Viviamo in una fase storica di così netta contrapposizione, che vedere Gianfranco Micciché condividere le posizioni dell’accoglienza e della vita, stando a fianco dei picchetti della sinistra, appare quasi un paradosso. E proprio ieri, la giornata dopo lo “stronzo” recapitato via social a Matteo Salvini, è stato per il presidente dell’Ars il più redditizio a livello di popolarità. Non che Micciché lo avesse messo in preventivo, ma “tra le colpe imperdonabili di Salvini, c’è anche quella di averci costretto a condividere una sua opinione” si legge su Facebook. Tutti con Miccichè, tutti per i migranti della Diciotti che – ha detto il presidente dell’Ars – “da quindici giorni indossano gli stessi vestiti, una vergogna”. E, nel suo messaggio al Ministro dell’Interno, il leader regionale di Forza Italia ha sottolineato come “nel lasciare 150 persone per tre giorni in balìa di malattie e stenti su una nave non c’entra niente la razza o la diversità, c’entra l’essere disumani, sadici”.

Micciché, in questa prima fase di legislatura, ha messo più volte Salvini nel mirino. Non gli ha mai perdonato il fatto di voler deviare l’attenzione dai veri problemi dell’Italia, e in modo particolare della Sicilia, per parlare di politiche migratorie: “Non ho mai incontrato un siciliano, nel corso delle ultime tre campagne elettorali, che mette al primo posto delle sue preoccupazioni gli immigrati” ha spiegato il numero uno dell’Assemblea Regionale in tempi non sospetti. E ha criticato questa deriva populista della Lega che, sancendo un divario così netto dal partito di Berlusconi, rischia di deragliare. Pur riconoscendo a Salvini i meriti per l’affermazione elettorale e nei sondaggi.

Esiste, insomma, un momento in cui non ci si può fermare ai numeri. Si deve fare i conti con la vita delle persone, con il ragionamento, con le strategie. Per Forza Italia è arrivato da tempo, almeno nell’Isola. Lo stesso Micciché continua a riflettere su quanto gli convenga rappresentare un partito e un’Assemblea allo stesso tempo. Questo “bagno di logica” ha portato molti esponenti dei sindacati, dei centri sociali, persino Laura Boldrini ad affiancarlo su quel molo, in modo convinto. Per una battaglia da sostenere insieme. “Ci volevano questi indegni al governo per metterci tutti dalla stessa parte” gli ha urlato un giovane coordinatore della Cgil etnea. Micciché ha fatto il pieno di consensi e ha tirato fuori qualche aneddoto della sua vita comunista, ormai morta e sepolta: “Una volta, quando avevo 22 anni, andai da Enrico Berlinguer, che era venuto a Palermo e gli dissi: io sono di sinistra ma non riesco a votarvi a voi del Partito Comunista. Parlavano di libertà, ma liberi non lo erano”. E ancora: “E’ vero che sono stato comunista, ma ho sostenuto Lotta Continua” si è destreggiato fra chi lo chiamava “compagno”.

Destra e sinistra appaiono concetti superati – nonostante il classico sventolio di bandiere rosse sul molo – di fronte alla vita di 150 persone, più le 42 dell’equipaggio italiano, che da quattro giorni non riescono a scendere da una nave per le intemperanze del governo italiano. Micciché sa bene da che parte sta di solito, e benissimo da che parte sta adesso. Qualcuno gli ha chiesto se ha sentito il presidente Berlusconi: “Mi ha rimproverato perché ho dato dello stronzo a Salvini, ma so che in fondo lo pensava anche lui” ha sorriso.

Non prima di aver dato mandato ai suoi collaboratori di acquistare della biancheria intima per le donne di quella nave e aver avuto un lungo conciliabolo con la Guardia Costiera per poter salire a bordo a verificare di persona la condizione dei profughi eritrei: “Non serve avere un’appartenenza politica per avere un cuore” ha spiegato al suo vice Cancellieri, che aveva approfittato del marasma della Diciotti per sottolineare l’inciucio fra destra e sinistra anche in Sicilia. Per un giorno Miccichè è stato il presidente di tutti. Ha abbozzato un comizio davanti a una folla che in altri tempi, incattivito dall’ideologia, avrebbe finito per contestarlo. Oggi, invece, ne condivide la posizione. Quella dell’accoglienza e della vita, d’altronde, non ha alcun colore politico.