Se c’è una cosa che tutti riconoscono al presidente Musumeci è l’incredibile solerzia con cui è riuscito a far risorgere la tenuta equina di Ambelia, in territorio di Scordia, a pochi passi dalla sua Militello val di Catania (a cui fra l’altro è stato riconosciuto lo status di borgo più bello di Sicilia per il 2022). Un luogo-simbolo che, al di là degli sfottò, è divenuto lo snodo cruciale della sua politica. In questa fase finale della legislatura, con una maggioranza clamorosamente spaccata, e una ricandidatura sempre più in bilico, Musumeci non ha perso di vista le priorità: il suo governo, infatti, “al fine di valorizzare la tenuta di Ambelia in vista delle prossime manifestazioni nazionali e della Fiera mediterranea del Cavallo”, ha finanziato nuovi interventi per oltre un milione. Di cui 865 mila euro per lavori. Poiché “risulta indispensabile la realizzazione di adeguati box fissi” per i cavalli, si è deciso di installare dei moduli prefabbricati (da 20×25 metri) nell’area adiacente al parcheggio. E’ prevista, inoltre, la riqualificazione naturalistica della stazione, l’ottimizzazione dell’impianto idrico ed elettrico, l’implementazione del sistema di illuminazione e la realizzazione del basamento su cui poggeranno i box. La gara d’appalto è gestita dal Genio Civile di Catania.

Non è una questione di cifre, ma di priorità. Musumeci, che ha definito i primi cinque anni del suo governo come “la stagione della semina”, sta già passando all’incasso. E’ di ieri, prima della visita di cortesia a Caltabellotta, il sopralluogo a Borgo Bonsignore, in territorio di Ribera. Trattasi di uno dei borghi fascisti caduti in disgrazia, che il governatore siciliano – vuoi per affinità ideologica, o per senso del dovere – ha scelto scrupolosamente di restaurare. Qui l’investimento della Regione sfora ampiamente i due milioni, che serviranno per completare i lavori di recupero e riqualificazione del villaggio rurale inaugurato nel 1940 e realizzato dall’Ente nazionale per la colonizzazione del latifondo. Altra epoca. Il restyling prevede la realizzazione di uno spazio culturale in cui sarà raccontata, attraverso fotografie d’epoca e antichi filmati dell’Istituto Luce, la storia e la vita del borgo dominato dalla “Torre del littorio”, dove sorgeva, tra le altre cose, l’ufficio del podestà: “Stiamo restituendo alla sua integrità una delle più belle testimonianze dell’architettura rurale siciliana del Novecento – ha detto Musumeci -. L’impresa e il soprintendente mi assicurano che entro il prossimo luglio potremo inaugurarlo”.

Ieri il governatore s’è portato dietro Marco Zambuto, l’assessore agli Enti locali, ex sindaco di Agrigento. Una mossa che dice tutto sul clima vissuto all’interno della maggioranza. Zambuto è l’ultimo innesto nel partito del presidente, l’ultimo (in ordine di tempo) ad aver apposto il proprio sigillo sulla faida interna a Forza Italia, aderendo alle posizioni degli altri ribelli: Armao e Falcone. L’unico rappresentante di governo vicino al commissario regionale di FI, Gianfranco Micciché, è invece Toni Scilla, che guida l’Agricoltura, e che potrebbe essere ‘sacrificato’ se la scelta dei nuovi presidenti di commissione penalizzasse oltremodo Fratelli d’Italia e Diventerà Bellissima (potrebbe succedergli Alessandro Aricò).

Proprio Scilla era stato protagonista, qualche giorno fa, di un siparietto polemico (e fastidioso) con lo stesso Musumeci, durante la presentazione dell’Accademia del Tonno Rosso, altro fiore all’occhiello del governo della Regione. Che anziché accelerare le pratiche per l’approvazione del Bilancio, in attesa che diventi del tutto operativo l’accordo di finanza pubblica, trova spazio per inaugurare a destra e a manca. L’Accademia è un progetto volto a valorizzare la storica tradizione del tonno rosso in Sicilia ed è frutto di un partenariato pubblico-privato per promuovere la conoscenza del tonno e delle tonnare. Prevede l’attivazione di una biblioteca (all’interno della tonnara di Favignana) e una serie di attività rivolte agli amanti del genere. Interessante, ma a consuntivo resterà ben poco.

Musumeci continua a sfidare gli alleati, chiedendo i motivi per cui non dovrebbe più essere ricandidato. Nessuno, finora, è stato capace di ribaltare la domanda: perché, invece, dovresti? Al netto della relazione di fine mandato, un librino impossibile da riassumere tanto è ampio, Musumeci potrà vantarsi di essere intervenuto per salvare la spiaggia di Eraclea Minoa, di aver speso 300 milioni (non richiesti, dato che la competenza è dello Stato) per ripristinare alcune strade interne dell’Isola; o, ancora, per aver inaugurato la mostra di Giovanni Verga a Vizzini, o aver accarezzato i cagnolini iblei durante alcune visite alle aziende agricole del Ragusano, o di aver partecipato all’immensa tavola di San Giuseppe allestita dal comune di Lascari, dov’erano presenti anche alcune donne ucraine (il che confermano il ruolo della Sicilia “come terra di accoglienza”).

Abbiamo citato, volutamente, solo alcuni degli ultimi impegni istituzionali del governatore. Che potrebbe aggiungersi, assai facilmente, a una serie di primati rivendicati nel tempo. Dalla percentuale di certificazione della spesa europea, ai risultati ottenuti nella gestione della pandemia (che secondo un sondaggio dell’istituto Demopolis, tre siciliani su quattro avrebbero apprezzato), passando per l’aggiornamento della classificazione sismica dopo vent’anni o il rafforzamento delle infrastrutture digitali (“Siamo diventati la grande Regione con la più alta percentuale di connettività a banda larga d’Italia”, ha spiegato, plaudendo al lavoro di Armao, il capo dell’esecutivo). Musumeci, però, si defila volutamente dalle beghe interne alla coalizione, fingendo di non curarsene. Ormai, d’altronde, ha arruolato quelli di Fratelli d’Italia. A partire da Francesco Lollobrigida, capogruppo alla Camera dei Deputati, che ha salutato con ironia e senso della sfida la nascita della federazione di Salvini, che ha il compito di coalizzare i partiti no-Nello: “Non mi sembra una grandissima idea. Forse, più che il centrodestra vogliono realizzare un centrino. Ma se così sarà, se senza una ragione si toglierà nei fatti il sostegno a Musumeci, ci saranno conseguenze su altre realtà”. A partire dalla Lombardia.

Musumeci non fa mistero di non voler scendere a compromessi. Incarta ogni giorno una narrazione di Sicilia ben lontana dagli standard promessi cinque anni fa, in campagna elettorale. Soprattutto in termini di riforme: rimarranno annacquate quella sul Turismo, sui Rifiuti, sulla Pubblica amministrazione. Il massimo che è riuscito a fare, negli ultimi giorni, è la cancellazione della sezione scientifica delle Sovrintendenze, definita una “rivoluzione bizzarra” da Pd e Cinque Stelle; e la proroga di novemila precari Covid fino al prossimo 31 dicembre, compresi gli amministrativi (circa 3 mila) che erano stati assunti con un semplice click-day, oltre che inutili data la fine annunciata delle “ostilità”. Trovate utili, come l’apertura delle mostre, le inaugurazioni delle accademie, le cene coi gonfaloni. Per la campagna elettorale c’è sempre tempo. Per la Sicilia che soffre, rimasta impantanata nelle scorie dell’emergenza sanitaria ed economica, e con un Bilancio in sospeso, il tempo invece si è esaurito da un po’.