Mario Ciancio Sanfilippo ha imposto “la linea editoriale della testata giornalistica con più lettori in Sicilia Orientale improntata alla finalità di mantenere nell’ombra i rapporti tra la famiglia mafiosa e le imprese direttamente o per interposta persona controllate dalla medesima”. Nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta stamane in Procura, a Catania, la Direzione distrettuale antimafia ha fornito i primi dettagli sul sequestro e la confisca dei beni dell’imprenditore, che è anche editore del quotidiano “La Sicilia”. Il procuratore Carmelo Zuccaro ha sottolineato che “il giudice ha accertato la pericolosità sociale qualificata da parte di Mario Ciancio Sanfilippo fondata sulla verifica del fatto che vi è stato un apporto costante e di rilievo nei confronti di Cosa nostra”.

Secondo Zuccaro, Ciancio Sanfilippo con la linea editoriale tenuta non voleva “porre all’attenzione dell’opinione pubblica gli esponenti mafiosi non ancora pubblicamente coinvolti dalle indagini giudiziarie e soprattutto l’ampia rete di connivenze e collusioni sulle quali questo sodalizio mafioso poteva contare per mantenere la propria influenza nella provincia catanese”. I profili di pericolosità sociale evidenziati dal pubblico ministero attengono anche “all’impiego di grandi quantità di capitali di provenienza mafiosa investiti nelle iniziative economiche, anche di natura speculativa immobiliare, poste in essere nell’arco di numerosi decenni dal proposto”.

Pesantissima la linea dell’accusa sui legami con Cosa Nostra: “Vi sono gravi indizi – dice la procura catanese – che indicano che Ciancio Sanfilippo ha dato un rilevante contributo “al raggiungimento delle finalità perseguite dalla famiglia catanese di Cosa Nostra dagli anni Settanta dello scorso secolo sino al 2013”. Ciancio ha intrattenuto “rapporti sinallagmatici con gli esponenti di vertice della famiglia catanese di Cosa Nostra sin da quando la stessa era diretta da Giuseppe Calderone, rapporti poi proseguiti ed anzi ulteriormente intensificati con l’avvento al potere di Benedetto Santapaola alla fine degli anni Settanta del secolo scorso ed al ruolo di canale di comunicazione svolto dallo stesso Ciancio per consentire ai vertici della predetta famiglia mafiosa di venire a contatto con esponenti anche autorevoli delle Istituzioni”.

IL MAXI SEQUESTRO DA 150 MILIONI
Nella giornata di lunedì, i carabinieri del Ros di Catania, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia, avevano sequestrato beni per 150 milioni di euro al noto editore ed imprenditore etneo. Il decreto di confisca, risalente allo scorso 20 settembre, è stato firmato dal Tribunale di Catania, su richiesta della sezione Misure di Prevenzione. Il provvedimento nei confronti di Ciancio è parallelo rispetto al processo per concorso esterno in associazione mafiosa, in cui risulta implicato.

Nel mirino della magistratura sono finiti conti correnti e polizze assicurative riconducibili a numerose società e beni immobili appartenenti all’imprenditore. Movimenti “sospetti” che, secondo gli investigatori, potrebbero contribuire a scoperchiare il sistema Catania: in cui esisterebbe una forte sfera di influenza da parte di Ciancio sulla pubblica amministrazione (allo scopo di favorire i suoi affari) e un legame con ambienti mafiosi che l’imprenditore ha sempre negato con forza.

Le confische a Ciancio, 86 anni, riguardano anche società editrici e beni di lusso. Sono stati apposti i sigilli al quotidiano “La Sicilia” (ripartito in data odierna con un nuovo direttore responsabile) e alla maggioranza delle quote de “La Gazzetta del Mezzogiorno”. Medesimo provvedimento per due emittenti televisive regionali: Antenna Sicilia e Telecolor. Il Tribunale ha nominato degli amministratori giudiziari per garantire la continuazione dell’attività del gruppo. Nel decreto di confisca di fa riferimento a “fondi non giustificati nelle società” e a “sproporzioni fra entrate e uscite”.

Ciancio, dopo aver appreso della notifica del provvedimento, aveva affidato la sua reazione a una nota: “Nell’ambito del procedimento di prevenzione a mio carico ritenevo di avere dimostrato, attraverso i miei tecnici e i miei avvocati, che non ho mai avuto alcun tipo di rapporto con ambienti mafiosi e che il mio patrimonio è frutto soltanto del lavoro di chi mi ha preceduto e di chi ha collaborato con me. Ritengo che le motivazioni addotte dal Tribunale siano facilmente superabili da argomenti importanti di segno diametralmente opposto, di cui il collegio non ha tenuto conto. Faremo appello”. “Sono certo – continua Ciancio – che questa vicenda per me tristissima si concluderà con la dovuta affermazione della mia totale estraneità ai fatti che mi vengono contestati, come dimostra la mia storia personale, la mia pazienza e la mia ormai lunga vita nella città di Catania”.

Sulla questione, specialmente nella parte che riguarda il quotidiano “La Sicilia”, è intervenuto anche il presidente della Commissione Antimafia Claudio Fava, che lancia una proposta: “Il sequestro del quotidiano La Sicilia nei confronti di Mario Ciancio diventi l’occasione per ribaltare la storia opaca di quel giornale e della sua direzione. Se vi sarà confisca, si affidi la testata ai giornalisti siciliani che in questi anni hanno cercato e raccontato le verità sulle collusioni e le protezioni del potere mafioso al prezzo della propria emarginazione professionale, del rischio, della solitudine”. Per il presidente dell’Antimafia, “togliere non basta: occorre restituire ai siciliani il diritto a un’informazione libera, autonoma, coraggiosa. Lo pretende anche il rispetto dovuto agli otto colleghi uccisi dalla mafia e dai suoi innominabili protettori per aver difeso quel diritto contro ogni conformismo”.

CIANCIO SI DIMETTE DA DIRETTORE DE “LA SICILIA”
«Alla luce degli sviluppi giudiziari che riguardano le proprie aziende», Mario Ciancio Sanfilippo ha rassegnato le proprie dimissioni da direttore de “La Sicilia”. Contestualmente ha lasciato la condirezione il figlio, Domenico Ciancio Sanfilippo. Il giornale sarà firmato da Antonello Piraneo, nominato direttore responsabile dall’assemblea dei soci della Domenico Sanfilippo Editore. Mario Ciancio ha così motivato la propria decisione: «Lascio oggi con amarezza la direzione di questo giornale da me assunta, con passione, entusiasmo e spirito di servizio, nel lontano 1967. Lascio perché penso che oggi un mio passo indietro, seppur doloroso, rappresenti una scelta che possa aiutare me ad essere più libero rispetto alla prova che mi tocca affrontare e perché ciò può contribuire ad evitare che restino eventuali dubbi nei miei 400.000 lettori, nei giornalisti, nei tipografi e nei collaboratori – dice – Ma lascio a fronte alta, perché non ho commesso alcuno dei reati di cui sono accusato».