Una sanità parallela, e del tutto fuori controllo, è quella che emerge dalle intercettazioni rese note dalla Procura di Palermo, nell’ambito dell’inchiesta sul Policlinico Giaccone che ha portato a due arresti – tra cui l’ex primario del reparto di Chirurgia, Gaspare Gulotta, tuttora ai domiciliari – e undici interdittive. Un giro vorticoso di concorsi truccati che rivela, oggi, l’altra faccia della medaglia: il pressing e le raccomandazioni ad opera dei ‘baroni’ che nessuno controlla.

Uno di questi è Gulotta, che si mette in modo ogni qual volta un amico (più o meno potente) lo sollecita. In un paio di occasioni si rivolge al rettore dell’Università di Palermo, Massimo Midiri, che all’epoca (nel 2019) era il direttore del dipartimento di Diagnostica. E che il 21 agosto 2019, come ripercorre Salvo Palazzolo su Repubblica, si adopera per venire incontro alle esigenze di Gulotta, che “prenota” personalmente una Tac al torace: “È il fratello di un grande amico mio”, spiegò. Il collega rispose: “La facciamo, non ti preoccupare, ora chiamo Brancatelli e ti faccio sapere… è da te ricoverato già?”. Gulotta gli spiegò che era un “esterno”. Ma Midiri nel giro di qualche ora ha già risolto: “Domani pomeriggio, alle cinque, deve cercare del dottore Lo Re… gliela fa lui, va bene?”. Generalmente, per un esame del genere, bisogna attendere una trentina di giorni.

E passare dal Cup, il centro unico per le prenotazioni che molti amici del “barone”, invece, disconoscono. Come nel caso di un imprenditore alberghiero che, sentito dagli investigatori, spiega di essere stato convocato nello studio di Gulotta per essere operato – cosa che accadde – senza nemmeno la prenotazione. L’utilizzo ‘privato’ del servizio pubblico è scandalosamente immorale. Specie quando i “furbetti dello scavalco” utilizzano le loro amicizie (e la loro potenza) per sopravanzare gente che avrebbe più bisogno.  Un giorno d’agosto del 2019, a Gulotta arrivò la richiesta di un ricovero urgente per il cognato di un magistrato del Tar. Al Pronto soccorso c’era confusione, così partì una telefonata verso il primario dell’Area di emergenza, Vittorio Giuliano: “Da voi c’è un certo, è il cognato del giudice… dovrebbe avere una colica… lo fai ricoverare”. La risposta fu immediata: “Subito, senza esami te lo ricovero”. Quattro giorni dopo andò in scena l’intervento.

Questo dei furbetti prevaricatori è un mondo assai frequentato. Non riguarda soltanto la sanità. Spesso, tange le orbite delle istituzioni e della politica: come nel caso dell’Ast, una delle società partecipate di palazzo d’Orleans, dove un direttore generale un po’ sui generis si fece beffe di qualsiasi controllo – per lo più precario – prestando il fianco alle richieste della politica. Come se sistemare autisti nell’azienda regionale dei trasporti fosse una prerogativa delle segreterie dei partiti e dei singoli deputati, e non invece una garanzia a tutela dei potenziali interessati. Qui siamo a un altro livello, non ci piove. Ma la nonchalance dell’agire, e la portata delle raccomandazioni a valere sul servizio sanitario, grida vendetta. Non soltanto indignazione.