“C’è un trascorso della giunta Musumeci che nessuno abiura. Ma il futuro della giunta Schifani dovrà basarsi su un’azione rinnovata dal punto di vista dello slancio amministrativo. Anche nella sanità”. Giorgio Mulè, candidato alla Camera nel collegio plurinominale di Palermo, cerca di disinnescare le tensioni all’interno di Forza Italia. La partecipazione di Schifani al convegno organizzato da Razza a Catania, e le parole d’elogio nei confronti dell’assessore, vanno in contrasto con le tesi di Miccichè, che ha già richiesto l’assessorato (non per sé, ma per qualcuno dei suoi) nel prossimo governo. “Sui temi delicati e legati alla vita in senso letterale – chiarisce subito Mulè – non possono giocarsi derby di partito all’interno dei partiti. Ma deve prevalere il buonsenso. La saggezza di Schifani l’ha portato a guardare indietro rispetto all’azione di Ruggero Razza, con la necessità, che lui stesso ha indicato, di una giunta che non sarà formata col bilancino, ma farà perno sulle competenze”.

Se tutto fosse così lineare, Musumeci sarebbe ricandidato alla presidenza della Regione. Invece la figura di Schifani sembra il frutto di un compromesso al ribasso.

“Non penso che questo sia un torneo dove ci si sfida a duello, e il cavaliere che vince si candida. Schifani è il naturale candidato di Forza Italia perché la sua presidenza rappresenta il naturale approdo di una vita vissuta con onore e disciplina, sia nella professione che nelle istituzioni. Con Musumeci non c’è stato alcun derby. FI, non per discontinuità ma dare slancio ulteriore all’azione di governo, ha chiesto di poter assumere la guida della Regione. Fra l’altro non c’è mai stato un governatore di Forza Italia, che in Sicilia gode ancora di grandissimo consenso. Ecco: c’è sembrato opportuno, in questa fase storica, puntare su un volto storico di FI per provare a fare la differenza”.

Tra il voto regionale e quello nazionale c’è una grossa differenza: cioè la presenza di Cateno De Luca.

“Fatico a rintracciare nell’azione di De Luca una proiezione e una visione politica e amministrativa. Si fonda, più che altro, su un nuovo concetto di sintassi della lingua italiana, che metta in fila soggetto, predicato e… parolaccia. Non vedo principi o valori, se non l’obiettivo di affibbiare epiteti irripetibili a chiunque non la pensi alla stessa maniera. In questo, purtroppo, non c’è molta differenza col Pd”.

Si spieghi meglio.

“In queste settimane di full immersion palermitana mi è capitato di rileggere un discorso di Piersanti Mattarella, risalente al ’71, in cui l’ex presidente della Regione, rivolgendosi ai suoi colleghi di partito, se la prendeva con le ‘forze petulanti moralizzatrici’: si riferiva a coloro che parlano del potere altrui, ma esercitano con decisione e spregiudicatezza il proprio. In Sicilia accade puntualmente che forze petulanti e moralizzatrici, come il Pd e i Cinque Stelle, puntino il dito e assegnino patenti di moralità a questo o a quello. Ma, di contro, non riescono mai ad essere competitivi”.

Conte è suo competitor nel plurinominale di Palermo e Bagheria. Quasi 700 mila siciliani percepiscono il Reddito di cittadinanza. Secondo lei a questa regione serve più assistenzialismo o più lavoro?

“La Sicilia ha bisogno di normalità. La normalità è legata alle opportunità di lavoro e slegata dalla disarticolazione di un modello di vita che risiede nell’assistenzialismo e nel sussidio di Stato. Normalità significa mettere le imprese in condizione di assumere. E’ impossibile che in Sicilia ci sia il 60% di disoccupazione giovanile o che le aziende cerchino personale e non lo trovino. E’ impossibile che a Palermo, Trapani o Mazara, a ogni angolo di strada, ci sia un imprenditore o un artigiano, in qualsiasi settore, che offra contratti regolari da 1.200-1.400 euro netti al mese per sei giorni a settimana, e non riesca a trovare gente disposta a lavorare”.

Molti hanno attaccato il Reddito, anche se in campagna elettorale il tiro al bersaglio è rientrato per ovvi motivi: si rischia di perdere voti.

“Il Reddito di cittadinanza va mantenuto nei confronti di chi è bisognoso e vive la povertà; va sottratto, invece, a chi ha paura di lavorare o ha pensato, sulla scorta del Reddito, di restarsene comodamente a casa”.

Oltre a lavoro c’è un problema legato alle infrastrutture e alla sburocratizzazione. La Ragusa-Catania, ad esempio, è rimasta ferma al palo. Esiste una ricetta?

“Non si possono legare i tempi autorizzativi all’umore del dirigente di turno. A livello nazionale, per avere un’autorizzazione, appena saremo al governo al cittadino basterà inviare una mail al Comune o all’ente preposto: così dovrà funzionare a livello regionale. Le autorizzazioni dovranno arrivare secondo una tempistica obbligata. Questo eviterà che i mal di pancia della burocrazia blocchino gli investimenti in entrata”.

Quali sono le altre emergenze?

“Quando parlo di normalità mi riferisco alla capacità di mandare in soffitta la lagnusìa, che risiede in un atteggiamento mentale che non ci fa fare ciò che normalmente va fatto. Dall’approvvigionamento idrico ai rifiuti: bisogna attuare un principio di responsabilità che ricada su ogni lavoratore a tutti i livelli. Dopo di che la Sicilia ha straordinarie possibilità legate al turismo. Gli aeroporti di Palermo e Catania, ad esempio, hanno superato Fiumicino per numero di passeggeri: significa che siamo una Regione straordinariamente appetibile, ma non abbiamo sfruttato a pieno le nostre potenzialità. La Sicilia ha “giacimenti culturali” che possono diventare hub dal punto di vista turistico: non soltanto coi festival e le rassegne, ma aprendo a coloro che, da tutto il mondo, possano portare valore aggiunto in termini di Pil”.

Gaetano Armao, pur essendo uno sfidante del centrodestra alle prossime Regionali, è rimasto in giunta, con Musumeci & Co., fino all’ultimo giorno. Non è un’anomalia?

“E’ un’anomalia, ma non mi sorprendo più di tanto. C’erano tre ministri di Forza Italia nel governo Draghi. Due di essi, da un giorno all’altro, si sono iscritti a un partito che è socio di Matteo Renzi e incarna valori opposti a quelli che i ministri condividevano fino al giorno prima. Questo atteggiamento appartiene non tanto alla debolezza umana, quanto alla coscienza di ognuno che – nel loro caso – spero possa ribollire almeno un po’. Hanno messo tutto nel dimenticatoio, aderendo per opportunismo e interesse privato a una nuova formazione”.

E’ vero che per qualche attimo è stato fra i papabili candidati alla presidenza della Regione nel centrodestra?

“E’ stato un passaggio vero e reale, che mi ha riempito di orgoglio e d’onore. Poi le cose sono andate diversamente a causa di un intoppo burocratico legato all’iscrizione nelle liste elettorali qui in Sicilia. Ma sono felice che Renato sia il candidato alla presidenza della Regione: si tratta della scelta migliore. Per quanto mi riguarda spero di essere eletto alla Camera dai palermitani: andrò a Roma, ma con un biglietto di andata e ritorno…”.