“Non sono offeso, ma dispiaciuto. Ritenevo che con me alla guida della Lega, il mondo del calcio potesse avviarsi verso un processo di normalizzazione e di sviluppo”. Parola di Gaetano Micciché, palermitano, presidente di Banca IMI, fratello del presidente dell’Ars, Gianfranco, e dell’ex vicepresidente del Palermo calcio, Guglielmo. Per venti mesi (fino al 19 novembre scorso) alla guida del calcio italiano. Nella parte di competenza dei club. Poi un’inchiesta e le dimissioni. A scagliarsi contro il presidente della Lega, evidenziando nel corso di un’intervista alcune irregolarità legate alla sua elezione, era stato il presidente del Genoa Enrico Preziosi (“che in assemblea aveva votato a mio favore”).

Da qui si innescò l’intervento della Procura Federale della Figc: “Non amo fare dietrologie – ha detto Micciché in una intervista al “Corriere della Sera” – ma è certo che nel mio caso si indagò sulla base di dichiarazioni anonime e di una frase di un presidente di società rilasciate a un sito online”. “Diciamo che i miei comportamenti – prosegue il presidente di Banca Imi – che sarebbero naturali in ogni azienda, in quel contesto erano percepiti come un fastidio da parte di chi si sentiva depauperato di un proprio beneficio”. E da qui parte l’analisi ai raggi x del calcio italiano: “Sin dal primo momento mi sono imbattuto in una cultura radicata in molti, caratterizzata da mancanza di volontà di delegare e ricerca di interessi personali anziché generali. Nonostante ciò, tutte le delibere durante la mia presidenza sono state approvate all’unanimità”. Miccichè va via con un po’ di amaro in bocca (“Non tanto per me, quanto per le opportunità che si perdono nella realizzazione di progetti di interesse generale”), ma non rinnega il momento in cui accettò l’incarico: “Il calcio è il nostro Paese, è uno dei modi con cui l’Italia nella sua bellezza e competenza si fa apprezzare internazionalmente. Mi auguro che la Lega possa tornare ad avere una governance regolare”, ma è probabile che in seguito a questa crisi innescata dalla Procura e dalle sue dimissioni, l’unica via sia quella del commissariamento.