La sanità che non diagnostica più i tumori

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L’arrivo del Covid, che in Italia ha provocato oltre 60 mila morti, ha travolto il nostro sistema sanitario. E dimezzato, nel primo semestre del 2020, quando la “seconda ondata” era soltanto una teoria, le prescrizioni mediche per le visite specialistiche: -58% tra accertamenti diagnostici e visite. I dati, elaborati dall’associazione Salutequità, assumono contorni preoccupanti: in Sicilia il crollo delle prestazioni è del 28%, nonostante l’Isola sia stata fra le regioni meno bersagliate dall’ondata di marzo. In altre, come la Basilicata, il gap rispetto all’anno prima è del 60%. Sono saltati anche numerosi interventi chirurgici già programmati. “La mancata correlazione tra la diffusione dei contagi e lo stop alle attività ordinarie di prevenzione e di assistenza – spiegano dall’Ordine dei Medici – si può spiegare in molti modi, che vanno dalla scarsità del personale sanitario a disposizione, tra medici e infermieri, all’incapacità dell’amministrazione regionale. Anche se alcune regioni meno colpite dalla pandemia potrebbero aver bloccato ricoveri e visite non Covid in previsione di un’ondata”.

Ma non è tutto. La (in)certezza del virus ha intaccato pure gli screening oncologici. Cioè gli esami utili a evidenziare la presenza di masse tumorali. Il blocco non ha consentito di diagnosticare quasi 4.300 carcinomi, come riporta il Fatto Quotidiano, tra quelli al seno (oltre 2 mila), alla cervice (1.675) e al colonretto (611). Nessuna regione è riuscita ad arginare la drastica riduzione degli esami per diagnosticare i tumori alla mammella (crollo del 70% in Calabria), mentre i carcinomi al colon hanno fatto registrare una flessione media nazionale del 55%, con punte superiori del 60% in Liguria, Piemonte e Calabria. La Sicilia ha accumulato il 55,7% degli screening mammografici in meno, il 43,3% di quelli colonrettali e il 63,1% di quelli alla cervice.

I dati sono sconfortanti e confermano che “la pandemia non ha mandato in lockdown le altre malattie – secondo Filippo Anelli, presidente nazionale della Federazione degli Ordini dei Medici -. Al contrario, sottraendo risorse organizzative, finanziarie e umane alla loro cura, ha aumentato le diseguaglianze. Per questo, oltre alle vittime dell’epidemia, dobbiamo cominciare a contare tutte le vite perse in maniera indiretta, per patologie non curate in tempo o nel modo più appropriato”.

Enrico Ciuni :

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