Gentile Signor Natale,

vorrà scusarmi se la chiamo con il solo cognome, ma mi sembra irriverente il modo con il quale – da queste parti – è da tutti invocato.

In Sicilia – suppongo lo saprà – il “babbo” è l’amichevole appellativo dato al padre, soprattutto se avanti con l’età. Ma, per paradosso della linguistica dialettale, dalle nostre parti (non so se dalla slitta volante riesce a vederci… siamo nell’isoletta triangolare in mezzo al mare Mediterraneo…), ebbene, in terra di Sicilia il “babbo” è anche lo scemo.

Le devo dire la verità, io non ho mai compreso come mai possa essersi creata questa confluenza di significati su una stessa parola. Forse perché – nella terra degli olivi – chiunque scelga di mettere al mondo dei figli e costruire una famiglia deve essere (anche) un po’ scemo. Ah! Mi scusi… non intendevo essere irriverente con qualcuno che ha scelto di fare il “babbo” per tutti i bambini del mondo. Non voglio, con questo, dirLe che sia scemo – che Iddio mi perdoni! – ma solo manifestarLe tutta la mia comprensione intuendo quanto difficile possa essere il Suo lavoro.

A proposito della terra dalla quale Le scrivo e del suo nome splendente: Sicilia.

Provi a chiedere ad uno dei suoi abitanti se conosce il significato di quella parola e non troverà risposta da nessuno. Eppure quella parola – Signor Santa Klaus – deriva dal greco antico con l’unione della particella che indica la crescita spontanea della natura al nome dell’albero dell’Ulivo.
Senza farla complicata (e per evitare che impegni troppo tempo a leggere questa mia letterina) il nome della Sicilia indica il luogo in cui spontaneamente cresce l’albero della pace.

Se i siciliani lo sapessero avrebbero vissuto fino ad oggi in maniera diversa e sicuramente non sarebbe nata qui la “Cosa” che mai “Nostra” potrebbe essere, perché proprio non appartiene alle nostre radici colturali e culturali.

Ma questa è un’altra storia e non voglio distrarLa neppure un momento dalla guida delle sue renne volanti.

Si chiederà, allora, perché Le ho scritto e quale richiesta possa formulare qualcuno che – più non essendo bambino – ancora nutra il desiderio di un dono. Infatti, sono certo che il regalo che le chiederò la stupirà e, forse, passerà molto tempo nel suo igloo per comprendere come poterlo esaudire. Il dono che chiedo non ha materialità, ma ha l’effetto di produrre – senza fine – le cose più belle che la creazione possa esprimere.

Mi porti un vagone di consapevolezza.

Non cerchi a lungo: la troverà, proprio al centro dell’Artico, ibernata – da oramai troppo tempo – sotto la calotta. Provi a scongelarla con i suoi poteri speciali da Babbo Natale e consegnarmela cercando di farla passare per la cappa del camino. Adesso porrà la domanda che già mi aspetto: “Ma cosa ci farà mai questo strano bambino-vecchio con la consapevolezza?”

Beh… proverò a spiegare…

Se è vero che veniamo al mondo nulla portando con noi e andiamo via da questo mondo nulla portando con noi, ebbene, un motivo vi sarà perchè da quel primo momento fino all’ultimo è tutto un cercare di portare qualcosa con noi. Con la consapevolezza darei – a mia volta – a tutti il dono di questa natalizia Verità.

Un saluto a Voi, O Babbo e non “babbo” di tutti i bambini…