Ormeggiata da cinque giorni al molo di Levante del porto di Catania, la nave Diciotti è diventata la meta di pellegrinaggio dei politici. Fino a mercoledì non poteva salire nessuno. Ora accedono tutti: da quelli del Pd (si è vista a bordo la Boschi), passando per quelli della Sinistra (Stefano Fassina e Laura Boldrini). Infine il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, che ha fatto recapitare alle undici donne presenti sull’imbarcazione della Guardia Costiera della biancheria intima. Ha portato con sé la commissione Sanità dell’Ars per vedere da vicino quella che il procuratore di Agrigento aveva descritto come una “realtà devastante”. Non aveva tutti i torti.

Il ponte della nave, rovente e sporco, “accoglie” ormai da dieci giorni 150 migranti. Non è una prigione dorata, e anche questi disperati cominciano a combattere la fatica e la noia. L’equipaggio si muove al massimo delle proprie possibilità, il comandante non vede l’ora di fuggire al sequestro “forzato” perché avrebbe anche voglia – come dargli torto – di assistere un po’ la moglie nell’ultimo mese prima del parto. Solo i membri del governo non compaiono dalle parti di Catania. Coordinano le operazioni da Pinzolo, da Twitter, da Facebook, dalle vacanze al mare. Da Bruxelles, dove hanno provato a convincere altre 12 potenze europee (mancava l’amico fidato Orbàn) a cedere ad alcuni ricatti incomprensibili (del tipo “Se non ricollocate i migranti anche voi, vi togliamo il contributo da venti miliardi l’anno”).

Sembra una situazione stagnante, ma i bene informati dicono che potrebbe sbloccarsi. E così è stato nella serata di sabato. In seguito all’ispezione compiuta dal Ministero della Salute su richiesta del comandante, l’ufficio di Sanità Marittima di Catania ha ordinato lo sbarco immediato dei primi diciassette migranti (fra cui undici donne). Per due di loro sarebbe forte il rischio tubercolosi. E non è tutto: a seguito della trasferta del pm di Agrigento Patronaggio a Roma, sono stati iscritti nel registro degli indagati il ministro Salvini e un funzionario del Viminale.

E’ probabile che la situazione si evolva. Perché il premier Conte, il più moderato dei triumviri, non può sottoporre l’Italia a una figura così barbina ancora per molto. Non può pretendere che a pagare l’incoerenza dell’Europa sui grandi temi migratori siano un campione di 150 disperati presi a caso. Salvini potrebbe recedere dalla sua fermezza e avallare lo sbarco, previa identificazione a bordo dei profughi: capire chi di loro avrebbe diritto a fare richiesta d’asilo e chi no. La Guardia Costiera e tutte le associazioni, le sigle sindacali, comuni cittadini urlano da giorni di lasciarli andare. Mentre su twitter i difensori strenui di Salvini, tanti per la verità, manifestano solidarietà al Ministro, come se fosse lui il prigioniero di una situazione inverosimile.

SALVINI: “PATRONAGGIO INTERROGHI ME”

Prima dell’iscrizione nel registro degli indagati, il ministro Salvini si era quasi auspicato una conclusione del genere. E parlando dell’indagine avviata dal procuratore di Agrigento, aveva detto: “Interrogasse me, andasse dal capo. Non andasse a interrogare i funzionari, che svolgono le direttive che il responsabile dà, cioè io. Se questo magistrato vuole capire qualcosa gli consiglio di evitare i passaggi intermedi. Siccome c’è questo presunto sequestratore e torturatore, sono disponibile a farmi interrogare anche domani mattina”. A Micciché, invece, aveva risposto sottovoce: “Io spesso sbaglio e ho bisogno di essere corretto, ma il presidente dell’Assemblea regionale siciliana è normale che trovi il tempo per dare dello stronzo al ministro dell’Interno? Con tutti i problemi che hanno in Sicilia…”.