Dall’Etna a Hollywood seguendo la scia del profumo di una pizza. Lo deve a suo padre, Luciano Carciotto, se è diventato la superstar mondiale dei pizzaioli. Intanto per quell’aut-aut che gli intimò a 13 anni: o studi o vai a lavorare. Poi perché il Carciotto genitore era guardia giurata e vigilava anche sulla pizzeria «La Bussola» di Pedara, una tra le più rinomate ed affollate della provincia catanese. Detto fatto: al forno, subito, doppi e tripli turni, una gavetta spietata.

Adesso ha appena finito di registrare una delle puntate de «Il boss delle pizze», il format di Alice Tv che vede in gara i più bravi pizzaioli professionisti d’Italia e sorride leggendo sul suo telefonino il messaggio della segretaria di DiCaprio: che torni presto negli States perché Leo ha nostalgia della sua «Regno delle due Sicilie».

«La pizza è soprattutto amore, passione, fantasia». Già, fa presto a dirlo uno che non si trova seduto a un tavolo davanti ad un menù che ti fa scegliere tra 50 farine e 100 gusti diversi. «Intanto facciamo chiarezza su questa “rivoluzione” delle farine che è stata importante negli ultimi anni. Prima di tutto per la salute: meno raffinata è, la farina, e meno fa male, la “doppio zero” è troppo sbiancata, possiamo cominciare a parlare ragionevolmente dalla “zero” a salire, più si riduce la macinatura più garantito è il nostro apparato digerente. Secondo motivo: la riscoperta dei grani antichi è stata anche una “rivoluzione” culturale, ci ha fatto tornare a sapori cui non eravamo più abituati in qualche caso addirittura da secoli. E ci mette al riparo da quelle intolleranze alimentari che oggi, purtroppo, sono molto aumentate. Insomma, se una pizzeria propone una scelta così vasta, non è una forma di sadismo ma di rispetto, tutela e amicizia verso il cliente».

Anche in America si sono fatti esigenti. Carciotto ci è arrivato nel 2017 “a muso duro”. «Al mondo ci sono centinaia di campionati internazionali di pizzaioli – racconta -. Mi sono detto: Luciano, punta subito in alto. E così, Las Vegas. Lì a gareggiare ci sono i più bravi, tra gli sponsor i migliori mulini, la farine più famose. Mi sono presentato con le mie credenziali, senza alcun appoggio. Sono entrato in semifinale con la mia “Regno delle due Sicilie” che poi ho replicato per la finalissima, che ho vinto. Quest’anno la conferma, il trofeo più ambito “The Best of the Best” con la “7 Oro” (crema di pistacchio di Bronte, funghi cardoncelli, guanciale di maialino nero, pomodoro di Pachino, petali di parmigiano, burratina di Andria, granella di pistacchio di Bronte)».

Riconoscimento che lo ha portato davanti al forno per la “Notte degli Oscar” a Los Angeles dove le sue creazioni sono state apprezzate da Jennifer Lopez, Quentin Tarantino, Jodie Foster, Geena Davis, Paolo Sorrentino e Lina Wertmuller alla quale ha dedicato una pizza speciale. Oltre a Leo DiCaprio che è diventato un Carciotto-addicted. Performance di cui va fiero almeno quanto l’aver regalato una giacca da pizzaiolo a Papa Francesco.

Nonostante la popolarità, resta con i piedi per terra, Carciotto, ma coltiva grandi sogni. «Mi piace ogni tanto mettermi davanti al forno e servire i clienti delle mie tre pizzerie a Nicolosi, alla falde dell’Etna, e di quella che ho a Catania». Pizzaiolo-imprenditore, dunque. E il progetto di una bella attività oltre Stretto non lo sfiora? «In Italia c’è troppa inflazione di pizzerie, anche di alta qualità. Negli Stati Uniti la pizza da gourmet non è ancora così diffusa. Ecco, un bel localino a Los Angeles confesso che non mi dispiacerebbe».