In Italia capita anche questo: che nel giorno in cui una città intera, Catania, viene svegliata dall’angoscia di un terremoto nel cuore della notte (per fortuna senza morti), e mentre il fratello di un collaboratore di giustizia, ex ndranghetista, viene ammazzato a Pesaro, l’argomento del giorno sia una fetta di pane e nutella comparsa in modo improvvido sul profilo Facebook del Ministro dell’Interno. Ma la sorpresa è che non c’è sorpresa. Solo quella classica dose di sdegno, mai eccessiva in realtà, che sgorga fuori (sui social, e dove sennò?) da chi conserva tuttora un minimo di fiducia nelle istituzioni, nel buon senso, nella solidarietà umana, nella politica come etica. Uomini e donne che riescono a discernere la vita vera da quella costruita.

Ma sorpresa no, non è questo il caso. Il ministro in questione, infatti, è Matteo Salvini, quello che vanta il massimo gradimento nel Paese – la Lega, dagli ultimi sondaggi, ha scollinato il 30% – e ci ha abituato (malissimo) con la gestione dei social, baluardo della perdizione dei giorni nostri. Quello che li utilizza per mostrarsi un uomo fra gli uomini – il concetto dell’uno vale uno non è più soltanto grillino – per esasperare i toni muscolari della sua politica, facendo leva sul malcontento di un popolo depredato della sua capacità di mettere in funzione l’intelletto e l’accoglienza, e che preferisce la pancia alla testa, i social ai giornali. Lo stesso ministro che qualche giorno fa, ignorando chi fosse (lui e anche l’altro) posava a braccetto con un noto ultrà del Milan, uno della frangia più “dura” del tifo rossonero, che aveva patteggiato una condanna per spaccio. Cattive frequentazioni. (anche se in quel caso non fu lui a scattarsi una foto, ma gli altri a incastrarlo).

Eppure a Santo Stefano il messaggio che passa è un altro. E cronologicamente va ricomposto così. Alle 3.18, nel cuore della notte, un terremoto di magnitudo 4.8, mentre Salvini dorme, sbriciola qualche casa nel Catanese. Salvini, che probabilmente va a letto tardi, si sveglia intorno alle 9 del mattino. Immaginiamo abbia sentito alla radio o in tv cosa è accaduto, ma deciso a far breccia nella pancia del Paese che lo adora quando corre, sudaticcio, a piazza San Pietro, sceglie di postare la sua colazione circa un’ora dopo. Una fetta di pane e Nutella e un faccione sorridente che l’azzanna. Senza aver cura – lui è che anche Ministro dell’Interno e non solo leader sfrenato del populismo italico – di come possano sentirsi i catanesi che vedranno quel suo post, perché magari saranno impegnati su Facebook per diffondere catene di solidarietà o cercare notizie del vicino o foto del dramma. E non regge la teoria del “post programmato” né del social media manager poco attento. Perché ognuno ha i governi e i social media manager che si merita.

I rimbrotti della politica – da Zingaretti al sindaco di Pesaro, Ricci, lo hanno apostrofato in malo modo – non basteranno a farlo cambiare. Quelli critici di molti catanesi verrà silenziato dai sostenitori, che anche di fronte al pane e alla Nutella lo incentivano ad andare avanti, a non fermarsi, a cambiare l’Italia. E lui si farà beffa di tutti. Con una parziale retromarcia, o magari con indosso una maglietta dei Vigili del Fuoco. Quando un ringraziamento basta e avanza.

E’ coi social network che Matteo Salvini, cavalcando un’innegabile capacità di comunicare (al netto di qualche svarione l’ultimo,) ha costruito una dose massiccia di consenso, che dal governo si è allargata al Paese. E a furia di bacioni e baciuzzi, di “amici” e rosiconi, di sorrisi e dirette Facebook, ci ha veramente fatto credere che l’uomo qualunque, uno come lui, venuto dal basso e da una cultura della secessione, possa rappresentare la salvezza e il futuro. Perché sui social basta professare le intenzioni per catturare consensi. Per ricevere applausi e ovazioni. Basta una parola, “capitano”, per essere fonte d’ispirazione. La cultura dell’ignoranza attecchisce facilmente, la massa si trasforma, si denuda, si accosta al pensiero più in voga. A quello che dà speranza. Perché è di speranza che campiamo. Ma una fetta di pane e Nutella, dopo un terremoto che per molte famiglie resta drammatico, che speranza può dare?