Che ne sarà di questo Pd siciliano non lo sa neppure Antonello Cracolici, uno di quei pasionari che non ha smesso di credere nella ricetta “dem” neanche all’indomani delle più cocenti sconfitte elettorali – alle Regionali e alle ultime Politiche – e tanto meno dopo aver visto naufragare il partito in un commissariamento annunciato (per i noti fatti legati al congresso in cui divenne segretario Faraone). Ora come non mai, però, il Partito Democratico è a un punto di svolta e dovrà decidere cosa diventare da grande. Perché, come va ripetendo l’ex assessore regionale all’Agricoltura, “il Pd è molto più forte all’esterno che non all’interno” e “l’obiettivo è ricostruire una comunità”. I primi mattoncini sono stati messi mercoledì, durante la visita della deputazione siciliana al segretario Nicola Zingaretti: “Il Pd siciliano – ha spiegato Cracolici – è in una fase di ricostruzione che bisogna condividere col Pd nazionale e con il governo che ci vede impegnati da protagonisti. Occorre offrire ai siciliani una piattaforma programmatica e politica per il futuro”.

Onorevole, sembra la solita dichiarazione d’intenti. Cosa serve per davvero?

“La definizione di un percorso e di una visione condivisi, e parlare lo stesso linguaggio. Abbiamo evidenziato la necessità di costruire un “Manifesto per la Sicilia” che sia rivolto al governo, al Pd, ai militanti e a tutti i siciliani. Un insieme di cose per cui essere riconoscibili”.

Si può fare con uno spirito unitario?

“E’ fondamentale ricostruire una comunità. E’ ovvio che all’interno di essa ci siano diverse articolazioni di pensiero e persone che tendano a far prevalere il proprio su quello altrui. Ma non esiste che chi perda la battaglia congressuale sia fuori dal partito o venga messo all’angolo. Un partito non può essere il luogo dei sopravvissuti, ma un soggetto utile a prescindere dalle persone. I cittadini, più del gruppo dirigente, hanno la consapevolezza di quanto ci sia bisogno del Pd”.

Però alcuni circoli come ad Agrigento e Marsala – comuni in cui si va a votare nella prossima primavera – lamentano un’assenza di strategia e di dialogo in vista del prossimo appuntamento elettorale. Il commissario Losacco ne è consapevole?

“Secondo me è corretto che le questioni dei comuni vengano affrontate nei comuni. Chi chiede aiuto all’esterno è perché non sa che pesci prendere all’interno, e spera che intervenga qualcuno con la bacchetta magica. Non esiste uno schema che si elabora a Palermo e si applica nei comuni. Quando in passato ci abbiamo provato, scatta l’orgoglio municipalistico. E poi le ricordo che a Marsala siamo al governo della città…”.

Però il sindaco negli ultimi tempi si è defilato. E’ quasi un’entità avulsa dal Partito Democratico.

“I cinque anni di governo spesso aggravano le dinamiche fra partito e amministrazioni, anziché rafforzarle. Questa è una delle patologie da correggere. Va fatta una valutazione comune per comune e stringere le alleanze con quella parte di mondo che orbita nella vita di una città, aprendo una fase nuova. Abbiamo bisogno di un centrosinistra che non si nasconda nel finto civismo. Anche noi del Pd siamo finiti spesso in liste anonime, o appoggiato candidati a sindaco differenti, per nascondere le divisioni. Il sistema politico – piaccia o no – rimane bipolare: da un lato c’è la destra, dall’altro ci siamo noi. Attorno a questo schema bisogna costruire le alleanze. Non possiamo sostenere la destra, né far passare il messaggio che il Pd si nasconda perché provi vergogna nell’essere pilastro del centrosinistra. Chi lo fa non rende un buon servizio alla causa, ma agisce a titolo personale”.

Con Zingaretti avete parlato anche di trasporti e caro voli. Il vice-ministro alle Infrastrutture Cancelleri ha annunciato 5 mila posti in più con Alitalia per il periodo di Natale…

“Vede, il caro voli è uno dei tanti problemi che affliggono la Sicilia. In questa fase ci sentiamo davvero “isola” all’interno di uno Stato che non riconosce la condizione specifica dell’insularità. Mi verrebbe da dire che la Sicilia non è la Calabria. Il Mezzogiorno sta diventando la nostra prigione. Spesso affrontiamo le questioni in termini macro, dimenticando che la Sicilia ha condizioni specifiche non possono essere risolte nell’ambito delle politiche del Mezzogiorno, che sono già deboli di per sé e non hanno alcuna efficacia per noi. Il tema dell’insularità va rilanciato in chiave europea”.

Come?

“Perché all’Irlanda, che è un’isola più piccola della nostra, viene riconosciuta l’insularità, e alla Sicilia no? Siamo considerati una “semplice” Regione di un’area più vasta, che è il Mezzogiorno, a sviluppo ritardato. Le politiche messe in campo negli ultimi trent’anni per le aree a sviluppo ritardato non hanno cambiato di una virgola la condizione economica della Sicilia. Vuol dire che non sono sufficienti né idonee”.

In quali altri ambiti si misura la difficoltà?

“Innanzitutto sul tema della fiscalità. Se questa non diventa una terra attrattiva è destinata a morire. O si sviluppa una politica pubblica che riesca a sopperire rispetto a ciò che non garantisce il mercato – il mercato non sceglierà mai la Sicilia come terra di sviluppo – oppure bisogna agire sul tema della fiscalità per rendere conveniente investire in Sicilia. Questo è uno dei temi che ci porteremo fino al congresso e inseriremo nel manifesto”.

Veniamo alla Regione. La Corte dei Conti ha già emesso un avviso di sfratto. Qual è il messaggio che ci arriva dalla pre-parifica dei giudici contabili?

“Che la differenza tra le entrate e le uscite della Regione, considerati anche i residui attivi e passivi iscritti a bilancio, supera i 6 miliardi. Il problema è che bisogna avere un fondo di garanzia per rientrare da questo disavanzo. Credo, inoltre, che l’amministrazione regionale ad alcuni quesiti non abbia nemmeno risposto”.

Cosa potrebbe avvenire con la parifica del 13 dicembre?

“La parifica della Corte dei Conti attesta la veridicità delle poste iscritte in Bilancio. Dovrà esserci un equilibrio fra quelle in uscita e quelle in entrata. Tutto deve essere suffragato da una serie di misure che possano far fronte al disavanzo, che prima o poi deve essere ripagato. Se, invece, non esistono sufficienti misure correttive, ci sarà imposto un ripiano temporalmente “violento” e senza la necessaria progressività con cui di solito si mettono in campo le strategie di risanamento”.

Non ha salutato con entusiasmo la nomina di Caldarone all’Esa.

“Non mi importa di Caldarone. Secondo me è grave – e mi dispiace che nessuno del sindacato dei dirigenti ne parli – che venga nominato un commissario al posto di un dirigente. Non esiste in natura. E che quel commissario, a maggior ragione, non sia un dipendente della Regione”.

Cos’avrebbe dovuto fare l’assessore Bandiera?

“L’assessore aveva l’obbligo, laddove il dirigente era in scadenza, di rinnovargli il contratto o di indicare al Consiglio di Amministrazione – che può accettare o meno – di nominare un nuovo dirigente al suo posto. Non puoi nominarti un commissario ad acta. Questo può avvenire per un organo di gestione, come un Consiglio d’amministrazione. Laddove ci siano degli adempimenti da garantire, interviene un commissario ad acta. Ma per un direttore generale è diverso: stiamo parlando di un organo esecutivo che risponde al Consiglio d’amministrazione e non al governo della Regione”.

Bandiera ha replicato adducendo un paio di motivazioni: la prima è che si tratti di una nomina temporanea e limitata agli atti urgenti; la seconda è che anche lei, tempo fa, ha nominato il direttore generale dell’Esa attingendo al suo gabinetto.

“E’ la pezza che allarga il buco. Al posto di un direttore devi nominare un dirigente della Regione, tranne che non fai una selezione pubblica in cui evidenzi le ragioni per cui non puoi ricorrere a una professionalità interna e peschi all’esterno. Ma solo attraverso un avviso o un atto di interpello. Questo è un abuso di atti d’ufficio, e gli atti sottoscritti dal commissario ad acta, da questo momento in poi, sono nulli. Non si rendono conto della gravità dei provvedimenti assunti. Stavolta non mi limiterò a scrivere degli atti parlamentari, ma invierò un esposto alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica per la valutazione dei reati connessi”.