Compaiono e svaniscono alla velocità della luce. Son capaci di condire le nostre giornate stanche con sussulti d’orgoglio, che spesso si tramutano in sfida all’autorità, in serbatoio di valori ormai perduti, in esempio da consegnare ai giovani. Baluardi di resistenza laddove i processi democratici sono messi a rischio. Giusti (e necessari) contravventori delle regole in un Paese che sulle regole non ci campa ma ci specula. Gente che si trova lì, un po’ per caso, e finisce per piegarsi alla pancia del Paese. Alla necessità urgente di avere qualcuno in cui riconoscersi e specchiarsi. Armiamoci e partite. ‘Sti italiani non vogliono i politici, ma hanno bisogno di chi li rappresenti. Eroi del nostro tempo, seppur fugaci. Capaci di comparire sulla scena, quasi di prepotenza. E poi svanire. Superati dall’agenda setting di telegiornali e quotidiani. Avanti il prossimo.

L’ultima, Carola, audace comandante (fin troppo) della Sea Watch. Che ai buoni propositi – offrire la liberazione a quaranta disperati in balia del mare – ha aggiunto una manovra offlimits. Per poco non ha causato un incidente diplomatico. Dovrà rispondere di qualche peccatuccio di fronte ai giudici, ma è il guanto della sfida che ci eccita. Il guanto della sfida sventolato sotto il naso del Ministro dell’Interno, che mai si sottrae. Gli italiani “odiano” i tedeschi. Da sempre. Per il calcio e per la Merkel. Per il talento degli uni e il rigore degli altri. Per l’ananas sulla pizza. Troppo diversi. Ma stavolta no. L’hanno adorata questa “sbruffoncella” tedesca “comunista”. Non tutti, va da sé. Qualcuno l’ha attesa impaziente sul molo di Lampedusa per sputarle il veleno addosso. Gli altri, però, se ne sono innamorati. Ha sfidato l’autorità? Ha fatto bene. Rischiava di speronare una motovedetta della Finanza? Uno speronamento vale la candela. Carola Rackete idolo delle folle. Espressione di un pensiero che ci accomuna e ci divide. Perché non siamo mai stati così divisi, peggio dei tifosi allo stadio.

Quello è uno scontro più o meno praticabile, vive di sfottò e, se va male, dopo il novantesimo è finito. Questo no. E’ autocombustione e sfida che si rinnova. Che si tramuta in odio. Salvini è un elemento divisivo. Non ci fosse lui, però, ne troveremmo un altro. Gli italiani hanno bisogno di un idolo e del suo peggior nemico. Una volta erano Coppi e Bartali. Ora sono Salvini e Carola. Oppure Salvini e Rosa Maria dell’Aria, rimossa anch’ella in tempi record dall’immaginario collettivo. Ricordate la professoressa dell’istituto tecnico di Palermo che non vigilò su un video dei suoi ragazzi in cui le leggi razziali del ’38 venivano paragonate al decreto sicurezza? Una sospensione di 15 giorni dal lavoro gettò la nazione nello sconcerto. Ne seguì un incontro con Salvini e con il Ministro dell’Istruzione Bussetti, una bella fotografia istituzionale nel giorno dell’aula bunker, e la mancata revoca del provvedimento. Che comportò, di contro, un ricorso da 10 mila euro. Perché anche i modelli spirituali di una società consumista guardano alle proprie tasche. Ora è tutto fermo, e la docente – utilizzata per battaglie del tipo “l’istruzione non si censura” o giù di lì – una volta uscita dai radar della politica è costretta farsi largo, coi suoi avvocati, nelle centinaia di postille per ottenere un risarcimento e riavere indietro la sua onorabilità. La ribalta è durata poco.

Ma gli esempi si sprecano, e non solo in Sicilia. Prendete Adam e Ramy, i 13enni di Crema, rispettivamente un marocchino e un egiziano, che contribuirono a salvare i compagni di scuola nell’attentato incendiario dell’autobus di Milano. La sovraesposizione mediatica – sarà mica stato per il solito motivo? – gli ha portato in dote il dono della cittadinanza per “meriti straordinari”. Dopo aver fatto litigare il governo. O ancora, un po’ più in grande, prendete Greta Thunberg, la 16enne ambientalista che ha stregato il mondo. Non alcuni palermitani, che continuano a insozzare la città e appiccare incendi a due passi da Bellolampo. I buoni esempi meritano sempre qualche applauso. Ma chi li osanna e li utilizza per una battaglia campale che non può o non è in grado di condurre, questi no: meritano solo indifferenza.