La campagna elettorale di Palermo si snoda attorno alla presenza ingombrante di Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri, che, in maniera diversa, appoggiano la candidatura di Roberto Lagalla. Cuffaro, condannato per favoreggiamento, e Dell’Utri (che ha scontato una condanna per concorso esterno) erano finiti qualche giorno fa nel mirino di Alfredo Morvillo, fratello di Francesca, morta nell’attentato di Capaci con il giudice Falcone, suo marito. Ma adesso un’altra voce autorevole dell’Antimafia, quella di Maria Falcone, torna a premere sull’argomento: “E’ inaccettabile che in una città che per anni è stata teatro della guerra che la mafia ha dichiarato allo Stato e che ha contato centinaia di morti sia ancora necessario ribadire che chi si candida a ricoprire una carica importante come quella di sindaco e qualsiasi altra carica elettiva debba esplicitamente prendere le distanze da personaggi condannati per collusioni mafiose”.

“Dovrebbe essere assolutamente scontato, ma evidentemente non lo è, che chi aspira a rappresentare la capitale dell’antimafia, la città di Falcone e Borsellino, senza alcuna titubanza prenda posizione rifiutando endorsement di personaggi impresentabili. Eppure – spiega la donna – a pochi giorni dal trentesimo anniversario della strage di Capaci ci troviamo costretti a chiedere a chi intende amministrare Palermo di dire parole chiare contro i mafiosi e chi li ha aiutati e di ripudiarne appoggi e sostegno. Condivido in pieno ogni parola pronunciata da Alfredo Morvillo. In tema di mafia i grigi non sono ammessi”.

Lagalla ha dovuto chiarire per l’ennesima volta la sua posizione: “Con me i mafiosi e i loro complici rimarranno fuori dal governo della città – ha scritto, senza alcun riferimento a Cuffaro e Dell’Utri -. Difenderò sempre il percorso etico e morale di redenzione e riscatto che la nostra città ha attraversato negli ultimi trent’anni”. E ancora: “Più che le parole e le abiure vale la mia storia personale e il progetto per il futuro di Palermo”. “Ricordiamo che il sistema politico prodotto dal professionismo dell’antimafia, come quello del governo Crocetta, è attualmente alla sbarra. Ci ispiriamo alle parole pronunciate l’anno scorso da Fiammetta Borsellino, quando ha avuto modo di affermare che l’antimafia non può non essere disinteressata, non può mirare al potere e non può diventare essa stessa potere”.