C’è da mettersi il cervello a sghimbescio e il cuore in pace leggendo che Meloni deve dire o meglio confessare subito, pena lo scandalo etico o una inappellabile condanna morale, chi mai avrebbe osato pretendere di dare le carte, cioè condizionare il governo che ella ha l’onore di presiedere (si dice così) e magari, usando un linguaggio da trivio che non si porta in società, addirittura ricattarla. Anvedi. I giornali sono pieni di questo gargarismo, si inseguono in pagina i commenti gorgoglianti di indignazione, si evoca Soros per alludere ai Protocolli dei Savi di Sion, ai mitologici incubi del complottismo sfrenato della destra più stronza. Per la verità l’ultima accusa, ricatto, non la si è udita, e sì che c’erano tre ore e un minuto di tempo per pronunciarla durante la conferenza stampa del delitto. La presidenta o ducia liberale non ha mai affermato che qualcuno tenta di ricattarla, ha detto che non è ricattabile, esattamente come aveva fatto quando in Senato Berlusconi le diede dell’arrogante e della presuntuosa perché era andato in bianco un suo lodevolissimo e compitissimo, mi si consenta, tentativo di condizionamento politico, la nomina di Licia Ronzulli a ministro segretario di stato per la Salute generale.

Esibendo il suo solito orgoglio borgataro e la sua maliziosa quanto maniacale estraneità ai famosissimi poteri forti, perfino se annidati nella stessa cerchia della sua maggioranza e nella persona del suo immenso facilitatore, il Cav., la campionessa identitaria della sezione Colle Oppio si considerava già allora, quando pretendeva di scegliere lei i nomi dell’esecutivo, estranea all’establishment, perfino al suo costituente in capo. Ma allora, trattandosi di Berlusconi e non di Giuliano Amato o chissà chi altri, nessuno fece di quel “non sono ricattabile” il pretesto per un affondo etico, tutti pensavano, e giustamente, che già all’atto del voto sulla presidenza della Camera alta, con il pasticcio di Forza Italia sul nome di La Russa, ti voto non ti voto forse ti voto, la giovane e inesperta Meloni era incappata in un banale incidente politico, roba di tutti i giorni o quasi. Ronzulli era influente nel cerchio magico del Cav. ma nessuno poteva pensare a lei come a un campione dei poteri forti, una Giorgia Soros, una Savia di Arcore. Il tutto fu correttamente archiviato in fretta, pronubo il mio amico Gianni Letta e i consigliori del cerchio maggiore, e invece dei gargarismi morali si intesero solo risolini e lazzi. Continua su ilfoglio.it