Lo strascico della polemica di Cannes va inesorabilmente attenuandosi. Le ultime dichiarazioni di Schifani risalgono a lunedì scorso, nel giorno della cattura di Messina Denaro: “Ogni giorno ha i suoi temi – suggeriva in conferenza stampa -. Arriverà il giorno di chiarire le incomprensioni con Fratelli d’Italia, ma non è questo. Oggi è una giornata di gioia che azzera qualsiasi polemica”. La fine della latitanza del boss di Castelvetrano ha stravolto tutto. Compresi i rotocalchi e l’informazione. Lo scandalo dei 3,7 milioni concessi in affidamento diretto alla società lussemburghese di Patrick Nassogne per organizzare la seconda edizione della mostra ‘Sicily, Women and Cinema” al Festival di Cannes, è finito nelle retrovie. Concedendo ai protagonisti qualche momento di tregua.

Sembra passata una vita dalle parole al vetriolo di Manlio Messina, che accusava Schifani di essere il primo responsabile; o dalle affermazioni di Francesco Scarpinato, assessore pro-tempore senza alcuna voglia di dimettersi. Eppure il pasticcio della Croisette è relativamente fresco: scoppia il 5 gennaio, quando Schifani, a seguito dell’inchiesta de ‘La Sicilia’, chiede un approfondimento agli uffici del Dipartimento al Turismo. Che è talmente lento ed evasivo (secondo Palazzo d’Orleans) da costringere il governatore a una serie reiterata di interventi per intimare la revoca del decreto in autotutela. La decisione diventa irrevocabile dopo il parere dell’Avvocatura generale della Regione, che sconfessa l’ “esclusività” di Absolute Blue, cioè l’unico appiglio utilizzato dagli uffici di Scarpinato per giustificare la procedura negoziata di affidamento (senza bando). L’alt, con la perdita di quasi 4 milioni di fondi europei, è l’unica risposta fin qui pervenuta.

Ne restano fuori tante altre: ad esempio, è davvero Schifani l’artefice del provvedimento che s’è concretizzato durante la transizione da Messina e Scarpinato? Per l’ex assessore non ci sono dubbi: “Tutto viene fatto in un arco temporale che va dal 20 ottobre all’11 novembre, ovvero quando io non sono più assessore al Turismo e non lo è ancora Scarpinato. L’assessore al Turismo ad interim, in attesa delle nuove nomine, era proprio il governatore Schifani (…) A questo punto, o Schifani non ha guardato le carte, e questo sarebbe gravissimo, oppure non le ha sapute leggere”. A queste insinuazioni il governatore ha preferito non rispondere, ma la polemica è subito scivolata dal piano istituzionale a quello politico. E riguarda la compatibilità fra Schifani e Fratelli d’Italia, principale azionista di maggioranza, che sta facendo di tutto per mettergli i bastoni fra le ruote. Ai commentatori più attenti non sarà sfuggito che è il secondo tentativo di delegittimazione nei confronti del presidente della Regione. Il primo si consumò alla vigilia della nomina degli assessori, quando da Roma giunse la doppia imposizione: dentro Scarpinato e Pagana (la moglie di Razza), fuori Assenza e Savarino.

Il logorio ha raggiunto livelli esasperanti con Cannes. Con gli inviti ripetuti di Schifani (a Scarpinato) di dare conto e ragione dei suoi provvedimenti; col paventato “danno d’immagine” per la Sicilia; con l’attacco di Manlio Messina, che da vicecapogruppo alla Camera, ha sfoderato l’ascia sapendo di avere le spalle ben coperte; ma anche e soprattutto con la levata di scudi di alcuni assessori e di tutti i partiti della coalizione contro l’arroganza di Fratelli d’Italia, con la richiesta di un vertice di maggioranza – che non s’è ancora celebrato – per far rientrare la crisi. Anche sull’aspetto sostanziale della polemica, restano delle domande: perché si è deciso di procedere con un affidamento diretto nei confronti di una società che non aveva ancora ottenuto la certificazione antimafia? Perché la cifra assegnata alla Absolute è lievitata di circa un milione e mezzo rispetto al 2022? Perché la società lussemburghese, con appena quattro dipendenti a carico, non ha mai versato la fidejussione prevista dal contratto con la Regione? E soprattutto, esiste o no un responsabile?

Dopo aver sollevato un vespaio, la vicenda non può essere annacquata senza prima indicare vincitori e vinti. Sarebbe logico, certo, per ri-cementare il perimetro della coalizione. Ma non per salvaguardare l’immagine pubblica dell’istituzione e la credibilità di un presidente che ha fatto il diavolo a quattro per restituire prestigio al suo incarico. Deve pensarci anche la politica, giacché la magistratura sta già facendo il suo corso: su Cannes e sulla gestione del portafogli del turismo indagano la Corte dei Conti, la Procura di Palermo e la Procura europea.

Ma in questi giorni che si susseguono tutti uguali – con l’Ars ferma alla nota di aggiornamento di Economia e Finanza, il bilancio bloccato nelle commissioni e l’Antimafia in subbuglio per l’approvazione del nuovo regolamento – bisognerebbe far luce su altre vicende di questo inverno torrido. A cominciare dalla storia della parcella che rischia di arricchire (ai danni della Regione) l’ex assessore all’Energia e ai Rifiuti, Pier Carmelo Russo, che andò in pensione da superburocrate a 47 anni per assistere il padre malato. Assieme al collega Francesco Stallone, difese l’ente nella causa contro i colossi dei termovalorizzatori, che si videro revocare l’avviso per la realizzazione di quattro impianti dal governo Lombardo.

La storia del contenzioso, chiuso a zero, è terminata con una transazione fra gli avvocati e l’Ufficio legale e legislativo, che – d’accordo con l’Avvocatura dello Stato – ha quantificato in cinque milioni le spettanze per i due avvocati. Se non fosse che Schifani non sapeva nulla del provvedimento di liquidazione della spesa e ha congelato i pagamenti. Russo e Stallone, pertanto, si sono rivolti al Tribunale di Milano, che dirà l’ultima parola sulla cifra (più elevata di quanto pattuito a tavolino). Anche se un’analisi attenta dell’accaduto presupporrebbe altri interrogativi. Ad esempio, perché Schifani non ha tenuto conto del parere dell’Avvocatura (tenuto in debita considerazione per l’affare Cannes), in cui si palesava un “ulteriore aggravio nel probabile caso di condanna alla rifusione delle spese di lite in favore delle parti attrici”? In base a quali criteri Lombardo scelse di affidarsi a due professionisti esterni e in base a quale calcolo si è stabilito che a Russo spettasse il triplo dei soldi di Stallone? E soprattutto, perché proprio Russo? Una decina di giorni prima di ottenere l’incarico s’era dimesso da assessore all’Energia: era lui, cioè, l’incaricato di Lombardo per seguire il carteggio degli inceneritori. Domande che rimarranno tali, probabilmente.

Tra tutti questi scandali, bisognerebbe analizzare più nel dettaglio anche l’appalto senza gara che ha consentito a cinque distinti operatori di accaparrarsi i cinque lotti dell’appalto per la riscossione dei tributi negli enti locali siciliani. Valore: mezzo miliardo di euro. Un bando emanato dall’Ufficio speciale – Centrale unica di committenza per l’acquisizione di beni e servizi dell’assessorato all’Economia (durante l’epoca di Gaetano Armao). Un’anomalia segnalata dal presidente della commissione Antimafia, Antonello Cracolici, e bloccata sul nascere dal nuovo assessore al Bilancio, Marco Falcone, che ha sospeso la procedura d’affidamento “per valutare attentamente ogni aspetto utile a verificare la linearità dell’iniziativa a garanzia dei principi di trasparenza e di libera concorrenza e, ove fosse necessario, a procedere all’annullamento della gara”. Ma la sospensione non è tutto. Servirà una parola certa e definitiva sull’iter, sulla sussistenza di un eventuale reato e sulle responsabilità di chi l’avrebbe architettato. Un accertamento lungo e complesso a cui la politica, ancor prima della magistratura, non può sottrarsi. Ne va della sua onorabilità.