Un patto con la città e per la città. Leoluca Orlando si affida ai termini della campagna elettorale, agli slogan da manifesto; ma i toni, rispetto ad altre epoche, sono bassi, quasi dimessi. L’incontro coi capigruppo di Sala delle Lapidi si conclude con un nulla di fatto. Frutta l’ennesimo rinvio che non fa bene a Palermo, una città sepolta dalle emergenze. Ma il sindaco non ha i numeri nemmeno per affrontare l’ordinario, così ha chiesto una mano, dettando lui il percorso, a quelli che ci stanno. Compresi gli arcinemici della Lega, e persino i consiglieri di Italia Viva – i più numerosi – che qualche giorno fa sono stati accompagnati fuori dalla porta, dopo la richiesta improvvida di azzerare la giunta (ne hanno fatto le spese gli assessori Piampiano e Costumati, “costretti” a dimettersi).

Il tentativo raccogliticcio di Orlando è un atto dovuto: serve a trovare i voti su provvedimenti che non ha la forza di approvare da solo. Da destra e da sinistra i pungoli sono continui: sulla situazione imbarazzante dei cimiteri, ad esempio, ma anche sui quartieri assediati dalla monnezza, la cui governance è stata rimessa in discussione con l’addio al presidente di Rap, Giuseppe Norata (di Italia Viva), e la nomina al suo posto di un fedelissimo, nelle vesti di amministratore unico: Maurizio Miliziano. E’ il tempo in cui le decisioni del prof si attorcigliano fra ciò che è utile alla città e ciò che è utile a lui per garantirsi un altro anno (l’ultimo) di sopravvivenza politica.

Questa confusione rende difficile, quasi impossibile, credergli. E disperato ogni tentativo di ottenere un briciolo di fiducia. Come spiega Fabrizio Ferrandelli: “Aiuteremo la città, non lui… Le due cose non coincidono”. Orlando ha messo al centro del dibattito i temi di caratura ‘consiliare’: dal Piano triennale delle Opere pubbliche (già bocciato: è stata la goccia che fatto traboccare il vaso coi renziani), passando per il bilancio consolidato, il regolamento degli impianti sportivi, il Pudm (piano urbano per la mobilità sostenibile) e addirittura il Piano regolatore generale. “Io proporrei di partire dal cimitero – aveva annunciato Ferrandelli prima del summit – Ho presentato una mozione per avviare le procedure in deroga, data l’emergenza, per l’acquisto di un nuovo forno crematorio. Il sindaco non può dire che a ottobre sarà pronto. Inizi lui a dare dei segnali”.

L’emergenza dei Rotoli è sempre in divenire. Gli 880 feretri a deposito, senza una degna sepoltura, gridano vendetta. L’unica soluzione individuata da Orlando, e annunciata una settimana fa, riguarda un avviso pubblico esplorativo “per l’affidamento del servizio di architettura e ingegneria finalizzato alla riattivazione del funzionamento dell’impianto crematorio del cimitero di Santa Maria dei Rotoli”. La procedura prevede vari step: la redazione del progetto definitivo ed esecutivo, la direzione lavori, l’espletamento dell’incarico di coordinatore della sicurezza, la redazione degli elaborati propedeutici all’ottenimento dell’Autorizzazione Unica Ambientale (A.U.A.)”. Tanta, troppa burocrazia. L’importo delle opere da realizzare è pari a 180 mila euro.

Della questione dei cimiteri, però, il sindaco pare volersi occupare da solo, affiancato da un assessore di fresca nomina: l’ingegnere Tony Sala. Il Consiglio ne resta fuori e non tocca palla nemmeno sui rifiuti, dove il rischio è che la Tari schizzi alle stelle per colpe non imputabili ai cittadini. Gli extracosti, su cui dovrà deliberare Sala delle Lapidi, sono lievitati perché “la Regione ci ha fatto aspettare cinque anni per la settima vasca”, ha dichiarato Orlando a Repubblica. E’ sempre colpa di qualcun altro. “La pandemia ci ha messo in ginocchio – è stata l’ultima autodifesa di Orlando – fermando un cammino che stava dando i suoi frutti”. Ma ciò che non si è colto nella disamina di ieri, con i capigruppo, è l’assegnazione della giusta priorità ai problemi e, soprattutto, la condivisione del un percorso: “Il sindaco Orlando è venuto a chiedere aiuto istituzionale per la città su alcune tematiche che lui ritiene importanti – ha detto il capogruppo della Lega, Igor Gelarda – ma che non è stato in grado di affrontare negli ultimi nove anni della sua gestione. Forse qualcuno si sarebbe potuto aspettare un mea culpa da parte sua per come è ridotta Palermo, ma questo non è accaduto”.

Concorda il segretario cittadino del Carroccio, il consigliere Alessandro Anello: “Alla base della conferenza di ieri doveva esserci un’ammissione di responsabilità che invece non c’è stata – si lamenta –. I capigruppo hanno chiesto qualche giorno di tempo per valutare le proposte del sindaco, ma il mio orientamento sarà quello di chiedere a Orlando, in subordine alle sue dimissioni, di portarci degli atti che riguardano le grandi criticità, e comunque finalizzati al superamento della pandemia: penso, ad esempio, alla modifica del regolamento sulla concessione del suolo pubblico per i ristoratori. Ma penso anche alla necessità di togliere la monnezza dalle strade e le bare dal deposito dei Rotoli. Sarà questa la mia proposta al gruppo della Lega e agli altri partiti del centrodestra. Non ce ne facciamo nulla, in questa fase, di una discussione sul Piano regolatore generale. Non consentirò a nessuno che venga utilizzato il Prg a scopo di campagna elettorale”. E poi, fa notare Anello, “Orlando è anche contradditorio. Su giornali dichiara ‘mai con la Lega e la Meloni’, poi viene in Consiglio comunale a chiederci una mano. Questo comportamento è quanto meno discutibile”. Gelarda, però, assicura che “la Lega non si è sottratta e non si sottrarrà alla collaborazione istituzionale per evitare di condannare definitivamente Palermo. Se ci sono atti da votare in consiglio per favorire i cittadini e la città lo faremo. Ma basta con le scelte a senso unico”.

Per Forza Italia si esprime Andrea Mineo, vicepresidente della commissione Bilancio: “La scelta di chiedere una mano ai partiti a un anno dal termine della legislatura è di per sé anacronistico – spiega il commissario cittadino azzurro – Inoltre, rimaniamo perplessi rispetto all’elenco delle priorità illustrate da Orlando. Questo è un momento in cui bisogna garantire la ripresa economica: la prima cosa da fare è intervenire sul regolamento dei dehors e discutere con le categorie produttive. Inoltre, non si può più derogare sui 52 ponti di Palermo, che in dieci anni d’amministrazione sono stati letteralmente dimenticati; né sulla questione cimiteriale, che ci ha proiettato sul palcoscenico nazionale, per l’incapacità dell’amministrazione di incidere sulla qualità della vita ma anche della morte dei palermitani. Cosa c’entra in tutto questo il piano regolatore? Le nostre priorità sono quattro: strade, scuole, cimiteri e decoro urbano. Se si comincia da questi interventi urgenti, siamo disposti a parlarne. Ma non sarà un dialogo a tutti i costi”.

Assai critica anche la posizione di Dario Chinnici, capogruppo di Italia Viva. Il partito di Renzi ha il dente avvelenato per il trattamento subito nelle scorse settimane: “Il sindaco Orlando è forse l’unico a non accorgersi dello stato comatoso in cui versa Palermo: un bilancio con un ammanco da 80 milioni, strade senza manutenzione, Bellolampo a rischio saturazione, partecipate finanziariamente al collasso, ponti Corleone e Oreto a rischio, quasi 900 bare in attesa di una sepoltura, richieste di concessione del suolo pubblico bloccate. Tutte cose che con la pandemia non hanno nulla a che fare”.  “Ad oggi – continua l’esponente di IV – la maggioranza in consiglio comunale si è dissolta, ma il sindaco da un lato chiede collaborazione e dall’altro continua ad attaccare a testa bassa il Consiglio mentendo sulle conseguenze dello stop al piano triennale e fingendo di non vedere il livello disastroso della sua giunta. E’ stato lui a dire di aver condiviso l’indirizzo dell’Aula in occasione dell’ultimo bilancio e oggi si rimangia tutto; è stato lui a ignorare il problema Bellolampo e ora attacca la Regione dopo mesi di silenzio; è stato lui per mesi ad avere la delega ai Cimiteri e oggi sembra cadere dalle nuvole. Italia Viva è sempre stata dalla parte dei palermitani e lo sarà ancora sul commissariamento del ponte Corleone e sull’esenzione dei tributi per i commercianti in difficoltà, senza chiacchiere o voli pindarici che ormai non incantano più nessuno”.

Tutti quelli che erano considerati suoi amici, si trovano dall’altra parte. Ma in questi quattro anni il sindaco non è riuscito a farsene di nuovi. E così arriva alla fine del mandato costretto a chiedere, cosa che non gli è mai piaciuta. Orlando si è sempre preso ciò che gli spettava, ha battuto i pugni quando necessario, è arrivato a ‘minacciare’ gli altri per difendere le sue idee. Da ieri s’è aperta la ‘svendita’. Ma il fatto che sia sempre lui a voler imporre il prezzo, rischia di annacquare il tentativo. Il sindaco ha dichiarato che dopo aver incontrato la politica, sarà la volta di tutte le forze sociali. Il mito dell’uomo al comando sta lentamente tramontando. Qualcuno sarà davvero disposto ad aiutarlo?