Estate nuvolosa eppure torrida con incendi d’ordinanza. Climaticamente e politicamente a Siracusa, dove la terra bruciata della balza d’Epipoli e delle zone balneari s’intreccia e si confonde con la “terra bruciata” d’una città che non metabolizza la fine della campagna elettorale e si consuma in polemici fuochi fatui e in atti di guerriglia estemporanei e risoluti.

E così procede a fiammate la querelle del Maniace dove la ex Soprintendente Panvini sta mutando configurazione, come un pokemon: da co-colpevole del presunto abuso (indicata come tale dal centrodestra che pure prima del voto amministrativo l’aveva difesa da altri attacchi) è transitata alla parte di capro espiatorio con il trasferimento annunciato dall’ambiguo Tusa in piena incendiaria querelle. Ultimamente, mano a mano che i fatti si chiariscono, il capro espiatorio Panvini sempre più assume la fisionomia innocente dell’agnello sacrificale offerto alla piazza d’armi politica stracittadina da un assessorato regionale in cui si mediano poteri e contropoteri, amicizie vecchie e nuove, appartenenze e (vantate) indipendenze.

Estate siracusana di strade lastricate di monnezza e roghi di credibilità istituzionale come quello del Consiglio comunale che a prima e finora unica seduta ha pensato bene di cacciare Pippo Ansaldi, monumento dell’ambientalismo cittadino, per una sua presunta ineleggibilità in quanto rappresentante del Comune nel consorzio che gestisce l’area marina protetta del Plemmirio. Come se Genova dichiarasse ineleggibile Renzo Piano perché è nel direttivo della Pro-Loco. Ansaldi è stato cacciato a maggioranza dal centrodestra che ha più consiglieri del sindaco: prova di forza muscolare dell’opposizione, prova di debolezza (e miserabilità) della sinistra illuminata, intellettuale, ambientalista ammesso che esista.

Nessuno, nessun consigliere, nessun sindaco o assessore, nessuno che si fa paladino di cultambientlegalità ha sentito il dovere civile e politico, l’obbligo morale di alzarsi e – mentre i consiglieri di destra e la segretaria generale del Comune disquisivano da azzeccagarbugli in punta di diritto – dire una cosa di sinistra, di cultura, di legalità. Nessuno ha avuto la voglia e la fantasia e l’interesse di dire che Ansaldi è una icona ambulante in una città di mezze calzette. Nessuno dei neoambientalisti da tastiera ha avuto la faccia e la memoria per dire che si stava cacciando dal Consiglio degli uomini piccoli uno che, quando le industrie pagavano la politica e i politici, se ne andava di notte col pretore Condorelli a fare i prelievi degli scarichi. E che con quel coraggio hanno messo le basi per la normativa nazionale antinquinamento che allora non esisteva.

Nessuno di questi smemorati del terzo millennio ha detto che stavano cacciando dal consiglio quello che, diventato per sbaglio presidente del depuratore consortile del polo chimico, aveva portato i carabinieri a vedere ciò che lui aveva scoperto, che di notte i reflui industriali non trattati finivano in mare.

Nessuno dei quaquaraqua beniculturalistici ha gridato che se la storia dell’open land-sistema Siracusa è andata alla fine così dipende da quei pochi che decenni fa avviarono la battaglia. E di quei pochi in consiglio ce n’era solo uno: Ansaldi. Nessun sinistro ha ricordato che le prime battaglie per Ortigia pedonalizzata le ha fatte lui ed era praticamente solo a rivendicare la pubblica e civile fruizione dell’isola, allora negata ai pedoni.

Nessuno ha detto che forse cacciandolo vinceva la lettera del diritto (abbastanza forse) ma perdeva Siracusa e la sostanza della politica, dell’etica e del pudore.

Tuona molto a Siracusa questa estate, piove pochissimo, lampi che fanno scruscio e figura ma con poca sostanza. Sarà una metafora?