“L’ordinanza di Musumeci ha smosso le acque: dal punto di vista politico è stata utile. Le modalità, però, meritano una riflessione”. Persino Raffaele Stancanelli, sostenitore di lunga data del “blocco navale”, ha qualcosa da ridire sui metodi adottati dal presidente della Regione per arginare l’emergenza sanitaria. E’ il secondo esponente del centrodestra siciliano, dopo Saverio Romano, a suggerire di non prendersela coi giudici, come ha fatto, invece, Musumeci dopo la sospensiva del suo provvedimento da parte del Tar: “Che esista un metodo Palamara è acclarato e le intercettazioni confermano che una parte della magistratura fa politica – spiega l’eurodeputato di Fratelli d’Italia -. Ma non è giusto fare di tutta l’erba un fascio. D’altronde il giudice del Tar ha sospeso l’ordinanza perché, verosimilmente, vietare l’ingresso in Sicilia non è una competenza della Regione”.

Quindi l’ordinanza va bene finché non travalica i limiti della provocazione?

“Partiamo da un dato oggettivo: il finto buonismo a questo Paese ha provocato solo danni. Ha fatto bene Musumeci a sollevare la questione, ma bisogna stare attenti a non passare da un estremismo all’altro. Parlare di “respingimenti” senza averne le competenze, non si è rivelato utile alla causa. Tant’è che la giustizia amministrativa ha sospeso il provvedimento”.

La giudice del Tar è stata definita “compiacente”.

“Fermo restando quanto ho detto prima sul sistema Palamara, non è giusto attaccare il singolo giudice. Ha soltanto applicato le leggi”.

Qualcuno ha trovato quella di Musumeci una semplice iniziativa di propaganda per raccogliere voti a destra. Molti di quei voti appartengono anche a voi.

“Questo è il classico errore della sinistra: collocare i problemi all’interno di una cornice ideologica. Musumeci ha ricoperto – giustamente – il ruolo di attore protagonista per fare in modo che i riflettori fossero puntati su una questione che tutta l’opinione pubblica avverte. La correlazione fra emergenza sanitaria e migranti interessa gli elettori di destra, di sinistra, ma anche quelli depoliticizzati”.

Però sembra che la Regione non pensi ad altro da due mesi a questa parte…

“Una cosa è avere a cuore questa vicenda, un’altra governare le tante emergenze della Sicilia”.

E ce ne sono. Basti citare la Finanziaria anti-Covid, di cui non è stata attuata una sola misura. O le riforme rimaste al palo.

“Siamo tutti consapevoli del fatto che l’emergenza Covid ha assorbito le energie del governo e di tutte le amministrazioni locali. Ma non vorrei che questi elementi mettano in secondo piano le vere emergenze strutturali. Mi auguro che la fase dei “toni alti”, in cui occorre mostrare i muscoli, finisca in fretta. E che gli attori in campo possano diventare protagonisti anche sul piano delle riforme. Altrimenti fra qualche mese cosa racconteremo ai siciliani?”.

Mi consenta ancora un paio di considerazioni sui migranti. La prima: anche il Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, qualche giorno fa ha detto che l’unico modo possibile è fermare i barchini alla partenza. E non affondarli…

“Benvenuta, ministro Lamorgese… Noi lo diciamo da anni e, spesso, veniamo accusati di voler ammazzare le persone. Cosa non vera. Il blocco navale richiede una serie di procedure, ma già il governo Prodi – anche se in pochi se ne ricordano – lo applicò nei confronti dell’Albania. Il fatto che la Lamorgese si accodi ai nostri ragionamenti di buonsenso, e per nulla estremisti, ci fa piacere. Trovo meno opportuno, invece, che accentui il conflitto con un’istituzione regionale. Significa non fare il proprio dovere”.

Seconda considerazione: la polemica sugli sbarchi sembra riguardare soltanto Roma e Palermo. Ma che fine ha fatto l’Europa? La pandemia è diventato un alibi per non occuparsi del resto?

“Di fronte a certi problemi, l’Europa si volta dall’altro lato: l’unica fissazione è regolamentare le piccole cose, come suggeriscono i trattati, e non intervenire sui grandi problemi che attanagliano l’Unione. Bruxelles non ha dato alcun contributo sui migranti e questo è un aspetto che preoccupa gli europeisti convinti come noi. Bisogna richiamarla alle proprie responsabilità e noi ci proviamo ogni giorno nelle sedi del parlamento Ue”.

Capitolo Amministrative. In quasi tutti i comuni al voto, il centrodestra si presenta a brandelli. Cosa non ha funzionato?

“In molti dei 17 comuni in cui si vota col proporzionale, ho registrato le stesse criticità dei comuni più piccoli: prevalgono le logiche locali. Laddove non si è realizzata l’unità del centrodestra, però, è anche colpa dell’assenza di una cabina di regia che permettesse di ragionare con spirito di coalizione e non in maniera egoistica. La responsabilità è anche della classe dirigenti di questi partiti. L’ho già detto in passato e non mi piace ripetermi: perché il centrodestra possa marciare unito bisogna liberarsi dalle piccole logiche di partito e pensare in grande. In questo caso non è avvenuto. In Comuni come Agrigento addirittura ci sono tre candidati sindaci di centrodestra. Ci stavamo quasi per riuscire a Marsala, dove la Lega è rimasta fuori. Non mi sembra un buon viatico per le prossime battaglie elettorali”.

Il segretario regionale della Lega, Stefano Candiani, ha denunciato un mercato ostruzionismo nei confronti del Carroccio.

“Non credo alla volontà politica di espungere la Lega delle alleanze di centrodestra. E’ un partito importante del nostro schieramento. Se nei singoli territori si è manifestata questa volontà, non la attribuisco al vertice, ma a motivazioni di carattere locale. Altrimenti sarebbe grave”.

Il 20 e 21 settembre le Regioni tornano al voto. Firmerebbe per un 4-2 a favore del centrodestra?

“Sarebbe un grande risultato, ma chi fa politica spera possa diventare un punteggio addirittura più ampio. Qualche giorno fa, assieme agli europarlamentari di Fratelli d’Italia, siamo stati a Bari per dare un sostegno concreto a Raffaele Fitto. I sondaggi dicono che potremmo vincere in Veneto, Liguria, Marche e Puglia. Ma anche in Toscana ci giochiamo le nostre carte, e in Campania chissà…”.

Al referendum voterà “sì” come il suo partito?

“FdI è stato l’unico partito che ha votato per quattro volte a favore del taglio dei parlamentari. Anche se questa indicazione – non ce lo nascondiamo certo adesso – si inquadrava in una cornice di riforme più ampia, che prevede l’elezione diretta del Capo dello Stato e del governo, e l’abolizione di un istituto arcaico come i senatori a vita. Una redistribuzione e ridefinizione dei poteri può comportare la riduzione dei parlamentari. Ma fatta così, sic et simpliciter, lascia il tempo che trova. Coerentemente con le nostre scelte, Giorgia Meloni ha detto “sì”, ma chi dovesse seguire altri orientamenti istituzionali e giuridici, di certo non verrà messo all’indice”.

Lei che farà?

“Non mi sto ponendo il problema. Non ho fatto campagna referendaria e deciderò secondo coscienza”.

I soldi del Recovery Fund, almeno secondo le attuali indicazioni del governo nazionale, non verranno spesi per la costruzione del ponte (o del tunnel) dello Stretto.

“In realtà il governo italiano non ha ancora stabilito come utilizzare questi 209 miliardi. L’Europa, legittimamente, chiede progetti fattibili e concreti, che incidano strutturalmente sul tessuto economico e produttivo del nostro Paese. Procedere con interventi a pioggia, invece, rischia di non avere alcuna utilità se non quella di farsi un po’ di campagna elettorale… Noi di Fratelli d’Italia entro un mese cercheremo di offrire al governo Conte delle soluzioni alternative. Detto questo, rimango un sostenitore del Ponte sullo Stretto, che secondo me è un’infrastruttura essenziale per tutto il Mezzogiorno e non solo per la Sicilia. Mi auguro che il governo nazionale si metta in moto perché fra i progetti indispensabili ci sia anche questo”.