Quattro siciliani su dieci non beneficiano del servizio di depurazione; dei 457 impianti esistenti, il 16 per cento sono spenti e il 20 è privo delle necessarie autorizzazioni. Così gli scarichi finiscono in mare che – dalle ultime analisi cliniche – risulta sempre più inquinato (il divieto di balneazione-lampo di quest’estate a Mondello grida vendetta). E’ attorno a questi dati che ruota l’indagine della commissione parlamentare Ecomafie, da qualche giorno in Sicilia per approfondire una delle tante magagne (dimenticate) di questa Regione. La relazione finale sarà pronta a dicembre, ma nel frattempo tutte le istituzioni sono passate al setaccio. Dai sindaci ai funzionari, fino al presidente della Regione che ieri pomeriggio, assieme all’assessore al Territorio, Toto Cordaro, all’Energia, Daniela Baglieri, e ad alcuni dirigenti è stato sentito dalla commissione presieduta da Stefano Vignaroli.

“Ben venga l’inchiesta della commissione – aveva esordito Musumeci, provando a smarcarsi – per fare luce su ritardi e colpevoli omissioni di trent’anni. La Sicilia dal 2014 è stata commissariata dallo Stato e noi eravamo all’opposizione. Chiederemo a Roma maggiore celerità nell’iter per la realizzazione degli interventi previsti”. Ma l’audizione non è mera prassi: vuole accertare delle responsabilità che appartengono anche a questo esecutivo. Fra i temi più scottanti c’è quello relativo ai controlli da parte dell’Arpa, cioè l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, e il caso del depuratore di Balestrate, in provincia di Palermo, che risulta funzionante anche se la commissione ha appurato il contrario: è in totale stato d’abbandono.

Dopo le pesanti multe inflitte dall’Unione Europea, è scattato un piano di 66 interventi predisposto dal commissario nazionale per la depurazione, Maurizio Giugni. Uno è previsto ad Acqua dei Corsari, a Palermo, ma si attende l’autorizzazione Via-Vas da parte dell’assessorato competente: “Acqua dei Corsari è arrivato sul mio tavolo proprio oggi (ieri per chi legge, ndr) – ha spiegato l’assessore Cordaro, secondo quanto riportato da Repubblica – quattro progetti sono stati sbloccati, altri cinque sono al Comitato tecnico scientifico e saranno autorizzati nelle prossime settimane, i restanti entro l’anno”. Anche il depuratore di Cefalù, come sottolinea la deputata nazionale dei Cinque Stelle, Caterina Licatini, “è stato completato e pronto a funzionare ma fermo perché non si sa chi deve gestirlo”.

Ma proprio su Acqua dei Corsari, rischia di aprirsi un enorme contenzioso fra l’Amap, la società che gestisce gli acquedotti, e i palermitani. Nonostante il mancato funzionamento dell’impianto – che ormai pare acclarato – il servizio continua a incidere fino al 41 per cento sulle bollette idriche. Per questo il Movimento 5 Stelle ha deciso di presentare un esposto in Procura. “La magistratura – si legge in una nota dei deputati Giampiero Trizzino e Salvatore Siragusa – accerti se questo non possa configurarsi come condotta penalmente rilevante e operi di conseguenza. E soprattutto l’acquedotto rimborsi i cittadini, come previsto dalla legge 13 del 27 febbraio del 2009”. D’altronde è già successo qualche anno fa a Caltanissetta, quando lo stesso M5s fece rimborsare a tantissimi cittadini da Caltaqua le quote pagate per depurazione non avvenuta.

“La mancata depurazione dei reflui diretti all’impianto di Acqua dei Corsari – dicono i due deputati – è un fatto pressoché acclarato da numerosi sopralluoghi degli organi inquirenti che hanno portato al commissariamento dell’Amap per l’attività di depurazione. L’inefficienza di questo depuratore è stata rilevata anche nel corso di un’audizione della Procura presso la commissione parlamentare di inchiesta su illeciti ambientali. Se è vero, i cittadini vanno rimborsati, come previsto dal decreto legge 30 dicembre 2008 convertito nella legge 13 del febbraio 2009 che sancisce che i gestori del servizio idrico provvedano entro 5 anni alla restituzione della quota di tariffa non dovuta per il mancato esercizio del servizio di depurazione, che può arrivare anche al 41 per cento dell’importo dell’intera bolletta”.

“Che l’Amap sapesse di non depurare – sottolineano i parlamentari – lo ha rilevato la stessa Procura nel corso dell’audizione presso la commissione parlamentare di inchiesta di qualche tempo fa. Quello che ci chiediamo è perché continuasse a riscuotere la quota per un servizio che sapeva di non erogare. Questo e tante altre cose, come ad esempio quanti utenti sarebbero da rimborsare, avremmo voluto chiederle direttamente ai vertici dell’Amap, che per ben due volte sono stati convocati in audizione all’Ars, ma in entrambe le occasioni non si sono presentati, come non si è presentato il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, per impegni, ha detto, precedentemente assunti”. “Noi – concludono Trizzino e Siragusa – non ci fermiamo. Siamo convinti che ci siano tutti i presupposti per il rimborso e per ripercorrere una strada già battuta anni fa dal Movimento 5 Stelle di Caltanissetta che fece rimborsare da Caltacqua oltre un milione mezzo di euro ai cittadini nisseni. Non solo: questa battaglia è destinata ad allargarsi praticamente a tutta la Sicilia. Quasi il 50 per cento dei depuratori dell’isola infatti non funziona o funziona molto male”.