Monsignor Carmelo Lorefice, arcivescovo di Palermo, vuole i nomi di chi, al cimitero dei Rotoli, ha accatastato le bare in un capannone e ha negato dignità ai morti. “Non possiamo continuare ancora a vedere i corpi dei nostri cari profanati”, scrive su Repubblica. “Burocrazia, interessi occulti e deresponsabilizzazione devono avere un nome”. Caro Monsignore, il nome lei lo conosce. E’ quello di un sindaco che, per quasi trent’anni, ha fatto di Palermo il regno della propria vanità: l’ha amministrata con i suoi uomini e i suoi metodi, l’ha imbellettata con la retorica antimafia, l’ha illusa con la mitomania di una primavera che non è mai arrivata, l’ha offesa non solo con le bare dei Rotoli ma anche con le montagne di rifiuti che bruciano e infestano i luoghi dove abitano i più poveri, i più umili, i più disadattati. Provi a gridarlo, quel nome, caro Monsignore.