Sulla testa di Bruno Marziano, assessore all’Istruzione della giunta Crocetta, pendeva la minaccia di una commissione d’inchiesta se non fosse intervenuto, motu proprio, per modificare gli enti accreditati alla graduatoria dell’Avviso 8 della Formazione professionale. Che aveva lasciato fuori l’Anfe (acronimo di Associazione nazionale famiglie emigranti), il giocattolo in mano a Giovanni Lo Sciuto, deputato regionale di Ncd e Forza Italia, e Paolo Genco, imprenditore nativo di Salemi. Che alimentavano i propri appetiti in un sistema ben collaudato di “do ut des”: Genco offriva a Lo Sciuto un lauto numero di assunzioni – ci sono anche le mogli di due poliziotti finiti nella rete e nell’inchiesta di Castelvetrano – che si sarebbero tradotte (alla bisogna) in preferenze elettorali e in una salda permanenza nei palazzi del potere; Lo Sciuto garantiva a Genco di vigilare sulle sorti dell’Ente (destinatario dei fondi per organizzare i corsi) e agevolarne la ramificazione nel mondo della Formazione professionale, divenuta un’autentica mangiatoia per l’uno e per l’altro. La Formazione, che non ha mai agevolato i siciliani nella ricerca di un posto di lavoro, è diventata una torta ghiottissima da spartire, uno stipendificio da cui la politica non poteva rimanere fuori. Così come teorizzava in tempi non sospetti lo stesso Giovanni Lo Sciuto: “La politica senza posti di lavoro non ha dove andare”.

Se qualcuno si fosse messo in mezzo, procurando nocumento agli affari, doveva fare i conti con loro. Avvenne a Bruno Marziano, che nel 2016 entrò nel mirino del deputato regionale. Disposto a tutto, persino a provocare una crisi parlamentare, se l’assessore non avesse condiviso e accettato le sue rimostranze. “Però gliel’ho detto – racconta Lo Sciuto a Genco, in una delle intercettazioni raccolte dagli inquirenti – ‘o revochi l’accreditamento a… o succede un inferno, capito? Altrimenti facciamo una commissione di inchiesta! E non vogliamo sapere più niente!”. E lui si è impegnato a risolvere la cosa, Paolo… Ora vediamo quello che succede!”. L’Anfe non era stato accreditato alla graduatoria dell’Avviso 8: un’esclusione frutto della scelta del governo Crocetta, che aveva deciso di non premiare gli enti “storici” a dispetto di quelli più giovani. Un bel gruzzolo di denaro andato perso. Niente assunzioni, niente voto di scambio. Una mossa inaccettabile per il tandem, che, nelle parole di Lo Sciuto, arriva a teorizzare la caduta della maggioranza di governo: “Paolo – fa Lo Sciuto in una conversazione -… tu mi hai detto “dovete bloccare il governo”. Io che ti ho detto? Ho bloccato il governo. E ti sto dicendo che se non sistemiamo questa cosa, noi non votiamo niente. E facciamo una crisi… alla Finanziaria non ci votiamo niente… non ci votiamo niente”. Marziano è sotto scacco: “Ho visto l’assessore in stato confusionale – dice ancora Lo Sciuto -. Gli ho detto “trova una soluzione”… vediamo se la soluzione interessa”. Oggi Marziano ammette: “Mi sono sentito politicamente minacciato, tra richieste di dimissioni e mozioni di sfiducia. Ma non furono i soli”.

Sia Lo Sciuto che Genco sono finiti in carcere nell’ambito dell’operazione Artemisia, che vede il primo a capo di una superloggia segreta, che ha come unico obiettivo quello di smistare favori e clientele; e l’altro come uno dei beneficiari di questo meccanismo collaudato. Non solo: Lo Sciuto, su alcuni fronti della sua attività politica, sarebbe solo l’altoparlante di Genco. Come emerge dalle carte della magistratura, infatti, “diverse iniziative politiche del Lo Sciuto, quali presentazione di emendamenti, convocazioni della V° Commissione ed ordini del giorno, siano stati in realtà preparati o suggeriti da Genco Paolo per la tutela del proprio ente. Parimenti importanti erano i canali ministeriali che il politico metteva a disposizione dell’imprenditore, rappresentati soprattutto da quelli all’interno del Ministero degli Interni”. Che poi era quello di Angelino Alfano e del suo segretario particolare, Giovannantonio Macchiarola, la talpa da cui uscì fuori che erano tutti nel mirino della magistratura.

Anche se il principale affluente politico dell’Anfe ha poco a che fare con il centro di Alfano. Si staglia su orizzonti più di destra. Ma bisogna tornare indietro nel tempo. Questa associazione, nata nel 1947 “per rispondere alla necessità di assistenza degli emigranti e delle loro famiglie nella tutela dei loro diritti e a sostegno delle comunità italiane nel mondo” e “per il mantenimento dei collegamenti con la terra d’origine”, è stata guidata per una trentina d’anni da Learco Saporito, un politico di lungo corso formatosi nella Democrazia Cristiana, ma fra i primi a sposare la causa della fiamma di Alleanza Nazionale. Saporito fu compagno di partito di Gianfranco Fini e Nello Musumeci. Scomparso nel 2016 all’età di 80 anni, è stato a lungo senatore, nonché sottosegretario in due distinti governi Berlusconi. Per una trentina d’anni pure al vertice dell’Anfe: solo nel 2010 ha deciso di diventare presidente “onorario” e cedere lo scettro del comando a Paolo Genco, che era già responsabile di una delle sedici strutture territoriali che facevano capo all’associazione (quella siciliana). Cosa c’entri un’associazione che si occupa di migranti con la formazione professionale è parzialmente spiegato nel suo statuto: “L’A.N.F.E. Associazione Nazionale Famiglie degli Emigrati – si legge – è un’Associazione di promozione sociale, apartitica, aconfessionale, interetnica e la sua missione, nel rispetto della sua identità e natura giuridica di “ente morale”, è di svolgere attività di promozione sociale in campo Assistenziale, Socio-Sanitario, Culturale, Educativo, dell’Orientamento e della Formazione Professionale”.

Che di morale ci sia davvero poco lo si intuisce nel 2017 – periodo successivo alle intercettazioni emerse in questi giorni – quando scoppia lo scandalo. Il primo. Anche Genco finisce in carcere con l’accusa di truffa aggravata. Il processo è ancora in corso. Ma, stando ai magistrati, nelle sue tasche e in quelle dell’imprenditore Baldassarre Di Giovanni, sarebbero finiti 53 milioni di euro elargiti dalla Comunità Europea fra il 2010 e il 2013. All’epoca dei fatti Genco si autosospese dalla carica di presidente, dichiarando la totale estraneità ai fatti contestati. Sebbene, secondo la procura, avrebbe falsificato una quantità industriale di fatture per giustificare spese mai sostenute. Quei soldi sarebbero serviti per acquistare immobili (ne sono stati sequestrati 41), che in parte avrebbero ospitato i corsi della Formazione. Permettendo all’uomo venuto da Salemi il doppio dei guadagni. Il procuratore aggiunto di Trapani definì la presunta truffa “un saccheggio di denaro pubblico con una creazione mostruosa di carte false”.

Genco, da sempre gradito alla politica, fino ad allora non era mai stato sfiorato dalle inchieste. Ma il circo del 2017 fa il paio con l’attuale. La mole di affari intorno all’Anfe è sempre stato elevatissimo: l’Ente, in occasione dei piani per l’offerta formativa o degli avvisi finanziati con soldi comunitari, riusciva ad attrarre nelle proprie casse, ogni anno, una cifra fra i 15 e i 20 milioni di euro. Saputo della prima inchiesta, la Regione ha ritirato l’accreditamento. I mancati introiti hanno determinato una lettera di licenziamento automatica per 700 lavoratori, 80 dei quali si sono costituiti parte civile al processo. E sapete chi ha revocato l’accreditamento all’Anfe? Tale Gianni Silvia, dirigente della Regione, che all’epoca ritenne “gravi e rilevanti i fatti accertati dall’Autorità giudiziaria”, mentre la posizione di Genco avrebbe inciso “sulla moralità professionale dello stesso e, in generale, sul rapporto fiduciario che si instaura tra l’amministrazione e l’ente con l’erogazione di provvidenze pubbliche”.

Il nome di Silvia ricompare nelle carte di Castelvetrano. Lo Sciuto e Genco vedevano in lui e nell’assessore Marziano i principali ostacoli nel consolidamento di una prassi: soldi e assunzioni all’Anfe, sostegno elettorale al politico. Così gli fecero intorno terra bruciata. Quanto meno, ci provarono. “Hanno lasciato fuori tutti gli enti storici – dice Genco in una conversazione con Lo Sciuto – Hanno premiato la Scilabra (assessore al Lavoro prima di Marziano) con il suo ente, l’Eres… Marziano ha salvato i suoi enti, quelli che gli interessavano… ad Antonello Cracolici e Concetta Raia”. L’osmosi fra politica e formazione era così consolidata da credere che tutti gli enti avessero dei protettori. E che protettori ottenessero agevolazioni per i propri amici e la propria poltrona. Un circolo vizioso in cui un comune mortale faticherebbe a destreggiarsi. Ci proverà la magistratura.