Ricostruire un tessuto scolastico e culturale che la pandemia, le lezioni a distanza e il divario digitale rischiano di aver smantellato. La posta in palio è altissima, ma il mondo della scuola, anziché raccogliere lo sprone del nuovo governo, rimane ferma a un bivio. La proposta di Mario Draghi di “recuperare le ore perse” è stata accolta con scetticismo, persino con un po’ di sufficienza, dal corpo docente, che in Dad, va detto, ha dovuto faticare il doppio per reggere il peso della Dad e della smaterializzazione. Maestri e professori sono una parte del problema – di ben altro tenore le difficoltà degli istituti ad adeguarsi alle misure di contenimento e delle amministrazioni nel reperire gli strumenti che concedono pari opportunità agli studenti – ma rappresentano senz’altro la soluzione. Così, accettare di rimanere in classe fino al 30 giugno, e magari ricominciare l’anno con una settimana d’anticipo (il 6 settembre), potrebbe essere un segnale di ritorno alla normalità. I libri, mai come oggi, rappresentano un ancoraggio alla vita che rivorremmo indietro. Scevra da scienziati, varianti e numeri impazziti. Vero contenitore di futuro.

In Sicilia le alte temperature del mese di giugno (anche a settembre non si scherza) sarebbero un reale impedimento a svolgere le lezioni nel modo più congeniale. Ma in questo contesto difficile e per nulla definitivo va tenuto conto di due cose: Draghi e il neo ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi – che ha già fatto parte della task force della Azzolina, e quindi conosce bene lo stato dell’arte – non hanno prospettato un mese dietro le sbarre. Ma una sorta di overtime, di tempo supplementare, che permetta a chi ha smarrito il metodo di studio, semplicemente di ritrovarlo; e a chi ha sofferto la lontananza dai compagni, di smaltire le ingenti dosi di didattica a distanza. L’ex Ministro aveva ammesso che “la Dad non funziona più”, chiedendo a più riprese il ritorno in classe. In ritardo, ma è stata accontentata.

Pian piano tutte le Regioni si sono adeguate. La Sicilia, per la verità, è stata l’ultima. Le scuole elementari e le prime medie hanno riaperto il 15 gennaio, una settimana in ritardo rispetto alle previsioni. I ragazzi delle superiori, dopo tre mesi e mezzo davanti al pc, sono tornati in presenza dall’8 febbraio e continueranno con la didattica ibrida (al 50% da casa) almeno fino alla fine del mese (o fin quando i mezzi pubblici non saranno in grado di garantire i trasporti in sicurezza). Lo ha detto anche l’assessore Lagalla, in queste ore distratto dalle voci romane che lo vedrebbero candidato a un posto da sottosegretario proprio al Miur: “La mia idea – ha spiegato l’ex rettore di Palermo qualche giorno fa – è di restare al 50 per cento fino a fine febbraio. Da marzo, poi, dare la possibilità alle scuole di organizzarsi in autonomia fino al 75 per cento in presenza in base alle loro esigenze. Tenendo sempre d’occhio l’andamento dei contagi e contando anche sui vaccini per i docenti”.

Questo è un altro punto saliente del programma di Mario Draghi. Della prima lista fornita alle Asp dall’Ufficio scolastico regionale fanno parte 64 mila docenti (su un totale di 107 mila): sono quelli che hanno meno di 55 anni. Ma nelle prossime ore, grazie alla gentile concessione di Aifa – che ha allargato la somministrazione del siero di AstraZeneca a tutti gli under-65, purché in buone condizioni di salute – la platea si arricchirà in maniera sostanziale. Sebbene in tanti lo ritengano un “ripiego”, e preferirebbero di gran lunga Pfizer o Moderna, il cui livello d’efficacia appare più solido. La fregatura, per chi è in attesa di una dose, è che al momento non ci si può prenotare sulla piattaforma online di Poste Italiane, aperta solo agli anziani (in 130 mila hanno fissato un appuntamento). La vaccinazione dei prof è un’iniziativa che i presidi stanno cavalcando a livello nazionale: d’altronde, gli insegnanti sono gli unici costretti a spostarsi da una classe all’altra e, più dei ragazzi, rappresentano un potenziale veicolo di contagio. Vaccinati loro, saremmo già a metà dell’opera.

Nessuno sa cos’avverrà nei prossimi giorni. Il Ministro Bianchi, sulla linea del premier Draghi che già durante le consultazioni aveva esteso gli inviti alle parti sociali, ha convocato i sindacati e le associazioni di categorie, per fare il punto della situazione. Oggi il calendario scolastico, nella potestà delle Regioni, prevede un termine delle lezioni tra il 5 e il 16 giugno. Il ministro vorrebbe accompagnare le amministrazioni a un prolungamento collettivo dell’anno verso mercoledì 30, “per recuperare il tempo perso”. Allineandosi, in pratica, alla data di chiusura delle scuole dell’infanzia. Serve uno sforzo per elementari e medie, giacché il programma delle scuole secondarie di secondo grado – licei e istituti tecnici – è già fissato: il 16 giugno, infatti, cominceranno gli esami di maturità che, come l’anno scorso, prevedono soltanto una mega prova orale. Il maturando partirà da un elaborato ampio e personalizzato sulle materie di indirizzo, la cosiddetta “tesina”, concordandolo con il consiglio di classe; da qui comincerà l’orale che si svilupperà sulle altre discipline. L’ammissione agli esami – perché quest’anno ci sarà la possibilità di bocciare – sarà disposta in sede di scrutinio finale dal Consiglio di classe.

Chi rimane fuori da questi ragionamenti sono elementari e medie a cui, in caso di slittamento, verranno richiesti sacrifici aggiuntivi. I presidi, al momento, restano guardinghi: “Sul calendario scolastico non c’è nulla di deciso, dipende da come andrà l’epidemia – ha detto Antonello Giannelli, dell’associazione nazionale dei presidi -. C’è una grossa incognita sulle varianti, molto aggressive. Oggi bisogna fare i conti con una realtà così complessa che stare a disquisire, a metà febbraio, se si andrà a scuola fino al 15 o al 30 giugno appare una forzatura. In linea di principio, se ci fosse necessità di prolungare il calendario si può prendere in considerazione, ma di qui a parlarne ora ce ne passa, dobbiamo aspettare”. “Siamo contrari ad una mera operazione ragionieristica che preveda un generalizzato ampliamento del calendario scolastico – ha detto invece Francesco Sinopoli, segretario della Flc Cgil -. Il problema del recupero degli apprendimenti scolastici, infatti, non è uguale in tutte le regioni e in tutte le scuole d’Italia. Serve una strategia diversificata e mirata che affidi modalità e tempi di realizzazione delle attività di recupero alle singole istituzioni scolastiche”.

E’ una tesi sostenuta anche da Draghi e Bianchi, i quali ritengono necessario un surplus di lezioni prevalentemente al Sud e nelle aree interne, dove magari è più difficile stare al passo col digitale. L’altro punto imprescindibile per riportare tutti in classe, e non lasciare nessuno fuori, è l’organizzazione del sistema per contenere la possibilità di contagio all’interno degli istituti. Non solo screening al drive-in: il ministro dell’Istruzione, dopo un vertice col comitato tecnico-scientifico, ha contattato il comandante dei reparti medici dell’esercito, che assieme alla Protezione Civile dovrà gestire una migliore difesa dal Covid all’interno degli edifici scolastici italiani.

La protesta di Palermo

Anche in Sicilia la situazione richiede attenzione. Negli ultimi due giorni alcuni studenti del Liceo Regina Margherita di Palermo si sono presentati col pc a palazzo dei Normanni, di fronte alla sede dell’Ars, per svolgere da lì, in piazza del Parlamento, le lezioni a distanza. Molti striscioni sono apparsi nei vari istituti per chiedere più sicurezza: “Tornando a scuola, abbiamo trovato classi che non permettono di garantire il metro di distanza previsto – ha detto una portavoce del coordinamento Studenti Medi di Palermo -; assembramenti all’ingresso e all’uscita dalle scuole; connessione Wi-Fi non funzionante; trasporti pubblici inefficienti. Talvolta i mezzi mancano, altre volte sono sporchi o all’interno si crea assembramento. La questione del trasporto non è stata considerata affatto, eppure è un nodo centrale visto che gli studenti si muovono prevalentemente in autobus o tram”.

C’è una questione legata all’emergenza della pandemia, che richiede grosse capacità d’adattamento che non tutti posseggono; e ce n’è un’altra, assai più problematica, connessa all’edilizia scolastica, che da anni viene puntualmente trascurata. L’assessore Lagalla, in questi giorni impegnato in un tour delle scuole, si è detto stranito: “Durante i colloqui fatti, non mi è stata rappresentata alcuna particolare criticità legata ai trasporti o allo svolgimento della didattica mista, neppure deficit legati a difficoltà di connessione – aggiunge l’assessore – Laddove venissero segnalate carenze, saremo pronti a intervenire”. Il suo eventuale approdo a Roma (nelle ultime ore le quotazioni sono in discesa) rischia di creare un vulnus alla base della piramide costruita in questi mesi, dove un ruolo di primo piano è stato affidato ad Elio Adelfio Cardinale, messo a capo della task force.