebbe avuto i necessari margini di manovra per contrastare, o riequilibrare, le scelte del governatore e le prepotenze di Fratelli d’Italia. La sommatoria di due progetti, al tempo stesso, preoccupa ed esalta. Certamente confonde. Così come il tentativo di giustificare in ogni modo la riforma Calderoli sull’autonomia differenziata: anche i leghisti e gli autonomisti di Sicilia, presto o tardi, saranno tenuti a spiegare quali reali benefici comporterà il federalismo per l’Isola, e con quali strumenti il governo nazionale potrà garantire i livelli essenziali delle prestazioni, per evitare l’allargamento della forbice con le regioni più sviluppate. Temi spinosi, noiosi, persino desueti rispetto alle candidature alle Europee e al presagio sempre più insistente di una rottura.