Sarà un Natale talmente luccicoso che sembrerà di stare a Colmar. Quest’anno la Regione siciliana non ha badato a spese e, come “accennato” durante il dibattito sul Collegato-ter, investirà una marea di piccioli in feste e luminarie. A differenza di quanto stabilito nei giorni scorsi in commissione Bilancio, i soldi saranno gestiti dall’assessorato al Turismo, che sceglierà le modalità per assegnarli a Comuni e associazioni (per via amministrativa). I 70 deputati ci hanno dato dentro, prevedendo contributi a pioggia – o meglio, a cascata – per finanziare le feste di paese: 200 mila euro per il Capodanno di Catania, 90 mila per il Natale di Maletto (l’ha gridato inviperito il deputato La Vardera), 50 mila per quello di Raffadali, 20 mila per i viaggi di Babbo Natale a Capaci. Fino alle poche migliaia di euro in palio per i comuni più piccoli, che dovranno accontentarsi di qualche balletto.

Le luci saranno ovunque e si vedranno dalla luna. Indicheranno la scia della regione più bella del mondo. Dove per undici mesi si sonnecchia, ma all’improvviso ci si ricorda di mettere mano al portafogli. E fare festa fino all’Epifania e anche oltre (per il Carnevale di Termini Imerese sono previsti 150 mila euro). Come diceva Maria Antonietta d’Asburgo, “se non hanno più pane, che mangino brioche”. La Sicilia è un passo dal blackout – nella sanità, nei rifiuti, nell’occupazione, nella pubblica amministrazione – annaspa con le riforme, è priva di visione, ma si porta avanti con la campagna elettorale. Non a caso le chiamano mance: ossia la ricompensa per il mestiere di onorevole, che porta con sé oneri e soprattutto onori. Poter disporre di un tesoretto cospicuo (250 mila euro per i deputati di maggioranza, 100 mila per quelli d’opposizione) non è certo un sacrificio. Anzi è il modo più utile per chiudere un anno in allegria, ringraziare per la fiducia accordata e per quella da accordare. E siccome a restaurare le chiese e sistemare i campi sportivi son bravi tutti, ecco trovato il modo per distinguersi: fare festa.

E’ come l’orchestra che continua a intrattenere gli ospiti mentre il Titanic cola a picco. Ma a questo, presi dalla foga, nessuno fa caso. Tutto ciò che interessa alla nostra classe politica è divertire e divertirsi. Non contenti di aver celebrato Federico II in tutte le salse – a Palermo c’è persino una Fondazione che ne prende il nome – a Catania si sono inventati una celebrazione per il pronipote Federico III, la cui salma venne tumulata nella cattedrale etnea nella prima metà del Trecento: questo legame indissolubile col casato d’Aragona, vecchio di 800 anni, costerà alla Regione 80 mila euro. Il festival, organizzato dalla fondazione Fare Musica, sembra più un esercizio di nostalgia: si chiamerà “Regno di Sicilia – Catania capitale”. Ma ci sono anche testimonianze più frivole: a Casteltermini, grazie a un contributo da 30 mila euro, organizzeranno una ricca edizione della sagra del torrone; a Modica, dopo alcuni anni di stop, torneranno a promuovere lo sfarzo del cioccolato (75 mila).

Per non parlare della musica, vera punta di diamante – assieme al cinema – del governo Schifani e della Sicilia intera. Non bastassero i teatri lirici disseminati nell’Isola, ogni occasione è buona per un concerto in più. E gli esempi si ritrovano a prescindere dai collegati e dalle variazioni di bilancio. A Catania, ad esempio, hanno organizzato le Celebrazioni Belliniane, culminate nel Bellini International Context e costate la bellezza di 3 milioni (di cui oltre 950 mila spesi per i servizi promo-pubblicitari); a Palermo, non bastasse la grandezza del Massimo e del Politeama, ogni occasione è buona per foraggiare l’Orchestra Sinfonica, che fa spellare le mani al governatore e all’assessore Amata (che ha elogiato persino l’incremento del numero degli abbonati); a Taormina, il cuore antico di Sicilia, la cassaforte di Taormina Arte – con tutte le manifestazioni annesse, dal Festival del cinema a quello dei libri – è sempre più capiente. Persino il Furs, il fondo unico per gli spettacoli, è stato incrementato di un milioncino e mezzo (passando da 5,3 a 6,8) perché non c’erano abbastanza denari per accontentare tutti. E che fai, rischi di trasformare la festa in tragedia? Sia mai.

Non si fa altro che parlare di feste. Di quelle decenti e persino di quelle indecenti. In quest’ultima categoria rientra la due giorni organizzata da Mr.Nakajima a Palermo, senza avvertire (e invitare) Schifani. Si è servito persino del “suo” teatro, il Politeama, e della “sua” orchestra, la Sinfonica, per allietare i 1.400 ospiti provenienti dal Sol Levante, per i quali il governatore aveva chiesto ingenti misure di sicurezza (manco fossero pirati).  L’iniziativa ha lasciato rancori (con il sindaco Lagalla) e strascichi, tanto da prevedere – nella prossima Legge di Stabilità – una norma con la quale “si fa obbligo” agli enti gestori di emanare un regolamento sull’uso dei Teatri allo scopo di tutelarne il decoro e “le finalità culturali e artistiche”. Non tutti possono far festa allo stesso modo. Ma che l’indirizzo del governo Schifani sia guidato dall’arte e dal folclore, si può evincere da un episodio di qualche settimana fa, quando il presidente s’inventò la prima edizione del premio riservato a Giuseppe Alessi, il padre dell’autonomia siciliana, nei giardini di Palazzo d’Orleans; mentre il presidente dell’Assemblea regionale, in quelli di Palazzo Reale, teneva a battesimo il convegno nazionale sulla giustizia contabile (senza fanfare). A ognuno la sua festa.

Alla consegna del premio di Schifani, oltre a esimi scrittori e giornalisti, non poteva mancare colei che tutto può: Beatrice Venezi. La ninfa di Giorgia Meloni, apprezzatissima direttrice d’orchestra in quota Fratelli d’Italia. La Terra non ruota attorno al sole, ma attorno a lei: diventata direttore artistico di Taormina Arte, collaboratrice della FOSS, tutt’oggi consigliera del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, ci manca che la facciano diventare madrina del Giro di Sicilia. Madame Passepartout, la Divina, è un simbolo della sicilianità – che importa che sia nata a Lucca: non ce la vogliamo mettere un po’ di retorica? – che farà da traino al rilancio dell’Isola. O meglio, al consolidamento dell’immagine della nostra terra, bella e un po’ allegrotta, di fronte al mondo.

A renderla tale ci aveva già pensato l’ex assessore al Turismo, Manlio Messina, che s’era inventato la burla dei voucher per spargere sale sulle ferite del Covid. Alla fine il programma SeeSicily è diventato famoso per le inchieste (tuttora aperte) della Procura di Palermo e della Corte dei Conti, e per l’Audit della Commissione europea, che ha chiesto di vederci chiaro (anche) sui 24 milioni investiti in “comunicazione”, di cui 414 mila per la promozione dell’Isola a Ballando con le Stelle, il programma della Carlucci. Altro che orchestrina, con quei soldi ci rifai il Titanic.