Ci voleva anche l’inchiesta sull’eolico – che nel filone romano ha portato all’accusa di corruzione per il sottosegretario leghista Armando Siri – ad agitare ulteriormente le acque di palazzo d’Orleans, diventate sempre più torbide. Nelle carte della magistratura (l’inchiesta ha preso il via dalla Dda di Palermo) si fanno i nomi di due assessori, Pierobon e Cordaro, che avrebbero ricevuto pressioni da parte di un ex deputato di Forza Italia, Francesco Paolo Arata, per il rilascio di autorizzazioni che competono al dipartimento Energia. In ballo ci sarebbero bei quattrini. I due componenti della giunta Musumeci hanno respinto qualsiasi ipotesi di coinvolgimento – e non risultano indagati, verranno sentite come persone informate dei fatti – ma non hanno ingentilito il clima che si respira nelle ultime settimane all’interno della politica siciliana. Musumeci, che aveva esibito il cartellino dell’onestà durante l’ultima campagna elettorale, ha quattro assessori indagati: lo stesso Cordaro, per voto di scambio, ma anche Turano, Falcone e Lagalla. All’Ars sono sedici i deputati sotto inchiesta. Non è un quadro normale, diceva il presidente della Commissione Antimafia Claudio Fava. L’unica proposta, arrivata dallo stesso Fava e dai Cinque Stelle, era quella di convocare un dibattito parlamentare sulla questione morale (che non è stato ancora calendarizzato). Per il resto, silenzio. Un imbarazzante e rumorosissimo silenzio.