Che qualcuno alla Regione stia prendendo troppo poco sul serio la questione della Finanziaria – non è stato erogato un solo euro, nonostante sia stata approvata all’Ars da quasi quattro mesi – lo ha detto anche il presidente dell’Assemblea, Gianfranco Miccichè. Il rischio di tensioni sociali è dietro l’angolo. Così si istiga il popolo siciliano ai forconi e all’insurrezione. Ovviamente si spera che non accada, ma quando la politica scherza col fuoco le reazioni sono imprevedibili. Il fatto è che dietro la compilazione del libro dei sogni chiamato “Legge di Stabilità” ci sono una marea di aspettative da soddisfare: a partire da un bel gruzzolo per le imprese in difficoltà, molte delle quali, all’indomani del lockdown, non hanno potuto nemmeno riaprire. Della prima tranche di contributi che la Regione ancora non eroga – fra un attimo arriveremo al perché – ci sono 220 milioni destinati a famiglie e lavoratori, che saranno l’Irfis, la banca della Regione, e l’Ircac a gestire. Questo è solo un esempio. Ma potremmo parlare senza timore di smentita dei 75 milioni di euro che agevolerebbero il ritorno alla vita degli operatori del turismo, reduci da cancellazioni e disdette (su tutti, le agenzie di viaggio). O, per andare più in là nel tempo, i 300 milioni del fondo perequativo per i Comuni che hanno applicato la sospensione delle tariffe ai propri cittadini, causa Covid, e si sono ritrovati sul lastrico, impossibilitati a chiudere i bilanci. L’orizzonte è nerissimo. Eppure qualcuno fa finta di non capire.

Le ultime esternazioni pubbliche dell’assessore all’Economia, Gaetano Armao, sono successive al giorno di Ferragosto: “Attendiamo a giorni il parere del Comitato di sorveglianza – ha precisato al Giornale di Sicilia – noi da parte nostra abbiamo già preparato i decreti attuativi ed i bandi relativi”. Armao si riferisce alla prima delibera di riprogrammazione da 400 milioni di euro che sta aspettando un doppio verdetto: in primis, quello del Comitato di sorveglianza; poi, quello della Commissione europea di Bruxelles. Lo stesso Armao, in precedenza, aveva esternato una speranza: ottenere il via libera entro l’11. E’ risultata un’illusione. Per completare la rimodulazione di questi soldi – che corrispondono a fondi comunitari (Fesr, letteralmente fondo economico per lo sviluppo regionale) già presenti nelle casse della Regione, ma che necessitano di un “cambio di destinazione d’uso” rispetto ai progetti originari – serve il sigillo dell’Europa. Nessuno, però, si è addentrato oltre. Nessuno del governo ha spiegato quanto tempo – realisticamente – ci vorrà.

Gli unici a farlo sono stati due deputati del Movimento 5 Stelle. Ecco la loro versione, un po’ tecnica ma quanto mai provvidenziale: “E’ ancora in itinere la riprogrammazione della Riserva di Efficacia del PO FESR Sicilia 2014-2020, cioè le somme che la Commissione Europea rende disponibili al raggiungimento di obiettivi prefissati. Stiamo parlando – hanno dichiarato Luigi Sunseri e Ketty Damante – di un atto approvato in giunta nel febbraio del 2020 e che potrebbe concludersi a giorni. Ma due riprogrammazioni contestuali non sono ammesse: cioè i 400 milioni, superstiti di 1,4 miliardi millantati in finanziaria, non possono essere ancora oggetto di valutazione da parte della Commissione. Prima di questo il Comitato di Sorveglianza dovrà dire la sua in merito”. Cosa vuol dire questo? Che nella migliore delle ipotesi le risorse non verranno liberate prima di settembre. E, comunque, saranno soltanto una parte (risibile) rispetto all’ammontare complessivo della spesa “promessa”: quasi un miliardo e mezzo.

In Finanziaria, oltre ai fondi Fesr, sono conteggiati anche i fondi a co-finanziamento statale, definiti Poc (programma operativo complementare). Altre risorse da ritagliare agli investimenti e destinare alla spesa corrente/emergenza. Altri soldi che non vedremo mai. Il “via libera” dovrebbe arrivare dal dipartimento alla coesione territoriale, al Ministero per il Sud. Ma a Peppe Provenzano, che non ha alcuna voglia di rallentare l’agonia siciliana, non è arrivato uno straccio di documentazione. Nessuna indicazione, da parte degli uffici della Regione (il dipartimento Programmazione in primis) che indichi su quali assi “trasferire” il denaro, e come utilizzarlo. Armao ha chiesto procedure semplificate in stile Puglia, la cui rimodulazione è stata accolta da Roma in quattro e quattr’otto, ma il problema è inefficiente, ancora bloccata al palo. E non ha prodotto un bel nulla. Il perché è chiaro: prima di avviare la rimodulazione dei Poc, dovrà concludersi l’iter dei Fers. Sentire e risentire questi acronimi, oltre a rimettere in discussione la fiducia dei siciliani, sa tanto di presa per i fondelli. E in effetti lo è, finché non ci sarà qualcuno di buona volontà – Musumeci, ad esempio – deciso a metterci la faccia. A spiegare “in italiano” il motivo di questi rallentamenti, a definire un orizzonte temporale entro verrà consumato il parto. Ma ci vuole tanto?

Non è detto che mettersi in regola con la documentazione basti ad avere quanto la Sicilia si aspetta. Perché se è vero che il Consiglio dei Ministri non ha avuto nulla da ridire sulla Finanziaria – impugnando un solo articolo della legge – qualcuno a Bruxelles già mugugna. “Il regolamento comunitario – hanno spiegato Sunseri e Damante – prevede possibili anticipazioni. Perché questo non venga recepito immediatamente dal governo regionale è avvolto dal mistero e puzza parecchio. Si potrebbe immaginare che, data la non idoneità dei fondi europei per gli interventi tanto sbraitati da Musumeci e il suo governicchio, la paura sia che le somme spese non siano riconosciute poi ammissibili da Bruxelles, finendo per diventare debiti fuori bilancio, cioè sul groppone dei siciliani? Oppure le risorse disponibili nelle casse della Regione non ci sono?”. Dubbi irrisolti, interrogativi feroci, che non facilitano il compito del governo. E non escludono a priori un finale drammatico.

Nell’attesa di poter dare delle risposte chiare e sincere al popolo siciliano, che ha imparato a convivere con la fame, e si arrabatta con bonus e incentivi offerti dal governo nazionale, Armao ha trovato di che essere ottimista. L’articolo 42 del decreto Rilancio, convertito in legge il 14 agosto in Parlamento, ha accordato alla Sicilia uno sconto di 780 milioni rispetto al contributo alla finanza pubblica, che da oltre un miliardo scende a 207 milioni. Una misura contingente per venire incontro alle minori entrate delle Regioni. La Sicilia potrà liberare una parte di queste risorse per alcune voci presenti in Finanziaria – disabili, teatri, associazioni sportive – ma non per curare le ferite del Covid.

E potrà farlo in due momenti: le risorse disponibili da subito ammontano a 300 milioni, di cui 50 impegnati per una variazione di bilancio che l’Ars ha già approvato prima della pausa. Gli altri 250 sono finiti in un decreto firmato da Armao, che li distribuisce a pioggia per 88 interventi: a titolo d’esempio, 103.476 euro vanno al Luglio Musicale Trapanese, 1 milione e 271 mila euro al Teatro Bellini di Catania, 9.326 euro al Pirandello di Agrigento, 633.960 al teatro di Messina, 58.222 al Biondo di Palermo, 171.474 euro all’Istituto del dramma antico di Siracusa, 296.274 all’Orchestra sinfonica siciliana, 182.808 euro al Massimo. Altri 375 mila euro vanno a Taormina Arte e 8.962 euro alle Orestiadi di Gibellina. Respirano anche l’autodromo di Pergusa e la Targa Florio, mentre 3,6 milioni finiscono nelle casse impoverite di Riscossione Sicilia. Becca un milioncino anche l’Ast, mentre l’Eas, la società degli acquedotti, si accontenta di 1,2 milioni. Quasi 50 milioni vanno alle aziende del trasporto pubblico locale, circa 89 finiranno ai Comuni.

Al termine di questa prima fase, che riguarda le voci di spesa senza asterischi (cioè quelli legati alle varie riprogrammazioni), verranno liberati altri 480 milioni, ma occorre attendere un altro passaggio legislativo a Roma, forse entro agosto. Solo allora si capirà che fine faranno. Probabilmente, andranno a rimpinguare le casse della Regione che, per effetto di una diminuzione delle entrate (tasse, imposte e canoni regionali) potrebbe ritrovarsi con un buco prossimo al mezzo miliardo. La gentuzza, insomma, dovrà ancora pazientare. L’ottimismo del governatore e del suo vice, purtroppo, è fasullo come questa Finanziaria di cartone. Scritta sulla sabbia e portata via dal vento.