Presidi e genitori non sanno più chi ascoltare. Tanto meno come organizzarsi. La scuola è una giungla di decisori che, sulle spalle di ragazzi e famiglie, basano le proprie scelte sulle emozioni del momento, e non su prove di evidenza scientifica. Mentre in alcune regioni del resto d’Italia, licei e istituti professionali, accogliendo le direttive del ministro Azzolina e del governo, hanno riaperto al rientro dalle vacanze di Natale (come in Toscana), qui in Sicilia nemmeno l’ombra. L’assessore Roberto Lagalla, nonostante l’appiattimento della curva, un piano trasporti messo nero su bianco e la convinzione che a scuola il contagio non si trasmette, ha deciso di prolungare di un’altra settimana la didattica a distanza. E l’ha deciso nonostante l’ingresso in vigore della nuova ordinanza del ministro Speranza, che relega la Sicilia in “zona arancione”, e le polemiche innescate dal Movimento 5 Stelle, che parla di “scelta senza senso”.

Tutti si aspettavano di seguire le regole che questa classificazione comporta, regole approvate e certificate dal comitato tecnico-scientifico e dai numerosi esperti che assistono l’attività del Miur, e invece no: “Il differimento di una settimana del ritorno alla didattica in presenza per le scuole secondarie di secondo grado – afferma Lagalla – trova giustificazione nel principio di cautela comportamentale adottato dal governo Musumeci, che intende per rassicurare le famiglie e l’opinione pubblica”. Come se una settimana in più bastasse a placare la paura e assicurare il ritorno alla normalità. Non è e non sarà così ancora per molto. Col virus bisogna imparare a convivere, adottando le giuste cautele.

Nonostante la Sicilia già da settimane si dica attrezzata per “accompagnare” in sicurezza il rientro in presenza, il governo – invece – decide per un ulteriore rinvio. Eppure, mentre Lagalla faceva slittare in avanti la riapertura dei plessi (“Ogni scelta – ha spiegato nel suo comunicato – è stata adottata con ponderazione per garantire la più adeguata protezione degli operatori scolastici e degli studenti, con l’obiettivo di evitare  la sovrapposizione tra la riammissione completa della secondaria di primo grado e quella parziale della secondaria di secondo grado”), l’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone comunicava di aver già provveduto a istituire “oltre 600 corse aggiuntive in tutta l’Isola, più altri 300 bus messi in campo anche col contributo di licenze Ncc, taxi e bus turistici opportunamente contrattualizzati dalle aziende”. Messaggi contrastanti. Più che esprimere prudenza – condivisibile – rasentano l’approssimazione. La superficialità. Lo scarso feeling nel rapportarsi all’emergenza.

Più che dare conforto, finiscono per infastidire gli addetti ai lavori. Ragazzi, famiglie, docenti, presidi sono stanchi di subire supinamente: “Le scuole superiori partono l’8 febbraio, ma tonnellate di circolari, intanto, erano state mandate dalle scuole per lunedì 1° febbraio tra presenza, dad, aule, turni. Questa incertezza – spiegano alcuni rappresentanti della Cisl Scuola – non è più tollerabile perché dietro la presenza o non presenza in istituto degli alunni c’è una organizzazione familiare e dei lavoratori del mondo della scuola, che non può ogni volta essere improvvisata”. Punge anche il segretario regionale della Cgil, Alfio Mannino: “Le istituzioni non possono continuare a decidere in solitudine e all’ultimo secondo. È indispensabile coinvolgere tutti i soggetti che fanno parte del mondo della scuola, non solo per essere informati per tempo ma affinché ognuno possa dare il proprio contributo”. Ecco il cuore della questione. Ma nessuno ancora l’ha capito.