Giorgio Mulé è a disagio in questa posizione: “Io non sono né il pierino della minoranza, né il guastafeste del governo”, dice seduto sui divani bianchi del suo ufficio di vicepresidente della Camera, al secondo piano di Montecitorio. Eppure Giorgia Meloni ha iniziato a governare da pochi giorni e, su quasi ogni tema affrontato, il contrappunto che si sente più nitido è il suo. Il consiglio dei ministri decide per il reintegro dei medici non vaccinati? Lui dice che è “un segnale pessimo che si manda al Paese, perché la pandemia non è ancora finita e i medici che hanno rispettato le regole in vigore fin qui non possono passare per fessi”. Il prefetto Piantedosi vuole estirpare i rave con un nuovo reato? E lui invita all’equilibrio tra il delitto e la pena, “le intercettazioni per un reato del genere sono abnormi”. Infine l’ipotesi, poi esclusa, di condonare le multe agli ultracinquantenni senza vaccino: “Quella mi ha fatto proprio incazzare”. E così a destra c’è chi gli dice “ma perché non passi direttamente al Pd?”, e a sinistra c’è chi lo vede come un “argine alle pulsioni illiberali della destra”. Allo stesso tempo, un traditore e una speranza.

Come ci si sente tra due fuochi?

Male. Perché io non voglio bene al governo: io lo amo. Conosco bene tutto quello che abbiamo passato per poter arrivare fin qui.

Un po’ se la sta cercando, però.

Ma perché? All’ingresso di Palazzo Chigi non c’è scritto ‘non parlare al conducente’, come sugli autobus. Non è da apostati dare consigli a chi dirige il governo. È un servizio che gli si offre. Tanto più che il ministro Piantedosi ha aperto alle modifiche del testo anti rave: significa che le mie osservazioni non erano affatto pregiudiziali.

Lei è mai andato a un rave?

Ma è pazzo? Ho studiato sette anni al conservatorio il flauto traverso. La mattina, quando mi sveglio di cattivo umore, suono Bach, Vivaldi, Rachmaninov. È l’unica cosa che mi rilassa. Mai mi ficcherei in un capannone con la musica techno a palla.

Non è il suo genere.

Non è solo questo. Cosa ti dà un rave? Ti stacca temporaneamente da una realtà che non ti piace. Poi, però, a quella realtà sarai costretto a tornare, quando sarà passato il giramento di testa causato da alcool e droghe.

È una buona ragione per vietarli?

È giusto vietare quelli fatti illegalmente, occupando aree pubbliche o private. Su questo il governo non ha sbagliato. L’errore è nella fretta con cui è stata scritta la norma. Tajani e Meloni stessi avevano avvertito, già in consiglio dei ministri, sullo sproposito che sarebbero state le intercettazioni.

Lei però è anche intervenuto contro il condono delle multe agli over 50 non vaccinati.

Sì. Perché sarebbe sbagliato far passare il principio che la gente può stare bene anche se non si vaccina. Anche in questo caso, sono stato ascoltato.

Sul reintegro dei medici non vaccinati, invece, è passata un’altra linea.

Ero stato d’accordo con il governo Draghi, di cui facevo parte come sottosegretario alla difesa, sulla decisione di non reintegrarli. E siccome la situazione non è cambiata radicalmente, mi sembra inappropriato dare il segnale: ‘Liberi tutti’.

Tre distinguo in poco tempo: non fanno una prova?

Di cosa?

Del fatto che lei sarebbe – dicono – un riferimento di ragionevolezza anche per chi sta fuori dalla maggioranza.

Sarebbero messi proprio male se sperassero in me per scalfire il governo. Questa tiritera ha un solo aspetto rilevante politicamente: dimostra l’inconsistenza dell’opposizione.

Non dice qualcosa anche della maggioranza?

Niente che non sapessimo già. Questo è un governo che non nasce da partiti gemelli omozigoti: è una maggioranza costituita da partiti che hanno geni diversi. Eterozigota.

I suoi che geni sono?

Ho fatto a lungo il giornalista, assunto al Giornale da Indro Montanelli, dopo tanti anni passati a fare l’abusivo.

Dove?

In Sicilia. Ho lavorato in un giornale senza essere assunto regolarmente, prima di iniziare a fare – grazie a Peppino Sottile – il cronista di nera al ritmo di tre o quattro omicidi al giorno, negli anni più tremendi della guerra di mafia. Poi sono stato fuorilegge a New York, alla redazione de Il progresso italo-americano, gloriosa testata oggi chiusa. Entrai negli Stati Uniti con un visto turistico, ma in realtà ero lì per lavoro.

Un immigrato irregolare.

Confesso di esserlo stato.

L’avrebbe negato anche lei il porto alle navi Ong?

Sì. Sull’immigrazione è necessario dare una scossa all’Europa. Finché la questione sarà affrontata come un’emergenza nazionale, e non come un fenomeno strutturale che riguarda l’intera Ue, non ne usciremo.

È diventato di destra con Montanelli?

In realtà Montanelli mi ha insegnato qualcosa che viene prima e va oltre la politica: non darsi troppe arie. Discutevamo per ore a pranzo, a Piazza del Collegio Romano: mai mi ha fatto sentire un povero stronzo al suo cospetto. E se non si dava arie Montanelli, figuriamoci chi può darsele, oggi, in Italia.

È vero che in passato ha avuto simpatie di sinistra?

Sono stato di sinistra quando avevo 16 anni, per circa sei ore: il tempo che c’è voluto per andare da Mazara del Vallo a Marsala; stare con la mia fidanzata e tornare a casa. Un mio amico mi disse che con la tessera dei giovani comunisti davano gratis il viaggio. Accettai di farla. Per ragioni amorose superiori.

Lei è nato il 25 aprile 1968: una data di nascita sovversiva.

Certamente nessuno mi potrà mai rimproverare di non festeggiare il giorno della Liberazione.

E il ‘68?

Non merita di essere celebrato. Ha tagliato le ali alla mia generazione. A trent’anni, ero il giovane Mulé. A quarant’anni, ero ancora il giovane Mulé. A cinquant’anni, finalmente, sono diventato Mulé e basta. Perché sopra di me non c’era più il tappo dei sessantottini.

Un libro di Mario Perniola diceva che Berlusconi era la realizzazione del ‘68.

Sicuramente è stata una figura rivoluzionaria per l’Italia.

E oggi?

Oggi molti militanti di Forza Italia subiscono il fascino di Fratelli d’Italia, così come qualche anno fa subivano il fascino della Lega. Per questo chi ha ruoli di governo in Forza Italia dovrà necessariamente al più presto decidere. Serve un grande impegno per radicare Forza Italia nel territorio. Difficile riuscire a fare entrambe le cose.

Lei vorrebbe prendere in mano il partito?

Ho già parecchie cose da fare.

A cosa rinuncia per riuscire a farle tutte?

Soprattutto a leggere libri che non siano di lavoro.

Con quali scrittori ha perso tempo?

Gabriel García Márquez, Antonio Tabucchi, Gesualdo Bufalino, tutto Leonardo Sciascia.

Un pantheon da leader della sinistra.

Se uno sa scrivere, che m’importa se sta da una parte o dall’altra.

Sull’Ucraina, invece?

Mi importa eccome dove sta. La manifestazione per la pace, per esempio, non la capisco proprio. C’è davvero qualcuno in Italia e in Europa che non vorrebbe la pace? Ma come ottenerla, a quali condizioni? Sventolare la bandiera arcobaleno è solo una generica dichiarazione d’intenti. Un urlo afono.

Il suo com’è?

Io non urlo. Semplicemente suggerisco al guidatore la strada, quando ho paura che possa sbagliare incrocio.