Pochi mesi fa – era maggio 2020 – i droni dei vigili del Fuoco sorvolarono il viadotto Buzza, lungo la A20 Palermo-Messina, consegnando alla Procura di Patti la prova documentale che quel tratto di strada, di competenza del Cas, andava sequestrato. E così sono scattati i sigilli fra il km 119 e il km 120, in territorio di Caronia. Sei dirigenti del Consorzio Autostrade furono indagati per omissione di lavori in costruzioni che minacciavano rovina e rifiuti di atti d’ufficio. Secondo alcuni esperti, il viadotto – già interdetto al traffico veicolare – sarebbe potuto crollare con una lieve scossa di terremoto o con una variazione termica. Il gip, nel decreto di sequestro, ha evidenziato “…la colpevole inerzia dell’Ente gestore – che la Regione si affanna a difendere, ndr – il quale, al di là della tempestiva chiusura del traffico veicolare nel tratto di autostrada in questione, ha tuttavia omesso di intervenire con lavori di recupero della struttura, manutenzione e verifica, nonché di proseguire al monitoraggio degli spostamenti dei basamenti della struttura…”.

Ma non si tratta di un caso isolato. Un paio di mesi prima, lungo l’autostrada di nessuno, il gip del tribunale peloritano aveva sequestrato altri due cavalcavia (nei pressi di Spadafora e Venetico, nel Messinese), a seguito di un’inchiesta della Procura, da cui è emersa una diffusa corrosione delle armature e delle banchine di bordo che “metterebbe in pericolo la stabilità delle strutture portanti con il rischio di crollo sulla sede autostradale sottostante”. Il degrado, occhio qui, sembrava imputabile alla cattiva manutenzione dei giunti, che provocava pesanti infiltrazioni d’acqua, fino a deteriorare il calcestruzzo di copriferro.

Poi l’operazione di ieri. La maxi operazione, se parlassimo di mafia. Cioè la decisione del gip di Barcellona di Pozzo di Gotto di provvedere al sequestro di ben ventidue cavalcavia a rischio crollo, sempre sulla A20, con la denuncia di quattro persone – tra cui il direttore del Cas, Salvatore Mainaldi, e il capo della segreteria tecnica del presidente della Regione siciliana, Alessia Trombino – e la solita ipotesi di reato: omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina. La Palermo-Messina è un’autostrada pericolosa, a tratti impercorribile. Ma anche una di quelle più battute, specie nella stagione estiva, dove il traffico, allo svincolo di Buonfornello, diventa ingestibile. Il sequestro, eseguito dalla polizia stradale, è il terzo nell’arco di pochi mesi e meriterebbe una riflessione seria, più che l’ennesimo tentativo di autoassolversi.

Sia Mainaldi che Falcone, l’assessore regionale alle Infrastrutture, condividono però la linea: “Com’è ormai noto, teniamo in grande considerazione il tema della sicurezza infrastrutturale di ponti, viadotti e cavalcavia – ha scritto in una nota il direttore del Cas -; tanto è vero che tutte le strutture indicate nel sequestro, nessuna esclusa, sono interessate già da tempo o da interventi di manutenzione seguiti da esperti ingegneri strutturisti, o ancora da rilievi e indagini scientifiche, condotte tenendo in considerazione anche le linee guida fornite dal Ministero”. Gli fa eco l’esponente della giunta Musumeci, che stoppa sul nascere le criticità sull’operato del Cas (ente sottoposto al controllo della Regione): “Come già ribadito in altre occasioni, bene che la magistratura resti attenta alle vicende del Consorzio Autostrade Siciliane, ente che paga il prezzo di lunghi anni senza bussola con evidenti ricadute sui servizi ai cittadini. Oggi però proprio il raffronto con l’eredità del passato ci consente di apprezzare appieno l’inversione di tendenza che, sul piano gestionale e infrastrutturale, il governo Musumeci, ha pazientemente impostato e attuato”.

I ventidue cavalcavia, nel frattempo, sono stati affidati in custodia agli enti fruitori del piano di viabilità e sottoposti a limitazioni di traffico in attesa degli interventi di ripristino. Ma gli automobilisti, a sentire Falcone, possono tirare un bel sospiro di sollievo: “Su 17 dei 22 cavalcavia dell’A20 posti sotto indagine, sono già in corso degli interventi di manutenzione – ha assicurato l’assessore -. Su altri tre sono in corso indagini e carotaggi, mentre dei restanti due sovrappassi, il primo è un cavalcavia ferroviario su cui il Cas non può intervenire, e sul secondo sono stati già eseguiti lavori di messa in sicurezza degli appoggi. Sotto la vigilanza del governo Musumeci, dunque, monitoraggio e rilievi sono costanti per garantire la sicurezza di tutti e, del resto, in alcuni casi si è già provveduto all’inevitabile demolizione di cavalcavia ammalorati, come a Spadafora e Venetico”. Cioè i due interessati dal sequestro preventivo nell’aprile 2020.

Le vicende che riguardano il Consorzio Autostrade, al netto delle implicazioni giudiziarie, secondo Falcone andrebbero valutate nell’ottica del prima e del dopo. Il cambio della governance e la riforma che, di recente, ha trasformato il Cas “da un ente alla deriva” a “un’impresa pubblica al servizio delle autostrade e dei siciliani”, non hanno del tutto convinto ai piani alti. A partire da Giancarlo Cancelleri, attuale sottosegretario alle Infrastrutture, che una volta sì e l’altra pure ha minacciato la revoca della concessione statale, qualora il Consorzio non avesse provveduto a smaltire una lunga sequela di “non conformità”, che nel frattempo sono aumentate. Anche il capogruppo dei Cinque Stelle all’Ars, in occasione della riforma di inizio febbraio, ha avuto da ridire: “Il Cas – secondo Giovanni Di Caro – oggi è un ente pubblico non economico, ha 300 milioni di debiti, 340 dipendenti (di cui molti regionali mandati in comando) ed è un ente che rischia seriamente di vedere revocate le sue concessioni (viste le 1465 non conformità che sono state segnalate dal Ministero ai trasporti). Morale? Stiamo discutendo se sia il caso di trasformare in ente economico un ente che, molto probabilmente, diverrà a breve inutile…”.

Ebbene sì, il Cas è diventato un ente pubblico economico. Ora più di prima avrà la responsabilità di curare le ferite di un tessuto viario che, sotto la sua ala, annovera anche la A18 Catania-Messina. Dove, a distanza di quasi sei anni, resiste la frana di Letojanni, provocata da uno smottamento della montagna che si arrampica sopra la galleria: “Sono lavori molto complessi – ha ammesso l’assessore Falcone, fresco di sopralluogo -. Stiamo puntellando e consolidando l’intero versante per poi, in estate, liberare le carreggiate. A seguire ci sarà la costruzione delle due gallerie”. Ma di competenza del Cas è anche la Siracusa-Gela, altro snodo fondamentale per il trasporto merci (e non solo) di tutta l’Isola. E’ stato inaugurato da poche settimane lo svincolo di Ispica, ora i riflettori sono puntati sui 10 km che collegano a Modica, la città della Contea. Fine dei lavori prevista per settembre 2022. Ma poi resta la parte più complessa: il collegamento con Gela. Sarebbe un toccasana per smaltire traffico e interruzioni in una parte di Sicilia, quella orientale, da sempre a corto di infrastrutture.

Abbiamo parlato del Cas, ma anche l’Anas ha le sue belle gatte da pelare. La riapertura del viadotto Himera dello scorso 31 luglio, sulla A19, per qualche mese ha oscurato i problemi della Palermo-Catania, autostrada fra le più trafficate, dove le interruzioni miste a deviazioni non si contano più. Anas è quella che si occupa, inoltre, del dramma delle strade statali. Di fronte a una promessa d’investimento complessiva da due miliardi (risalente al 2015 e tuttora valida), si procede a tentoni. Un lotto per volta. Quando le aziende costruttrici non vanno in crisi o non affondano nei contenziosi. La Gela-Santo Stefano di Camastra, ad esempio, è sempre a un punto morto e sono pochissimi i chilometri già percorribili. Altri due cantieri infausti sono quelli della Palermo-Agrigento (qui Cancelleri ha promesso che i lavori termineranno entro l’anno) e della Caltanissetta-Agrigento, lasciati nel guado dal fallimento del colosso ravennate Cmc.

Mentre resta un sogno la realizzazione della Ragusa-Catania, altro asse fondamentale (atteso da trent’anni) che collega le due realtà produttive più vivaci dell’Isola. Un paio di giorni fa, dopo il falso allarme del tecnico Raffaele Celia (di Anas), è stato indicato dal ministro Giovannini un commissario nuovo di zecca per l’esecuzione dei lavori: si chiama Nello Musumeci. “Non appena la nomina sarà formalizzata – ha detto il governatore – chiederò al ministro un incontro per concordare un cronoprogramma e metterci subito al lavoro affinché questa importante infrastruttura, inseguita da decenni fra promesse non mantenute e chiacchiere a vuoto, possa finalmente tradursi in azione concreta. La Regione, come sanno a Roma, è pronta a fare la propria parte con un importante impegno finanziario”. La posa della prima pietra è prevista per la fine dell’anno. La fine dei lavori, se tutto va bene, entro i prossimi quattro. Ce la faranno i nostri eroi?

Falcone: su Agrigento-Caltanissetta rescissione con Cmc

“Sul completamento della Ss 640 Caltanissetta-Agrigento, nonostante una linea di credito lunga ormai due anni da parte del governo Musumeci, non si registrano i passi avanti pattuiti. Nel corso della videoconferenza che abbiamo tenuto con Anas lo scorso giovedì, alla presenza dell’amministratore delegato Massimo Simonini e di tutti i direttori dell’azienda, abbiamo valutato tutte le criticità dell’opera, a iniziare dalla perizia di variante da circa 24 milioni ancora da approvare, e sui ritardi di Cmc. Di fronte ai molteplici impegni disattesi, la strada della rescissione del contratto diventa sempre più concreta poiché unico modo per tutelare gli interessi della Sicilia e imprimere una svolta a un cantiere ancora esanime. Abbiamo concordato con Simonini e i dirigenti dell’azienda la data del 30 aprile come ultimo giorno utile per tirare le somme: se l’opera rimarrà ancora nella stasi, Anas avvierà la rescissione del contratto così come richiesto dal Governo Musumeci”. Lo dichiara l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone, a seguito della videoconferenza di verifica tecnica, dello scorso giovedì, sullo stato dei principali cantieri Anas in Sicilia.

“Ci siamo poi concentrati sulla Statale 121 Agrigento-Palermo – aggiunge l’assessore – opera che proprio oggi la stampa definisce come “l’esempio più lampante” della lentezza delle grandi opere in Sicilia e al Sud. Purtroppo, in termini di produzione, non sta pagando la scelta di dividere l’opera a sette affidatari. Si resta infatti ben lontani dalla soglia di almeno sei milioni al mese, necessaria per chiudere nei giusti tempi l’opera. Anche su questo cantiere strategico, abbiamo chiesto all’Anas di lavorare per alzare i ritmi, spingendo le imprese a portare in campo il necessario numero di uomini e mezzi a lavoro. Nei prossimi giorni – conclude Falcone – saremo in sopralluogo sui cantieri della Ss 121″.