Per lo sviluppo della Sicilia non ci sono più soldi. Solo marchette (quelle inserite nell’ultima Legge di Stabilità). Molti finanziamenti, infatti, sono andati persi. Come il miliardo di fondi statali Fsc, afferenti alla programmazione 2014-20, che la Regione non è riuscita a legare, secondo la denuncia del M5s, a obblighi giuridicamente vincolanti. In assenza dei progetti, le risorse evaporano. O, peggio ancora, rischiano di finire ad altri territori meno “dannati” del nostro. Una beffa che la senatrice del Movimento 5 Stelle, Ketty Damante, proverà ad evitare: “Queste risorse hanno un vincolo di destinazione dell’80% al Mezzogiorno e la loro mancata spesa, anche per colpa dell’incapacità di alcune amministrazioni territoriali, non può fornire il pretesto per eludere quel vincolo. Il M5S – dice – presenterà al Senato emendamenti ad hoc per far sì che i fondi in questione, recuperati e riprogrammati, vadano comunque a quei territori per i quali nascono i relativi stanziamenti”.

Sarà un processo insidioso. Che conferma, qualora ce ne fosse bisogno, l’insipienza di certa classe dirigente. Che pure, a fine anno, si è spesso vantata di non aver restituito un solo euro a Bruxelles. Il caso dei fondi comunitari è un altro capitolo spinoso. Ci sono degli obblighi di legge che impegnano a spendere e rendicontare ancora un paio di miliardi (su quattro) da qui al 31 dicembre. Anche in questo caso si tratta di risorse legate alla programmazione 2014-20. Il rischio è di perderne una grossa fetta: “È letteralmente impossibile che si riesca a rispettare le scadenze – ha detto il deputato Luigi Sunseri, attuale presidente della commissione UE a Palazzo dei Normanni -. Secondo i nostri calcoli la Regione perderà circa 500 milioni di euro”. Quattro si sono già polverizzati: avrebbero consentito la realizzazione della mostra fotografica “Sicily, Women and Cinema” al Festival di Cannes, ma il ritiro del provvedimento in autotutela ha fatto venir meno la dotazione messa a disposizione dall’UE. Sia i precedenti che la prospettiva sono allarmanti. Per il momento, però, Schifani non se ne cura. Gli basta aver recuperato 339 milioni dalla norma “straccia bollo”, che ha esteso fino al 28 febbraio la possibilità di pagare gli arretrati della tassa automobilistica senza sanzioni e interessi.

Lo sviluppo dell’Isola resta, invece, un contenitore senza idee. Un cantiere senza operai. Al netto dei progetti garantiti dal Pnrr, non si muove nulla. Al contrario, le occasioni perse si moltiplicano. E gli sprechi pure. La Regione, in questi primi mesi di governo Schifani, ha agito in continuità coi predecessori. Ha accumulato buchi e magre figure. Come in sede di parifica del rendiconto 2020, su cui la Corte dei Conti ha deciso di sorvolare. A prendere una decisione per tutti – è ancora sub judice l’interpretazione del decreto legislativo che avrebbe consentito la spalmatura del disavanzo in dieci anni – sarà la Corte Costituzionale. Mentre la Regione, a spizzichi e bocconi, ha provato a sanare le numerose irregolarità segnalate dai magistrati. Nel frattempo si è andati avanti con l’approvazione del rendiconto 2021, che dovrà essere a sua volta parificato, e di due bilanci consolidati (2020 e 2021) senza aver sbrogliato un solo nodo sulle partecipate. Che erano e restano dei carrozzoni succhiasoldi.

“I bilanci presentati dal governo – sostiene il solito Sunseri (M5s) – sono molto lacunosi e fotografano la totale assenza di collaborazione tra Regione ed Enti controllati: mancano i bilanci di tanti Enti, alcuni dei quali ricevono sostanziose erogazioni da parte della Regione, come la Foss, l’Esa, il Brass, l’Irsap. Di alcuni Enti, che non hanno fornito alcun riscontro alle richieste di informazioni, non è nemmeno dato di sapere cosa facciano, mi riferisco, ad esempio, al consorzio di ricerca Bes, di cui non esiste nemmeno un sito da cui poter ricavare le informazioni relative alla gestione delle risorse pubbliche e il cui presidente, in passato, si è autonominato come consulente”. Poche righe di comunicato per chiarire che, ancora una volta, non c’è alcuna chiarezza: né sotto il profilo gestionale, tanto meno sotto il profilo contabile. Qualche magistrato, in futuro, dovrà intervenire, anche se i numerosi rilievi già effettuati sono risultati carta straccia.

Povera Sicilia. Dalla riqualificazione degli enti controllati e vigilati, come recitava il vecchio Accordo Stato-Regione firmato da Conte e Musumeci, si sarebbe potuta (e dovuta) riqualificare la spesa. Invece, all’interno delle partecipate, non si fa altro che contare i “morti”: anche l’Ast, ad esempio, versa in una situazione disastrosa, con 70 milioni di passivo e un futuro da inventare. Mentre alla Gesap e al sindaco di Palermo già tremano i polsi di fronte all’ipotesi di una fusione con Airgest, la società che controlla lo scalo di Trapani, e che ogni anno esige cospicue ricapitalizzazioni da parte di mamma Regione. “Non possiamo accollarci tutti i debiti”, è il succo del discorso. In questi anni, fra Musumeci e Schifani, non si è chiuso un solo ente di quelli in liquidazione. Il divario tra la vita reale e gli annunci è esposto proprio qui, nella galleria delle vergogne.

Tra i numerosi conti che non tornano ci sono quelli della sanità. I famosi 400 milioni che, secondo l’ex dirigente alla Pianificazione strategica, Mario La Rocca, rischiano di mancare all’appello, venendo meno, da parte dello Stato, le iniezioni di denaro dovute dell’emergenza Covid. Una seduta in commissione Salute ha ridotto la portata del rischio a 120 milioni. Che da qualche parte, però, bisognerà recuperare. E’ in questo solco che s’è innescato il diverbio tra Fratelli d’Italia, che reclama proroghe e stabilizzazioni a spron battuto per il personale, e Forza Italia, che invece sposa il principio di cautela. Il “taglio” potrebbe riguardare le Aziende sanitarie e ospedaliere e i servizi al cittadino, e come sempre la ruota riprenderà a girare. Poiché non si trovano gli autori responsabili dello sfascio, ricade tutto sui siciliani. Le liste d’attesa, le magagne nei Pronto soccorso, i costi delle prestazioni sanitarie, ma anche la mancanza di una strategia di sviluppo – in linea generale – che anno dopo anno ci riconsegna una terra sempre più asfittica di opportunità e di risorse. Quelle che c’erano non sono state in grado di gestirle.

L’unica cosa che resta sono le mance inserite in Finanziaria, una legge omnibus (mai come quest’anno) a uso e consumo dei clientes elettorali e dei deputati; gli aumenti alle indennità dei parlamentari, in nome dell’aumento del costo della vita (come se l’inflazione riguardasse soltanto la “casta”): le asinerie della burocrazia, che blocca i crediti alle imprese; il servilismo della politica siciliana a quella nazionale (l’adesione al testo di riforma sull’autonomia differenziata è l’esempio più recente). E’ per questo che i giovani spariscono. Che la gente si stanca e se ne va.