Chi ha mantenuto uno sguardo un po’ distaccato sulle Amministrative di domenica e lunedì, in Sicilia, è la Lega di Nino Minardo. Il simbolo del partito che vorrebbe rigirare l’Isola come un calzino, arrivando a mettere in discussione il replay di Nello Musumeci alla Regione, compariva soltanto su cinque schede elettorali: in una, nel Comune di San Cataldo (in provincia di Caltanissetta), assieme a una lista civica. A casa dell’on. Alessandro Pagano, uno della vecchia guardia, è arrivato il risultato più glorioso: una percentuale di poco superiore al 10, che consentirà al Carroccio di entrare in Consiglio comunale, e di farlo nelle fila della maggioranza se il candidato sindaco Claudio Vassallo dovesse imporsi al ballottaggio. Nel resto dei comuni andati al voto, la Lega non c’è. Non ancora. Gianfranco Miccichè, interpellato da ‘La Sicilia’, ha parlato di “disastro”.

La costruzione dal basso avviata da Minardo richiede tempo e pazienza. Il segretario voluto da Salvini alla guida del partito nell’Isola, e che il Capitano ha già riproposto per palazzo d’Orleans (facendo imbufalire il presidente della Regione), lo sa e non si scompone. E, al contrario, tira la coperta dalla propria parte: “Rispetto alle precedenti amministrative – è l’analisi del deputato modicano – la crescita dei consiglieri eletti con il simbolo della Lega è consistente e il nostro apporto è stato determinante per molti candidati a sindaco del centrodestra. A Vittoria, Alcamo e San Cataldo entriamo in Consiglio comunale, mentre più di 30 altri nostri rappresentanti sono stati eletti in liste civiche e designati assessori dai sindaci vincenti al primo turno; un numero destinato ad aumentare dopo il ballottaggio”. Un ragionamento lecito se i numeri si comparano alle Amministrative di quattro o cinque anni fa, quando la Lega non era ancora la Lega, specialmente in Sicilia. Ad Alcamo, inoltre, il partito s’è fatto spazio “a mani nude”, per dirla con Minardo, in un territorio che esprime due assessori regionali (l’Udc Turano e il forzista Scilla) arrivando a un passo dal 6%.

Ma il trambusto provocato dall’avvento di Matteo Salvini nel 2019 in occasione delle Europee (con l’elezione a Bruxelles di Donato e Tardino), e lo sbarco all’Assemblea regionale dell’anno successivo, aveva inevitabilmente alzato l’asticella e aumentato l’appetito. Oggi, pertanto, appare faticoso, se non impervio, provare a spiegare il perché di questo ruzzolone, e segnare una linea di confine tra voto d’opinione e voto nei Comuni. Che poi basterebbe dare un’occhiata i grillini per farsi un’idea. Oggi esultano per aver eletto un sindaco e chiuso due ballottaggi (col Pd, fra l’altro) mentre alle Politiche del 2018 avevano completato il cappotto in tutti i collegi uninominali (28 su 28) e sfiorando il 50% dei voti. Il percorso della Lega è – ovviamente – diverso. Quel picco non c’è stato e Salvini, dall’estate 2019, fatica a rialzarsi. Però è chiaro che sta provando a investire nell’Isola: l’operazione di una Lega Sicula 2.0 (Minardo la chiama terrona) ha richiamato molta classe dirigente di ispirazione ‘centrista’, tanto che il gruppo all’Ars – oggi – conta sette deputati. Dovevano essere enormi sacche di consenso, ma sono mancate le occasioni per misurarlo (nell’ultimo anno si è votato in un centinaio di comuni). Ecco perché il giudizio – al netto dei sondaggi in calo – va sospeso.

Sul risultato delle ultime Amministrative, inoltre, pesa l’effetto Sammartino. L’ingresso nella Lega, celebrato a inizio settembre, non ha permesso di poter organizzare le liste entro il 15, ultima data utile per la presentazione. Così il deputato etneo, giunto da Italia Viva, ha riproposto il simbolo del Quadrifoglio, andando spesso in contrapposizione col centrodestra: come a Giarre, dove l’8% della civica di Mr. Preferenze è stato utile alla vittoria di Leo Cantarella contro Leo Patanè, sostenuto da Forza Italia e Democrazia Cristiana. A sostegno di Cantarella c’era la lista Prima Giarre, di chiara ispirazione leghista, che ha preso l’8,6 per cento e ha eletto Giovanni Barbagallo, commissario cittadino del Carroccio. Anche nel comune di Adrano, dove il “campo largo” di centrosinistra è stato spazzato via, Sammartino ha avuto il suo peso: l’11,7% del Quadrifoglio, infatti, ha consentito a Carmelo Pellegriti di sfiorare l’elezione al primo turno. Al ballottaggio se la vedrà con Fabio Mancuso, sostenuto dagli autonomisti di Lombardo. Una situazione insolita, in apparenza un po’ imbarazzante, dato che Lega ed ex Mpa sono formalmente federati. Ma qui la Lega non c’entra. C’entra Sammartino: “Le liste del Quadrifoglio – ha commentato l’ex renziano – raggiungono il primato nella provincia di Catania ed eleggono rappresentanti in tutti i Comuni coinvolti. La fiducia che ci avete dato è un chiaro messaggio: è tempo di scelte chiare e forti, sul territorio e così come all’interno delle istituzioni”.

L’altro elemento (tra i pochi) di riflessione offerti da queste Amministrative è il rafforzamento dell’asse fra Salvini e Raffaele Lombardo. I giornali hanno raccontato di un incontro in Transatlantico, a Montecitorio, fra il padre dell’Mpa (oggi Mna) e il segretario del Carroccio, assieme a Minardo e Roberto Di Mauro. Il quale, nel corso di un’intervista a Meridionews, ha speso parole d’elogio per il suo principale interlocutore: “Noi siamo lì per sostenerlo. La sua candidatura (alla presidenza, ndr) per noi sarebbe come andare a nozze”. Fra i due partiti era nato qualche attrito a seguito del corteggiamento di Nello Musumeci nei confronti degli Autonomisti, ma soprattutto dopo l’ultimo innesto della Lega: cioè Carmelo Pullara, che qualche mese prima era stato escluso (d’imperio) dal gruppo dei Popolari e Autonomisti all’Ars. Questioni agrigentine. Ma adesso le turbolenze sembrano superate. Minardo – per ora è fantapolitica – potrebbe fare da pontiere (com’è già avvenuto fra Salvini e Micciché) anche fra due ex governatori: il ras di Grammichele e Totò Cuffaro. Che non godono di ottimi rapporti, ma col segretario della Lega riescono a parlare entrambi. E poi hanno i numeri, che in politica fanno tutta la differenza del mondo.

Il Carroccio, col suo torpedone al comune di Palermo e al parlamento siciliano, resta l’ago della bilancia delle prossime competizioni elettorali. Salvini aveva detto che “la Lega ha il dovere di guidare anche una Regione del Sud”, chiedendo agli alleati un diritto di prelazione sul prossimo candidato alla presidenza. Ma gli potrebbe andar bene anche Palermo, dove però il passo avanti repentino dell’Udc con Roberto Lagalla ha complicato gli equilibri. Per la verità ci sarebbe anche Catania, ma la scadenza (2023) è ancora troppo lontana per farci un pensierino (anche se la senatrice Sudano, un altro colpo da novanta dell’ultima campagna acquisti, scalpita). Ecco che ogni visita dell’ex Ministro in Sicilia assume particolare rilevanza: il prossimo appuntamento con il processo Open Arms è fissato per il 23 ottobre a Palermo. Sarà l’occasione per fare il punto sul rodaggio di una macchina con tanti cavalli nel motore, che ancora fatica a esprimere tutto il suo potenziale.