Finita la grande santificazione del Cavaliere a reti unificate, dell’uomo mondato di ogni peccato e della sua eredità politica mondata di ogni contraddizione – il centrodestra, creatura perfetta e compatta come una falange, ennesima reincarnazione dello spirito del ’94 – ecco il principio di realtà. Il primo effetto pratico del dopo-Berlusconi va in scena in commissione lavoro al Senato, con la maggioranza che non riesce a far passare il pacchetto lavoro a causa proprio delle assenze di Forza Italia. Che col merito della questione c’entrano poco.

Insomma, non è una questione nobile, tutta politica. Accade che Claudio Lotito, il vulcanico patron della Lazio, non si presenta. Ed è per una mal celata rappresaglia personale: non si è sentito sostenuto sulle norme in materia di diritti televisivi che gli stavano a cuore. Lo ha fatto anche sapere pronunciando, in modo piuttosto plateale nei corridoi di palazzo Madama, parole di fuoco verso Antonio Tajani, presidente pro-tempore. L’altro senatore assente, Dario Damiani, arriva invece con quindici minuti di ritardo, e non si capisce se si tratti solo di negligenza o di segnale politico, essendo molto vicino alla Ronzulli. Voi capite: c’è da trattare su organigrammi, posti, congresso, e chi gestirà la fase (i mitici “direttori”). Continua sull’Huffington Post