Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha partecipato, nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, alla cerimonia di commemorazione dei giudici Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e degli agenti di scorta assassinati nelle stragi di Capaci e via D’Amelio trent’anni fa. L’evento si inserisce nell’ambito della Conferenza internazionale dei procuratori generali dei 46 Paesi del Consiglio d’Europa e degli Stati osservatori e della sponda sud del Mediterraneo, che si è tenuto in questi giorni a Palermo. “Falcone e Borsellino sono stati certo isolati ma non sono mai stati soli. Coloro che progettarono gli attentati e li eseguirono sono stati processati e condannati ma la verità è ancora incompleta manca il quadro per definire le complicità” ha detto il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, aprendo la cerimonia. Salvi ha letto tutti i nomi delle vittime delle due stragi.

Presente anche il Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese: “Le stragi del ’92 furono il peggior investimento della mafia siciliana. Da quegli attentati del ’92 sono nate le nuove norme antimafia. All’inaudita violenza si rispose con misure mai viste e, giorno dopo giorno, grazie al nuovo slancio delle coscienze e agli importanti provvedimenti adottati dal Parlamento abbiamo ottenuto risultati straordinari. La legislazione ha messo in campo strumenti sempre più efficaci che sono nati dall’esperienza e dalle intuizioni di Falcone e Borsellino”. “Le mafie – ha proseguito – possono essere sconfitte colpendole nell’emblema della loro protervia, il denaro. Ci attende una stagione di ingenti finanziamenti e investimenti di risorse pubbliche. L’impegno è assicurare che le somme del Pnrr vengano schermate dai condizionamenti criminali”.

Per il Ministro della Giustizia Marta Cartabia “le stragi del ’92 sono state uno spartiacque nella nostra storia. La Repubblica reagì e mostrò il suo volto più nobile. Il sacrificio dei suoi servitori mobilitò cittadini e istituzioni. Le immagini delle lenzuola bianche esposte al vento divennero simbolo di una chiara volontà di cambiamento. L’Italia comprese che la lotta alla mafia non doveva essere una distaccata opera repressione ma un movimento culturale che coinvolgesse le giovani generazioni come diceva Paolo Borsellino”.

A margine della cerimonia, però, si era espressa Maria Falcone, sorella del giudice: “Molto è cambiato nei 30 anni trascorsi dalla strage di Capaci e dalla morte mio fratello Giovanni, di sua moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta. Molto è cambiato nella società ma anche nella magistratura italiana. Ne è testimonianza l’evento organizzato dalla Procura generale della Cassazione per commemorare le vittime degli eccidi di Capaci e Via D’Amelio che vede riuniti, oggi, i procuratori generali dei Paesi del Consiglio d’Europa. Una iniziativa che concorre a rimarginare la ferita inferta a mio fratello da molti esponenti della magistratura che furono protagonisti, durante tutta la sua carriera, di attacchi violenti e delegittimanti che concorsero al suo isolamento”. “Assistere, se pure a distanza di tempo, a questa testimonianza e al riconoscimento della straordinaria rilevanza del lavoro di Giovanni da parte di una magistratura per troppo tempo ostile, mi restituisce un po’ di pace e mi fa sperare che il passato sia ormai alle spalle. Finalmente viene riconosciuta la portata delle intuizioni e dell’attività investigativa e culturale di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per anni percepiti come un problema invece che come risorse e osteggiati dalla miopia e, in qualche caso, dall’invidia di colleghi che non seppero o non vollero vedere comprendere la loro visione e la loro lungimiranza”.