Vuota il sacco Silvana Saguto. L’ex magistrato – anche se lei ci tiene a chiarire che “io giudice lo sono ancora. Ho impugnato la radiazione in Cassazione” – tira fuori un’agendina blu, e di fronte alla giuria del tribunale di Caltanissetta, dove l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo è imputata per la gestione dei beni confiscati alla mafia e la nomina di amministratori giudiziari, diventa un fiume in piena. Tira dentro tutti: colleghi, avvocati, finanzieri. Tutti rei di averle segnalato dei nomi per la gestione dei beni confiscati a Cosa Nostra. Una missione per cui la Saguto avrebbe dato anche la vita: “Sono entrata in magistratura nel 1981, ho avuto maestri come Chinnici, Falcone e Borsellino. La mafia voleva uccidermi, ma io non avevo paura di morire, Ciancimino in una intercettazione diceva che a “quella” bisognava farla saltare in aria. Con me a Palermo i sequestri sono aumentati del 400%”.

E’ dopo che nascono i problemi, secondo l’accusa. Quando la Saguto crea un cerchio magico di fedelissimi cui affida la gestione delle confische. Ma non è lei il “mostro”, stando all’agendina. E comincia a spifferare tutto: “L’ho ritrovata per caso l’altro giorno. Dentro ci mettevo i biglietti per le segnalazioni che mi facevano ogni giorno. Intendiamoci, è giusto che le facessero perché mi fidavo di quelle persone e io cercavo validi amministratori giudiziari a cui affidare la gestione dei beni”. E via con l’elenco: “Intanto, arrivavano dai miei colleghi: La Cascia, Guarnotta, D’Agati, Tona. Ma c’erano anche avvocati che mi facevano le segnalazioni. Chiedevo solo che fossero persone qualificate, soprattutto persone che provenivano dal Dems, il corso voluto dai professori universitari Fiandaca e Visconti”. Fra i segnalati cita Marco Nicola Luca, Stefano Mandalà, anche se “non so chi siano”.

Poi Saguto si ritrova di fronte i giornalisti. E l’elenco prosegue: “Colleghi, componenti della questura di Palermo, della Dia, della Guardia di Finanza, esponenti delle istituzioni. Ma non politici”. E riprende dai magistrati: “Pignatone, Caputo, Alcamo, Licata, Chiaramonte, Binenti. Puglisi e Ingargiola, dopo la fine dei loro incarichi in tribunale. Anche Vietti quando non era più vicepresidente del Csm”. La teoria del “così fan tutti”, per alleggerire la morsa e ripulirsi la coscienza. Quell’agenda sbucata all’ultimo minuto, un coup de theatre inatteso. “La depositeremo presto agli atti”. Saguto procede a ruota libera fin quando i pm Bonaccorso e Pasciuti iniziano a leggerle alcune intercettazioni. Dal “così fan tutti” al “non ricordo” è un attimo. Fino al prossimo show.